martedì 9 febbraio 2016

La tirannia del poliziesco: Håkan Nesser, L'uomo senza un cane

Un romanzo che ho letto molto volentieri, ben scritto e ben tradotto da Carmen Giorgetti Cima, che si presenta come giallo scandinavo e noi dobbiamo crederci: Håkan Nesser, L'uomo senza un cane. Tutta la prima parte, piuttosto lunga, è la bella e triste presentazione di una famiglia che più disfunzionale non si può. Padre dispotico ex insegnante e madre sottomessa, che stanno per vendere la casa in Svezia per trasferirsi in Spagna in un comprensorio soprannominato Costa Senile, tanto per capirci, lui che non vede l'ora e lei disperata; figlia maggiore chirurgo con marito evanescente e due figli adolescenti; figlio squinternato senza arte né parte, detto il Pippa perché si è masturbato in diretta televisiva; figlia minore con marito ricco e bambino piccolo; tutti riuniti per festeggiare i compleanni del padre e della figlia maggiore. Ben descritti i rapporti e le psicologie dei personaggi, situazione che acchiappa.

Prima il Pippa poi uno dei due nipoti adolescenti spariscono, e noi sappiamo bene come perché l'autore ce lo racconta. Ecco che allora entra in scena l'ispettore Gunnar Barbarotti, naturalmente divorziato e single con figlia che vive con lui, solitario, stropicciato ecc ecc secondo i soliti cliché. Di qui in poi, assistiamo alla tirannia del poliziesco. I colleghi dell'ispettore, i problemi della polizia, le difficoltà delle indagini, i vicoli ciechi, e il romanzo comincia a perdere colpi come un motore in difficoltà. Barbarotti è l'investigatore più fortunato di tutta la letteratura: non scopre niente, non intuisce niente, e se il caso non gli desse ripetutamente una mano fornendogli coincidenze decisive - in modo veramente eccessivo e incredibile - le cose resterebbero così. Aggiungiamo il vezzo di Håkan Nesser di condurre il lettore sull'orlo di una scena madre e poi lasciarlo lì senza dirgli che cosa succede esattamente (e nell'ultima scena che conclude la vicenda è veramente troppo evasivo, molti particolari non si capiscono affatto) e si capisce che come giallo è insensato. Ci sono solo coincidenze e casualità, e la trama poliziesca sembra escogitata al solo scopo di poter costruire il personaggio dell'ispettore Gunnar Barbarotti e quindi assicurarsi un passaporto per la serialità.

Perché uno scrittore che scrive bene, che sa costruire un ambiente, un groviglio di psicologie, un ritmo narrativo come Håkan Nesser abbia bisogno della struttura poliziesca, non lo so. Mi ha fatto l'impressione di quando si usa il trucchetto del cucchiaio che diventa aeroplano per fare mangiare la minestra ai bambini - vi ricordate? ecco l'aereo che vola vola, apri la bocca, aaahm! - come se fosse necessario per indurre il lettore a aprire il libro e leggerlo. Ma probabilmente sono io che sono rétro, e penso che per leggere un libro non c'è bisogno di escamotage. E l'autore comunque ha ragione: ha un gran successo, ha abbandonato l'insegnamente per dedicarsi alla scrittura di cui vive. Beato lui. Comunque se non siete troppo esigenti sull'aspetto thriller, L'uomo senza un cane vale senz'altro la pena di leggerlo, è un bel romanzo di atmosfera nordica e cupissima. 

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