Eccolo qui! appena uscito dalle rotative (se si chiamano così), fresco di stampa e caldo come un panino appena sfornato. Venti racconti fantastici, ironici o spaventosi, grazie a Buckfast Edizioni. E un grande grazie alla mia amica Liliana Lanzardo, autrice dell'immagine di copertina.
E per fa venire la voglia di leggerlo, ecco alcuni incipit.
Gatta, Topina e Buon Anno
Stracchi come gelati in giugno, Massimo, Gigi e Fede trascinavano gli zaini sulle spalle ingobbite. Rassegnati. La testa tutta presa da quello che sarebbe successo dopo, al momento dolce della libertà, finita la visita didattica al Museo Egizio. La quinta nella loro carriera scolastica.
– McDonald’s a un isolato. Ce li avete i soldi, ragazzi?
Di un'apparizione mariana sulla Mole Antonelliana di Torino
Era il mese di maggio e gli antichi giardini olezzavano di rose e mughetti, lungo i vialetti di ghiaia ben pettinata sbocciavano timidi giacinti. Dove fossero gli antichi giardini, però, nessuno lo sapeva. Anche la città olezzava, di fitte cacche canine, di take–away cinesi, di gas di scarico, nei mercati salivano fragranze di olive piccanti, tome stagionate, pesce, sudore, aglio, menta. C’erano strade odorose di kebab e altre di cumino e coriandolo. Felafel e gyros, hamburger e patatine fritte, pizza ai quattro formaggi e curry, cioccolato e tigli in fiore. In molti angoletti, attorno alle panchine dei parchi, sui marciapiedi dei locali più allegri, nel folto dei ragazzi muniti di dreadlock e cani al guinzaglio aleggiavano volute di fumo inebriante. Una città profumata, puzzona, appetitosa e nauseante. Vicino al Po do-minava l’odore umido e marcio dell’acqua. Torino era in preda a una specie di trip allucinogeno del naso. Ai cittadini spuntavano canappie esagerate, le narici si allargavano fremendo e inalavano golose, imprudenti, gli stimoli indiscriminati. C’era chi ricordava ancora l’odore dell’aria di primavera, gli stessi che versavano una lacrima al pensiero del virile sentore di vino rosso e acciughe al verde nelle belle piole del tempo che fu.
La casa di vetro
Da quando vivo in una stanza di vetro, il mio cuore è talmente gonfio di aria, di gioia, di luce che so per certo come morirò. Quel muscolo felice scoppierà imbrattando le pareti, per la semplice, insostenibile pienezza.
Monemvassia
Il piacere di arrivare nel tardo pomeriggio, installarsi in una comoda camera d’albergo, fare una doccia e uscire con l’unica preoccupazione di scegliere il ristorante in cui cenare! Olimpia pensò che non se ne sarebbe mai stancata. Finché avrò gioventù, salute e soldi, fa’ che possa goderne, dio dei turisti oziosi. Mentre si spalmava di crema idratante per non spelare, mentre infilava un vestito allegro e una collana multicolore di frutti di plastica, i sandaletti rossi, gli anelli, non smise di guardare dalla finestra. C’era un fico proprio fuori nel cortiletto, e dietro si vedeva il mare agitato, scuro, illuminato da una luna ancora pallida sul cielo color indaco.
Regina
Per attraversare il viale con il buio, niente da fare, doveva aspettare che ci fosse qualcuno cui accodarsi. Non che non si fidasse dei semafori, ma preferiva non rischiare da sola. Fin da bambina aveva escogitato questo stratagemma per superare l’ansia delle due vaste carreggiate, la paura di scivolare, inciampare, cadere, sparire nelle ombre solcate dai fari.
Resurgam
A quell’ora qualsiasi isola era bellissima nello spolverio d’oro dei raggi ormai freddi. La barca scivolò nell’ombra della costa, in silenzio, senza quasi ferire l’acqua trasparente. Nella parete di rocce si aprivano bocche scure, non si riusciva a distinguere se erano vere e proprie grotte o semplici spaccature. Nessuno aveva voglia di parlare, i commenti morivano in gola nell’aria sospesa tra il giorno e la notte, ma quando la prua superò l’ultimo tratto di scogliera e sbucò nella baia ancora piena di sole tutti si rianimarono. Rocco, lo skipper, indicò il grande edificio che si ergeva come una fortezza.
Per amore di un topo
Siete mai stati innamorati di un topo? Alla mia amica Carlotta è successo, me l’ha raccontato lei stessa. Carlotta è una donna non più giovane ma molto attraente, dinamica, piena di interessi; insegna in un liceo, viaggia, è impegnata in un gruppo ecologista, organizza corsi di scrittura creativa per la terza età e prima che questa storia cominciasse aveva una relazione con un nostro comune amico, simpatico e ragionevolmente innamorato di lei. L’altro protagonista di questa storia, invece, è un topolino di campagna, minuscolo, di colore grigio chiaro e con una lunga coda sottile.
Una notte con Barbablu
Marina, arrabbiata e infreddolita, guardava con poca speranza la strada di campagna che si perdeva dietro una curva, dove le prime ombre si raccoglievano sotto una fila di pioppi. Quello era proprio un viaggio cominciato male. La sua amica Lauretta, con cui era partita, che cosa aveva pensato bene di fare se non filarsela con un motociclista conosciuto nel primo bar dove si era fermate a mangiare un panino? E non ha nemmeno il casco, pensò Marina. Spero che li fermino e gli diano una multa tale che lei sia costretta a tornarsene a casa stasera stessa. Spero che lui sia un maniaco sessuale e l’abbia violentata e uccisa in un bosco. Si pentì immediatamente di avere pensato una cosa simile e fece mentalmente le sue scuse a Lauretta. La multa era più che sufficiente. Poi quello stupido camionista che ci aveva provato e l’aveva costretta a scendere in piena campagna, nell’unica strada in tutt’Italia dove passava una macchina ogni mezz’ora. Mentre scendeva in fretta e furia il cellulare le era caduto dalla tasca dei pantaloni finendo schiacciato sotto una delle enormi ruote del camion... E stava anche cominciando a piovere.
3 commenti:
Beh, posso dire di conoscerli, se non tutti, la maggior parte e sono molto contento di ritrovarli. Ottima mossa, Conso.
Sì, non sono freschi di giornata, ma ci tengo tanto ai racconti e sono felice che siano usciti in volume, almeno i "fantastici". I racconti sono nel mio cuore, nella mia testa e nella mia tastiera... Grazie Massimo!
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