sabato 3 agosto 2013
Un antidoto infallibile al caldo e alla noia: Massimo Tallone, Il diavolo ai giardini Cavour
Per rinfrescarsi l’anima e il cervello, niente di meglio di un bel giallo–noir–thriller–mistery di Massimo Tallone, penna esperta che non disdegna il meritorio compito di far ridere il lettore. Di solito questo incarico è affidato a un personaggio in particolare – ovviamente al maleodorante, malparlante, alcolico e pigerrimo Cardo nei romanzi che lo vedono protagonista, o alla voce di Annetta, io narrante sui generis di Il fantasma di piazza Statuto. In questo Il diavolo ai giardini Cavour non c’è un personaggio che sia di per sé comico, per cui le risate nascono dalle scene più smaccatamente paradossali, che si tratti di sesso come di messe nere o omicidi. Non mi provo a dar conto della vicenda, prima di tutto perché non voglio guastare il piacere ai lettori, poi perché è talmente complessa che ci vorrebbero due pagine solo per riassumerla.
L’azione è tanta, frenetica, appassionante eppure curiosamente dilatata da una scrittura molto più analitica, attenta a descrivere i gesti e la mimica dei personaggi, pronta a svicolare e perdersi in riflessioni e confessioni di quanto ci avesse abituato Massimo Tallone, ma sapientemente calibrata sull’io narrante, Vienna. Tanto pulito e ammodo quanto il Cardo è lercio e sfrontato, ricco, colto e nullafacente, Vienna soffre di una malattia invalidante: ha le ossa di vetro, basta il minimo urto a sbriciolargliele, per cui è costretto a mantenere distanze di sicurezza da oggetti e esseri umani. Lo incontriamo nell’agenzia immobiliare del Gufo, che è il suo esatto contrario: interessato solo al guadagno, gran seduttore, cinico e figlio di mammà. Vienna dà una mano a titolo gratuito, tanto per passare il tempo e stare in compagnia di Anna, impiegata dalle dita bellissime e di gran carattere. Nello sviluppo della vicenda Anna e Vienna verranno a costituire una coppia che è il paradossale opposto di quello che ci si aspetterebbe – lei cerca di sedurlo e lui sfugge, lui sviene e lei lo aiuta, lui è ingenuo e pudibondo, lei scafata e attiva. Siamo a Torino, in piazza Cavour, cioè giardini che più sabaudi e amichevoli non si può, dove cani e bambini sono padroni, i magnifici ginkgo, i platani smisurati, il faggio regale danno serenità, chi mai potrebbe immaginare che il diavolo è tra noi? Ma appunto, siamo a Torino, città magica e satanica.
Arriva un nuovo cliente con una richiesta molto particolare: un appartamento, o casa, o quel che sia purché ci sia avvenuto un fatto di sangue, preferibilmente multiplo. Il Gufo, che ha annusato il profumo di molti soldi, si dà subito da fare e scova una tipografia all’interno dell’ex manicomio di Collegno dove un regolamento tra bande ha fatto addirittura sei vittime… e di qui, come una valanga, i fatti strani e delittuosi si susseguono, toccando tutti i luoghi canonici di Torino e dintorni: le ville sulle colline circostanti, i sotterranei sotto al Castello del Valentino, i loft negli edifici industriali dismessi, le boutique del centro e le fabbriche ancora in attività. Insomma un repertorio di torinesità da scrittore innamorato della sua città, tanto da farne uno dei personaggi principali e forse il più fascinoso. Le piste sono più di una, e se da una parte Massimo Tallone ci fa penetrare nel più spesso di satanismo, complotti, oscure società segrete, misteri che si perdono nel passato, dall’altra ci porta nei grovigli della mente umana, dei sentimenti marciti che generano mostri, delle vendette mai abbastanza fredde. E si permette pure di fare uno sberleffo alla giustizia degli uomini, e lasciarci con un beffardo dubbio sulla soglia di casa del Diavolo.
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