lunedì 11 ottobre 2010

Irfan Orga, Una famiglia turca


Irfan Orga (1908-1970) non è né un etnografo né uno storico, è solo uno scrittore che narra le sue esperienze, capace però di descrizioni vivaci e eccellente nel ricreare atmosfere d’antan viste con l’occhio di un bambino, che si direbbe particolarmente compatibile con il suo modo a volte candido, quasi ingenuo, di narrare. Consiglio senz’altro Una famiglia turca, avvincente romanzo autobiografico in cui Orga racconta la vita quotidiana a Istanbul dagli ultimi anni dell’Impero ottomano al 1940, attraverso le vicende di una ricca famiglia borghese in seguito rovinata dalla Prima Guerra mondiale. 


Le figure della madre e della nonna, donne allevate per vivere protette dai loro uomini e chiuse in case confortevoli improvvisamente costrette a uscire per cercare il cibo, a muoversi da sole nelle strade, a cucinare, cucire e svolgere tutte quelle incombenze che hanno sempre creduto degradanti, a subire umiliazioni legate alla loro condizione di donne sole e impoverite, sono tratteggiate lucidamente e senza eccessiva indulgenza. Lo spaccato della società istanbuliota che ne esce è vivido, anche i personaggi minori risaltano con efficacia sullo sfondo tragico di quegli anni. C’è un divertente episodio, nel periodo dell’infanzia dorata, in viene narrata per filo e per segno la complessa cerimonia della circoncisione, festa di iniziazione che, come titola il capitolo, riguarda “un argomento squisitamente maschile”. La decisione di abbandonare il velo presa dalla madre di Orga quando durante la guerra, ben prima della disposizione in tal senso di Atatürk, è costretta a andare a lavorare in un laboratorio dell’esercito, suscita sconcerto e riprovazione nel vicinato, e è narrata con il solito candore. L’autore ammette che fu proprio lui a chiederle di rimetterlo, molto più tardi, quando andava a trovarlo alla scuola militare, per evitare i commenti offensivi dei compagni. 

Dopo avere toccato il fondo della miseria e delle umiliazioni, i figli alla scuola dei poveri dove mangiano bacche di eucaliptus e radici per non morire di fame, la madre mettendosi a lavorare, lentamente le cose cominciano a andare meglio dopo la guerra, i figli maschi sono accettati alla scuola militare, si impone sulla scena Kemal Atatürk, la proclamazione della Repubblica cancella definitivamente i resti della gloria ottomana. Ci sono pagine interessanti sugli aspetti minori delle riforme di Atatürk, ad esempio la proibizione di usare il fez e l’imposizione del cappello all’occidentale, che suscitano resistenze e stratagemmi per eluderle. A questo proposito penso che l’omino ancora oggi dipinto sui cartelli dei passaggi pedonali in Turchia, un tizio energico dal passo lungo e ben disteso con il cappello in testa che mi mette di buonumore ogni volta che lo vedo, sia un residuato di quei tempi. C’è la sparizione degli armeni dal collegio militare, sulla quale Orga non spreca parole né spiegazioni. Ci sono i grandi cambiamenti, la vita che va avanti, il progressivo sprofondare nella follia della madre, fino al 1940, quando la madre muore e la famiglia è definitivamente disgregata. 


La postfazione del figlio Ateş è illuminante e completa bene la narrazione, dando una breve biografia della vita in Inghilterra di Irfan Orga, sostanzialmente poco felice si direbbe, sempre ossessionata dalle ristrettezze economiche e non proprio armoniosa in famiglia. La sua fama letteraria è legata a questo romanzo, a una biografia di Atatürk e a Un viaggio in Turchia, interessantissima relazione di un viaggio tra i nomandi Yuruk dei monti Tauri, oltre a alcuni libri di per ragazzi e altri di ricette turche. Siccome l’autore non giunse mai a una padronanza perfetta dell’inglese, i suoi testi furono editati dalla moglie tanto che nella biografia di Atatürk compare come coautrice. Oltre a essere di gradevolissima lettura, Una famiglia turca è utile per capire quegli anni complicati e seguire la trasformazione della Turchia da impero decrepito a stato moderno attraverso le concrete vicende di un testimone oculare. Anche in questo libro, edito da Passigli, la traduzione di Luca Merlini è molto incerta; ad esempio, il Mar di Marmara diventa “la Marmara” che scorre mormorando come il Piave.

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