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domenica 23 agosto 2020

Vivere è inventarsene una nuova ogni giorno: Elvis Malaj, Il mare è rotondo

Finalmente ho trovato modo e tempo di leggere un romanzo di cui ero molto curiosa, Il mare è rotondo di Elvis Malai, autore della raccolta di racconti Dal tuo terrazzo si vede casa mia che ho molto apprezzato. Elvis Malaj è molto giovane e scrive molto bene, inoltre è venuto in Italia a quindici anni dall’Albania, paese che ho girato parecchio negli ultimi anni e mi piace tantissimo. Per cui sono molto lieta che abbia fatto una veloce carriera: dall’amata e brillante casa editrice Racconti è passato a Rizzoli. 

Il mare è rotondo è un romanzo piuttosto corale, veloce, giovane e baldanzoso, di gradevolissima lettura e con più di un motivo d’interesse. I personaggi principali sono tre maschi intorno ai venticinque anni, Ujkan, Giokë e Sulejman. Ujkan, il protagonista, è un tipo con la testa per aria, sbandato, sradicato e insieme inetto e velleitario. Inizia continui lavoretti precari che abbandona subito. Il suo sogno parrebbe quello di andare in Italia ma non si sa se c’è da crederci sul serio. Giokë, di buona e danarosa famiglia, ha un lavoro, porta giacca e cravatta, ha soldi e relazioni nell’establishment. Ė l’amico provvidenziale, che ha sempre una soluzione, promette ma non mantiene. Apparentemente bravo ragazzo con la testa a posto, nasconde lati ambigui e oscuri. Infine Sulejman è uno scrittore che ha pubblicato un libro di un certo successo, è abbastanza conosciuto (ma forse non altrettanto letto), ha una moglie e un figlio, ma è squinternato e coltiva sogni e fantasie, progetti assurdi per fare soldi ma, probabilmente, alla fine è quello che realizza di più. È pasticcione ma anche un vero amico. Infine c’è Irena, la donna irraggiungibile anche quando si fa raggiungere, il personaggio forse più evanescente e stereotipato pur nella sua imprevedibilità. Infine c’è una fitta schiera di gustosi personaggi di contorno, il cantautore masochista, il presidente (il corsivo non è mio), gli zingari con il loro capo Ronaldo, e sullo sfondo i familiari. 


Luogo dell’azione è Scutari. L’Albania che fa da palcoscenico a questa divertente sarabanda è riconoscibile e insieme immaginaria, un paese pieno di voci, di profumi, di parole (molto gustoso il piccolo glossario finale), da cui scappare per raggiungere l’Italia, fata morgana senza volto né voce, e viene da chiedersi perché. La scrittura incalzante è basata sui dialoghi, le vicende si tingono spesso di grottesco e si arriva al finale sospeso e surreale (e forse un po’ facile) molto soddisfatti e di buon umore, a dimostrazione che ci si può divertire anche leggendo qualcosa di diverso da un poliziesco. Molto raccomandato.  



martedì 28 novembre 2017

L'Italia come non l'avete mai vista: Elvis Malaj, Dal tuo terrazzo si vede casa mia

Elvis Malaj con Marco Lazzarotto alla libreria Pantaleon di Torino, 23/11/17
Da un incontro felice quasi sempre nasce qualcosa di bello: e questa volta dall'incontro tra Elvis Malaj, giovanissimo scrittore di origine albanese che vive in Italia da molti anni, e i "ragazzi di Racconti", come li chiama lui affettuosamente, è nato un libro piccino come dimensioni ma veramente felice e anche importante.

Felice perché i dodici racconti che lo compongono sono belli, interessanti, ben scritti e originali. Elvis Malaj è giovane e scrive come è giusto che faccia un giovane, ma è felicemente libero dai vezzi che rendono insopportabili, a mio gusto, tanti libri generazionali: niente impronta da scuola di scrittura, per me il peggiore tra i tanti difetti. Si sente che Malaj ha cercato la sua voce e l'ha trovata, ed è una voce forte, personalissima, che spero verrà confermata nelle prossime uscite. E' anche molto ironica e allo stesso tempo mite, attenta ai minimi dettagli, e riesce a risultare divertente anche nel raccontare minimalia.

Importante perché l'autore, che ascoltato dal vivo appare molto lucido e intelligente, riesce a imbastire storie brevissime che ci danno un quadro della vita di un ragazzo albanese (l'essere albanese è al centro di tutti tutti i racconti) alle prese con le difficoltà, gli aspetti buffi, le stranezze, i luoghi comuni e anche i pregiudizi che condizionano i rapporti con gli altri. E soprattutto le altre, le ragazze, universo amichevole e bizzarro con cui confrontarsi continuamente. Non ci sono lamentele né pietismi né rivendicazioni orgogliose, ma attraverso l'autoironia e la velocità di scrittura si rispecchia acutamente la società italiana, nei suoi difetti ma anche nei suoi pregi. Elvis Malaj ha l'occhio tollerante di chi, più che giustamente, non ha complessi d'inferiorità e capisce benissimo con chi ha a che fare. 

