Un libro che sorprenderà molti che della Turchia non sanno niente, a parte magari le iniziative di Erdogan, e si immaginano un paese arretrato, fuori dalla modernità, di donne velate fino agli occhi e uomini in djellaba. E ce ne sono, vi assicuro, anche tra quelli che hanno passato lussuose vacanze in un resort stile Casa Bianca vicino a Antalya o su un caicco lungo la costa licia disseminata di cittadine piene di turisti. Purtroppo non è tradotto in italiano, ma lo trovate sia in cartaceo che in digitale su Amazon.
La trama, in due parole, è questa: la storia di due fratelli di Istanbul che ereditano dal padre, laico e liberale, una vecchia bottega di abbigliamento nella zona della Torre di Galata. Uno, Fehmi, dopo un paio d'anni all'università a Ankara, è tornato a casa e si è messo a lavorare con il padre, è legato alla tradizione e alla religione, è sposato con una donna sottomessa e quasi invisibile da cui ha avuto due figlie; l'altro, Rafet, è andato a studiare in America, ha un buon lavoro, una moglie americana, Mary, due macchine, una casa con giardino, una figlio e una figlia, si è perfettamente ambientato nella nuova patria. Nel 1998 torna in Turchia con la famiglia per dividere l'eredità e non se ne va più. Anche se alcune parti sono ambientate negli anni '70 e '80, il grosso dell'azione si svolge allo scorcio del secolo, quando comincia la rinascita dell'Islam politico, del quale uno degli aspetti che colpiscono di più lo straniero è la libera e orgogliosa scelta femminile di coprirsi il capo con il foulard (niente velo, qui non c'entra). E' una scelta soprattutto identitaria e non ha nessun significato di sottomissione e inferiorità, insomma è una scelta. Così decide la prima figlia di Fehmi, ma non la seconda. Le ragazze frequentano il liceo, hanno amicizie e simpatie, scoprono il mondo e prendono decisioni. Lo stesso succede ai genitori: la Mary, la moglie americana di Rafet, galleggia su una superficie di incomprensione, confusione, inquietudine, senza mai adattarsi veramente alla vita turca; Rafet sembra aver dimenticato l'America e i suoi agi, insieme a Fehmi trasforma la vecchia bottega del padre in un negozio alla moda, sofisticato e costoso, per le nuove donne islamiche che vogliono abiti adatti al loro credo ma anche eleganti e testimoni del loro status di appartenenti alla borghesia benestante; Fehmi, il personaggio più sfaccettato e insieme più enigmatico, procede su una sua via che riserva sorprese per tutti. La giovane generazione seguirà i suoi percorsi, forse libera o forse no, ma sicuramente meno tormentata, in un finale che definisce il destino di ogni personaggio, senza lasciare buchi ma anche, con gran perizia, senza chiarire tutti i misteri.
Quello che ho apprezzato di più in The Masquerade of Istanbul è il modo di narrare restando a livello dei gesti e delle azioni, senza scavare nelle psicologie dei personaggi né motivarne i comportamenti con i soliti luoghi comuni narrativi di oggi tipo le molestie infantili o i traumi. Mehmet Agop non cerca di dare spiegazioni ma ci mette di fronte ai comportamenti nudi e crudi. Ora, non sono così ingenua da pensare che in realtà non abbia le sue spiegazioni, eccome, ma forse è tanto sicuro della forza del suo racconto che sa ritirarsi sullo sfondo in quanto autore. E' ovvio che il discorso sotteso al romanzo è totalmente politico, volto a rappresentare l'ipocrisia di un Islam preso a scudo e maschera da una società lontanissima dai valori che finge di abbracciare, una mascherata appunto, come dice l'azzeccatissimo titolo. Non so se The Masquerade of Istanbul farà capire meglio la Turchia di oggi ma sicuramente è onesto e rende l'idea delle trasformazioni in atto anche se è ambientato alla fine del secolo scorso, penso per non incappare nella censura di Erdogan. Se poi quello che ho detto a proposito della scrittura di Mehmet Agop è vero o è frutto di una scelta legata alla censura, non lo so. Ma il risultato è ottimo e molto interessante oltre che riposante rispetto a quello che si legge di questi tempi.
In rete non ho trovato niente su Mehmet Agop se non una pagina facebook dedicata a The Masquerade of Istanbul, e la sua pagina personale da cui si apprende che è originario della zona di Mersin, ha vissuto molto all'estero e adesso sta in Gran Bretagna. Molto interessante, sulla pagina fb del romanzo, la lettura dei commenti in cui l'autore è accusato di tutto, persino di essere un troll al soldo di Erdogan per controllare chi legge la sua opera. Da quello che ho capito si tratta di un'autopubblicazione, da nessuna parte ho trovato il nome di una casa editrice, e io l'ho scoperta proprio dal post sponsorizzato che compare su facebook. Be', mi auguro che Mehmet Agop (se questo è il suo desiderio) abbia trovato un editore, e che la sua opera venga tradotta anche in italiano. Lo merita senz'altro e penso che chiarirebbe le idee a molti sulla Turchia con molta maggiore efficacia malgrado la sua reticenza (o forse proprio per quello) di tante opere più commerciali e stucchevoli in circolazione che cavalcano il momento storico.
Nessun commento:
Posta un commento