E
per finire, due thriller, o noir, o quello che vi pare, a conferma che le penne
femminili sono maestre di perfidie e spaventi, e certe volte non c'è nessun bisogno di punire il delitto.
Elisabeth
Sanxay Holding (1889-1955), educata a New York in scuole per signorine, sposò
un diplomatico inglese, viaggiò molto al seguito del marito, scrisse romanzi
sentimentali e polizieschi, ebbe molto successo in vita e è ancora ristampata
negli USA. Molto ammirata da Raymond Chandler e da Alfred Hitchcock, pubblicò nel
1947 Una barriera di vuoto, che ebbe
due riduzioni cinematografiche, ed è ambientato quando gli Stati Uniti erano in
piena seconda guerra mondiale. Lucia Holley è una casalinga trentottenne,
sposata da vent’anni, con una figlia non ancora diciottenne, Bee, e un figlio
quindicenne, Dave. Il marito Tom è da tre anni nel Pacifico, e lei vive sulla
East Coast nei pressi di New York con i figli e il vecchio padre,
destreggiandosi tra razionamenti, difficoltà a trovare i generi di prima
necessità, spostamenti in treno e discussioni con i tassisti esosi. Lucia è una
tipica donna upper class che mai ha
lavorato fuori casa, ma in casa in realtà lavora dalla mattina alla sera a far
funzionare tutto al meglio per la famiglia. In lei, però, c’è anche qualche
sotterranea irregolarità; prima di tutto fuma, e anche se siamo ancora
lontanissimi dalle crociate antifumo, ciò non va bene per una signora. Poi ha
un legame del tutto insolito con la propria cameriera nera, Sibyl, che ammira
molto, del cui giudizio si fida totalmente, e tutto sommato è la sua unica
amica. In questa situazione insieme normalissima e faticosissima, una tegola
imprevista: Bee si caccia nei guai con un uomo molto più vecchio, sposato,
assai losco, che è in possesso di un pacco di sue lettere compromettenti. Di
qui parte una vicenda che mette i brividi non per efferatezza o violenza, ma
perché potrebbe capitare a tutti noi: un piccolo problema, un tentativo di
risolverlo che si rivela un passo falso, un altro tentativo in perfetta buona
fede che si conclude in un disastro, ancora un tentativo di cancellare ciò che
è accaduto che peggiora enormemente le cose… un crescendo davvero angosciante
perché plausibilissimo, in cui anche la sacralità della casa viene minacciata
da personaggi di inquietante estraneità oltre che ambigui o aggressivi. Ma
Lucia è una damsel in distress
superpasticciona e insieme piena di risorse, che con la sua fragilità conquista
(quasi) tutti gli uomini con cui viene a contatto, almeno quelli ancora
sensibili all’appello della femminilità da proteggere, e la conclusione non è
né politicamente corretta né scontata. Bellissimi personaggi di contorno
rendono questo libro una lettura davvero gradevole. Traduzione di Rosalia Coci,
con una nota di Roberto Cocchis.
Con
Il pensionante (1913) di
Marie Belloc Lowndes (1868-1947) siamo invece nella Londra nebbiosissima e freddissima
di fine Ottocento. L’inizio è di quelli che acchiappano al cuore e ti stendono
a terra: Ellen e Robert Bunting, una coppia di ex domestici divenuti
affittacamere, siedono in silenzio in un gelido interno, disperati e affamati,
sull’orlo della miseria più nera. Hanno venduto tutto il vendibile, rinunciato
persino a mangiare, perso qualsiasi speranza. Quand’ecco che si odono due forti
scampanellate alla porta… Irresistibile. Il pensionante, appunto, è molto
eccentrico ma si rivela una manna del cielo: disposto ad affittare tutte le
camere vuote pur di non avere vicini, a pagare più del richiesto per non essere
disturbato, molto quieto, di giorno sta in casa a leggere la Bibbia e fare
misteriosi esperimenti, di notte esce nella fittissima nebbia e chissà dove va…
Come avrete capito non è il fattore sorpresa che conta nel romanzo, ma la
tensione che sale dalla prima pagina: Londra è sconvolta da una serie di
efferati delitti (e uso coscientemente l’espressione abusata) che avvengono
tutti secondo un rituale ripetuto, e le vittime hanno tutte le stesse