I racconti sono ambientati in buona parte a Belluno dove l'autore, che ora risiede a Padova, ha trascorso alcuni anni, ma qualcuno anche in Albania. In Vorrei essere albanese, il cui incipit è davvero magistrale, il protagonista Marenglen (acronimo di Marx, Engels e Lenin) deve destreggiarsi con una banda di ragazzini ubriachi e razzisti, ma ha un asso nella manica: quando dovevo minacciare qualcuno non dicevo "chiamo i miei cugini albanesi", dicevo "chiamo la mia ragazza italiana". Da cui peraltro, alla fine riceve una lezioncina del tutto inaspettata. La vergine Maria tratta della controversa iniziazione sessuale di due adolescenti, mentre Il televisore è una doppia vicenda di abbandoni e ritrovamenti, tra Bakshim, un vecchio apparecchio televisivo fuori uso e la sua ragazza Maddalena, sul cui sfondo si intravede la gerarchia degli esclusi che mette in campo albanesi, romeni, marocchini e neri. L'incidente è quello che interrompe la prima cena tra Gjokë e Selvi, la ragazza di cui è sempre stato innamorato, risolvendo un equivoco. Scarpe, dedicato alla mia Albania e ambientato a Bajzë, paese di origine dell'autore, è la storia apparentemente farsesca e boccaccesca di Dedë, cameriere e puttaniere, delle sue scarpe, di un cane e di una ragazzina che va a scuola con la scarpe prestate dalla sorella, ma in controluce fa intuire una miseria che non è solo materiale. La nuova classe, il più tragico, laconico e bellissimo nella sua nervosa velocità, mette in scena l'ansia e lo spaesamenteo di un ragazzo diviso tra la difficoltà di inseririsi in un ambiente nuovo e la vita che preme tutt'intorno. L'uomo con la cravatta con un motivo a fiori forse è salvato da un colloquio ascoltato sull'autobus tra un'infermiera e una sua amica, mentre La Carriola, di nuovo di ambiente albanese, è la scabra rappresentazione di una solitudine infantile estrema. Straordinariamente complessa è la vicenda di Agron e Silvia, protagonisti di A pritni miq, due vitalissimi scriteriati che dopo essere fuggiti insieme per vivere un amore osteggiato dalla famiglia di lei, italiana quindicenne, sperimentano la potenza delle tradizioni albanesi in terra straniera sia nel bene che nel male, si amano, bisticciano e si rappacificano con dialoghi di esilarante semplicità e follia. Il lupo della steppa è ancora una conversazione casuale in treno tra Çoban, scrittore, e un signore pieno di buone intenzioni e di luoghi comuni, mentre Mrika non riesce a godersi le vacanze estive a Durrës. Morte di un personaggio è forse il mio preferito, e leggendolo si scopre il significato del geniale titolo del libro. Kastriot, il protagonista scrittore, per fare contenta sua madre si lancia in un'impresa azzardata e pericolosa, fa un incontro sorprendente con Veronica, il tutto mentre nella sua testa si agita la trama del romanzo che sta scrivendo. Le scene e i dialoghi che scandiscono gli incontri tra Kastriot e Veronica sono veramente straordinari, senza una sbavatura rendono plausibile l'assurdo acchiappando il lettore nelle loro spire.   
     
Elvis Malaj è veramente maestro nel narrare rovesciamenti fulminanti in pochissime parole, nel taglio della scena e della vicenda: senza mai seguire la stucchevole deriva carveriana, ma dimostrandosi semplicemente maestro nel saper chiudere al momento giusto. E mi ha fatto piacere scoprire che sono passata da Bajzë, il suo paese d'origine. Se fossi stata meno frettolosa, se mi fossi guardata meglio intorno, forse avrei incontrato qualche abitante del luogo che parlava italiano, disposto a intrecciare con me una delle meravigliose conversazioni che Elvis Malaj mette in bocca ai suoi personaggi.   

P.S. Alla presentazione si è parlato anche dell'orrore, stile aglio per i vampiri, che suscitano i racconti negli editori. So di ripetermi (e non me ne frega niente) in quanto appassionata di racconti sia come scrittrice che come lettrice. Ma non mi ero mai fermata a riflettere sul fatto che ormai si utilizzano eufemismi per la parola racconti, come se fosse un termine osceno. E' stata citata una quarta di copertina in cui si parlava di storie, ma naturalmente la scelta più sicura è short stories. Con quella si fa una doppia carambola e i racconti diventano quasi appetibili, visto che si può parlarne anche nella lingua ufficiale dell'Impero.