Per consolarsi di questi tempi bui, niente di meglio di un'antologia di racconti, che su di me ha lo stesso effetto di un barattolo di Nutella per Nanni Moretti. E questa volta sono capitata bene, al di là dell'inevitabile eterogeneità dei racconti e del fatto che, essendo un'antologia a tema, talvolta la necessità di infilare il vino da qualche parte produce risultati discutibili. Quindici autori, tra cui tre donne. Complimenti all'editore, che si mantiene nella media di qualsiasi evento culturale - un quinto bello tondo. Sono vetero e sono femminista, non posso fare a meno di notare questo squilibrio ingiustificato dal fatto che le donne scrivano poco - non è vero! -, non scrivano giallo-noir - è falsissimo -, scrivano male - non mi pare affatto. Comunque. Di questa antologia voglio parlare bene, niente polemiche. Almeno una parte dei racconti mi ha divertito. Vado per ordine alfabetico. Digli, di Franco Foschi, è curioso nella forma assai sperimentale, in cui molti messaggi di autori vari si intrecciano e sovrappongono per formare una cupa vicenda di prepotenza e corruzione. Massimo Marcotullio in Sei bottiglie diverte disegnando rapinatori gnocchi stile "soliti ignoti". Amaro calice di Ugo Mazzotta funziona perfettamente e per una volta anche la sorpresa finale sorprende. Tempo di vendemmia di Carlo Oliva è una bonaria favola ecologica condita di giallo, Appuntamento al buio di Riccardo Parigi e Masssimo Sozzi riesce a raggiungere una buona tensione con una vicenda furbetta e uno spruzzo di metaletteratura, anche Vino rosso di Luciana Scepi è efficace. Molto divertente e decisamente uno dei migliori L'oca magra di Eugenio Tornaghi. GialloTavernello di Nicoletta Vallorani è un tradizionale, e un po' scontato, mistero metropolitano.
Insomma, se la Nutella non vi piace, per riprendersi dopo un telegiornale efferato quest'antologia alcolica può funzionare.
mercoledì 11 febbraio 2009
sabato 7 febbraio 2009
Tutti in prefettura
Che momento deprimente. Leggere i giornali, uno dei miei piaceri quotidiani, mi fa stare malissimo. Gli articoli sul "caso Englaro" (non mi piace chiamarlo così, è per sintesi) mi mettono ansia, mi viene il batticuore, un senso di claustrofobia, e mi bastano i titoli per spingermi a girare pagina in frettissima. Peccato che alla pagina dopo trovo la fantastica invenzione dei medici trasformati in informatori della polizia. Poi il braccio di ferro tra palazzo chigi e quirinale (orride figure retoriche per evitare di nominare le persone), intercettazioni sì o no, ecc. Queste però sono cose che riesco a leggere, mi altero, per usare un eufemismo, ma è coinvolta più che altro la testa. Invece a proposito di Eluana perdo qualsiasi razionalità. Quello che mi colpisce non è il dibattito lecitissimo su una questione più che delicata, in cui non mi interessa neppure esprimere il mio parere che non ha nessuna autorevolezza. No, quello che trovo agghiacciante è la mancanza di pietas, di umana partecipazione, di comprensione, di rispetto, di capacità di empatia, di spirito cristiano se vogliamo parlare di qualcosa che non so che cosa sia. E questo, ovviamente, da parte di tutta la chiesa dal santo soglio (per continuare a non nominare le persone) alle cattedre cardinalizie e vescovili e le parrocchie e l'orrida base integralista, con la loro ostensione di disabili e la mala fede nel manipolare i termini della questione. Poi a ruota la posizione del governo, ma siccome da quelli non mi aspetto niente di diverso, mi arrabbio meno. Però vorrei sapere, il prossimo passo sarà il processo e la galera per i suicidi che non ce la fanno al primo colpo?
In questa tendenza allo stato etico, al normativo a oltranza, dove tutto quello che si può e non si può fare è regolato da leggi e decreti, la spossessione del corpo mi sembra un passo orribile. E molto pericoloso.
Adesso vado a testimoniare davanti alla prefettura, spero che saremo in molti malgrado il tempo schifido che spinge più allo shopping (altra parola che aborrisco!) che all'indignazione morale e politica. Per fortuna che sotto i portici ci sono molti extracomunitari che vendono ombrelli.
In questa tendenza allo stato etico, al normativo a oltranza, dove tutto quello che si può e non si può fare è regolato da leggi e decreti, la spossessione del corpo mi sembra un passo orribile. E molto pericoloso.
Adesso vado a testimoniare davanti alla prefettura, spero che saremo in molti malgrado il tempo schifido che spinge più allo shopping (altra parola che aborrisco!) che all'indignazione morale e politica. Per fortuna che sotto i portici ci sono molti extracomunitari che vendono ombrelli.
Etichette:
caso Englaro,
fissazioni personali,
indignazione,
politica
Iscriviti a:
Post (Atom)