Pinar Selek prima che una scrittrice è un'attivista battagliera e appassionata, che ha pagato di persona il suo coraggio nel denunciare molti aspetti della vita politica turca, anche se La casa sul Bosforo non è la sua sola opera di narrativa. Si tratta di un romanzo corale che abbraccia una ventina d'anni, a partire dal colpo di stato del 1980 fino al 2001, alla vigilia della salita al governo di Recep Tayyip Erdoğan e si dipana tra Turchia, Francia, Armenia pur restando fortemente ancorato al quartiere istambuliota di Yedikule i cui abitanti sono protagonisti.
Si tratta di persone semplici, due giovani coppie, il farmacista, il falegname, il perditempo, la prostituta, tratteggiate velocemente, più dette che rappresentate, ma molto efficaci e di grande umanità. Sullo sfondo scorrono le grandi tragedie del passato, il genocidio armeno (su cui Pinar Selek ha scritto molto), il terribile pogrom del 1955 contro i greci, e del presente: la questione curda, la feroce repressione governativa, il terrorismo, il terremoto del 1999, ma in primo piano ci sono le vicende degli abitanti di Yedikule.
C'è l'affetto e c'è l'amore, ma anche i sogni delle due ragazze, Elif e Sema, mai disposte a restare in secondo piano o mettere le esigenze affettive prima della propria autorealizzazione. C'è un po' di autobiografia nella figura di Elif le cui vicende ricalcano in parte quelle di Pinar Selek. C'è soprattutto la solidarietà, la straordinaria capacità di sostenersi a vicenda del quartiere che è una vera e propria comunità di fronte al mostruoso sviluppo metropolitano di Istanbul. C'è un po' di nostalgia per i tempi passati e per un mondo sparito, c'è il fascino dei nomi evocativi di Istanbul (confesso che io sono molto sensibile a quest'aspetto), ma su tutto prevale l'attenzione e la consapevolezza del mondo tutt'intorno e dei suoi problemi. C'è la necessità di partire, talvolta di fuggire, dalla propria casa e dalla propria vita. Non sono certo dei provinciali legati al passato gli abitanti di Yedikule: ma aggiungo che le storie raccontate da Pinar Selek non ne sono affatto appesantite, vi si parla anche di musica, di danza, di teatro itinerante, delle mille maniere in cui la vita riesce a manifestarsi anche nelle circostanze più difficili.
Mi ha molto stupito, dal momento che l'autrice è così impegnata politicamente e socialmente, la sua straordinaria capacità di narrare vicende individuali e marginali con grande leggerezza, velocità e empatia, che rende gradevolissima la lettura di questo romanzo, vivamente consigliato sia per la sua validità narrativa che per l'interesse aggiunto della cornice storico-politica in cui si svolge. Piacerà sia a chi ama Istanbul e la Turchia che a chi non vi è mai stato. Traduzione a cura di Ada Tosatti e Camilla Diez.
2 commenti:
Un testo e un'autrice notevoli, direi. Gli faresti fare un giro su LN?
E' già lì che si pavoneggia! Onorata e felice di essere accolta su LN.
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