caratteristiche: prostitute o ubriacone, comunque il tipo di donne che si
possono incontrare in piena notte nei sordidi vicoli dei quartieri operai. A
poco a poco i delitti del Vendicatore (così la stampa ha soprannominato l’assassino)
si avvicinano alla dimora dei Bunting, nella centrale Marylebone Road (notate,
vicinissima a Baker Street e al mitico n221B dove abita Sherlock Holmes, e al
Museo delle Cere di Madame Tussaud, che infatti ha un ruolo cruciale nella
vicenda). Mrs Bunting comincia a essere divorata dai sospetti, mentre la sua
casa è intensamente frequentata da un giovane ispettore di polizia che oltre a
occuparsi dei casi del Vendicatore è innamorato della figlia di Mr Bunting,
temporaneamente in visita dal padre. Qui mi taccio e lascio il gusto della
scoperta ai lettori, limitandomi a qualche osservazione. In tutto il romanzo
non vi è una parola sulle vittime, che sono devianti, quindi la loro morte è
irrilevante. Solo di una si dice che era “una brava moglie, e una brava madre”
fino a che non ha cominciato a bere. Quello che fa impressione a tutti, che
sconvolge l’opinione pubblica, non è tanto la morte provocata quanto l’impunità
con cui il delitto avviene, l’interruzione del patto singolo-società. La gente
per bene sa che non potrà essere vittima del Vendicatore perché si comporta
decorosamente, non beve e la notte sta a casa. Così quando il Vendicatore comincia
a colpire di giorno, è troppo, l’indignazione per l’inefficienza delle forze
dell’ordine cresce e il capo della polizia è costretto a dimettersi. Molto interessante
è anche l’analisi minuziosa del ruolo dei media, l’attenzione agli articoli dei
giornali che soffiano sul fuoco della paura, la loro lunghezza e posizione, l’attesa
per l’arrivo degli strilloni che nel silenzio della via (o bei tempi pre inquinamento
acustico da traffico automobilistico!) portano il terrore e l’eccitazione per
il nuovo delitto. Così come la presenza massiccia dei giornalisti e lo svolgimento
delle operazioni all’inchiesta, tutta la narrazione è improntata a un’aderenza
alla realtà che l’impianto romanzesco non deforma affatto. Altro motivo che fa
di Il pensionante una lettura davvero
istruttiva oltre che divertente, è che porta alla luce, oltre alla passione per
i delitti, un’altra delle ossessioni inglesi all’origine di innumerevoli
variazioni: il rapporto tra servi e padroni. Basti pensare a Gosford Park di Altman, a Il servo di Losey, ai televisivi Upstairs and downstairs e Downton Abbey, a Ai piani bassi di Margaret Powell. I signori Bening non denunciano il
loro inquietante inquilino un po’ perché hanno paura di tornare alla miseria,
un po’ per riconoscenza e soprattutto perché è un gentiluomo. Per questo Ellen fin
dall’inizio decide di accoglierlo riconoscendolo tale dalla pronuncia e dal
modo di fare malgrado sia privo di bagagli e di aspetto un po’ equivoco, per
questo non se la prendono per le stranezze e sono sempre pronti a compiacerlo.
La upper class si sa che è sempre un
po’ eccentrica. E non è facile capire dove finiscono l’avidità e la necessità e
dove comincia la fatalistica accettazione delle differenze di classe che fa degli
inglesi, in alto e in basso, dei grandissimi snob. Infatti, politicamente il signor
Bening è un conservatore convinto. Traduzione di Rosalia Coci. Il mantello di
Inverness che il pensionante indossa e viene nominato sovente, è un mantello
con la pellegrina, per intenderci lo stesso di Sherlock Holmes. Il pensionante ha avuto cinque
trasposizioni cinematografiche tra il 1927 e il 2009.
Marie Belloc Lowndes, di padre
francese e madre inglese, nacque a Londra e trascorse la giovinezza in Francia;
appartenente a una famiglia ricca di celebrità (il fratello, Hilaire Belloc, fu
un famoso poeta e scrittore cattolico) fu scrittrice prolifica e di successo
fino alla morte.
2 commenti:
Ottimo, Consolata. Sicuramente le tue dimenticate meritavano un buon ricordo. Dalla prox settimane le passerei su LN, va bene?
Più che bene! ciao
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