Alan Bennett è un autore che amo molto, lo ammiro e mi diverte, e molti dei suoi libri li ho trovati esilaranti; il mio preferito è forse La sovrana lettrice. Ma mi ha riservato una sorpresa agghiacciante - ho appena finito di leggere Scritto sul corpo, Una visita guidata e Signore e signori e mi apprestavo a farne una breve recensione. Prima ho controllato quello che avevo già scritto su Bennett e ho scoperto che non solo li avevo già letti ma ne avevo anche parlato su questo blog il 4/6/2008; il che significa, primo, che sono rincoglionita; secondo, che li ho ricomprati in digitale ma da qualche parte li ho anche in cartaceo. Per cui, depressa e piena di vergogna, ripubblico i due post che gli ho dedicato, pensando che, se venisse a saperlo, lui si farebbe un sorrisetto su questa triste vicenda e magari ci scriverebbe sopra un perfido monologo.
Più che un libro, diciamo un autore che fa bene: Alan Bennett, inglese,
romanziere, autore televisivo e commediografo, omosessuale, figlio di un
macellaio e di una casalinga, tradotto da Adelphi. Scrive cose brevi e
abbastanza micidiali, divertenti ma anche pungenti come spine nascoste.
Consiglio vivamente i magistrali monologhi di Signore e signori,
dove attraverso le parole in libertà di personaggi incapaci di vedere
quello che hanno davanti al naso – veri monumenti all'autoinganno –
scopriamo mondi di squallore, perfidia, dolore e menzogna, ma la
scrittura miracolosamente leggera di Bennett tiene lontano qualsiasi
patetismo e ci fa divertire con le assurdità che tutti quanti, forse, ci
raccontiamo. Ancora più divertente, e meno cattivo, La sovrana lettrice,
in cui Elisabetta II si abbandona alle gioie della lettura creando
disagi e scompigli a corte. L'assurdità della situazione di partenza di Nudi e crudi si
colora di un'ombra di angoscia se ci identifichiamo con i tranquilli
protagonisti: che fare se una sera, tornando a casa, troviamo il nostro
appartamento del tutto svuotato, compresi i portasaponi e la carta
igienica? Lo svolgimento del racconto è privo di cadute, fino alla
conclusione che non delude. Con La signora nel furgone
facciamo conoscenza con un personaggio vagamente disgustoso, piuttosto
antipatico, di non poche pretese e con le idee molto chiare: una barbona
che si installa nel giardino dell'autore e ivi permane per
diciott'anni. Nessuna melensa compassione, solo un rapporto paritario e
schietto tra i due, malgrado l'evidente diversità di situazione e presa
sul mondo. Con La cerimonia del massaggio
ritroviamo lo sguardo maligno e divertito sulle debolezze e
vigliaccherie degli uomini: alla cerimonia funebre di un massaggiatore
molto popolare, tra i suoi clienti di ogni sesso serpeggia
l'inquietudine finché non si scioglie il mistero sulle circostanze della
sua morte. Malgrado il prezzo scandaloso (5,50 € per una cinquantina
scarsa di pagine) consiglio anche Visita guidata, divagazione sull'arte e sui quadri della National Gallery di Londra, e Scritto sul corpo, lieve e vagamente reticente coming out.
Alan Bennett è l'autore perfetto per questi giorni di pioggia,
deprimenti e noiosi, in cui la compagnia di una voce divertente e
intelligente, che consola mettendoci davanti alle nostre magagne e
mostrandoci quanto siano una proprietà comune e condivisa, può essere
un'ancora di salvezza. Inoltre la brevità dei testi aiuta a superare la
mancanza di concentrazione che sovente accompagna l'inquietudine della
pioggia che batte ai vetri.(4/6/2008)
Ho molto amato altri libri di Alan Bennett (così a memoria, soprattutto La sovrana lettrice, La cerimonia del massaggio, Signore e signori)
e anche questo l'ho trovato un bel libro, anche se molto diverso dalla
maniera frizzante e spiritosa che contraddistingue l'autore. Qui siamo
piuttosto nel campo della sobrietà che confina facilmente con la
depressione. Almeno questa è l'impressione che mi ha lasciato, a lettura
finita, Una vita come le altre.
Forse non tutti i ricordi d'infanzia sono condivisibili senza il
rischio di annoiare chi ascolta o legge. Il fatto è che quasi tutti
hanno avuto almeno un paio di nonni/e, di genitori, zii e zie, fratelli
ecc; e chi non li ha avuti, forse non è interessato a ascoltarne le
storie, a meno che non cerchi rassicurazione sul fatto che è stato
veramente fortunato fin dall'inizio. Ci vuole qualcosa che renda unico o
universale il parentado altrui per farcelo sorbire. Quello di Alan
Bennett secondo me non lo è. O almeno, rinunciando alla sua scrittura
spiritosa e pungente, rinuncia a farcelo apparire tale. Figlio di un
macellaio introverso e molto composto e di una casalinga gravemente
depressa che trascorre anni dentro e fuori dalle cliniche psichiatriche,
precocemente intelligente, studioso e esibizionista, Bennett cresce a
Leeds in una normale famiglia piccolo borghese. Ci narra di suo padre e
di sua madre, delle due sorelle della madre, di un segreto, il suicidio
del nonno materno, gelosamente custodito per anni e scoperto per caso,
delle gite e dei Natali, degli ultimi anni della madre in una casa di
riposo anticamera della morte (indimenticabili le inservienti euforiche e
affettuose). Forse a lui ha dato molto scriverne, forse è una specie di
risarcimento o omaggio alla famiglia, ma ha me non ha lasciato molto.
La parte dedicata agli ultimi anni della madre mi ha fatto pensare, per
contrasto, a quanto mi aveva coinvolto un libro pur distaccato e
minimalista come Ricordi di mia madre di Yasushi Inoue. Certo Una vita come le altre si
fa leggere, è pur sempre l'opera di uno scrittore notevole, ci dà uno
spaccato dell'Inghilterra dagli anni '30 agli anni '70 acuto e
interessante, rappresenta in punta di penna dei caratteri che più british non si può. Ma forse un eccesso di britannico aplomb lo rende un po' freddo, forse, a dirla tutta, un po' depresso e deprimente. (21/4/11)
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