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mercoledì 22 luglio 2009
Junot Dìaz, La breve favolosa vita di Oscar Wao
Il mare per me è sempre stato propizio alla lettura, e all'ombra di una tamerice, malgrado gli assalti delle vespe e delle api, sono sempre riuscita a cascare dentro ai libri come piace a me. Quest'anno l'acqua era talmente calda, le coste talmente piene di grotte, il nuoto talmente invitante che ho letto meno del solito. Tra i pochi libri, questo mi ha acchiappata moltissimo, e lo premetto perché sia chiaro che è un libro bello, scritto benissimo, capace di sorprendere e tenere sempre sveglio l'interesse anche in un contesto propizio alla contemplazione. Però mi ha fatto fare una riflessione che esporrò più avanti. La storia è quella di Oscar, nerd per sua propria definizione, obeso, nero, originario della Repubblica di Santo Domingo, assatanato ma incapace di conquistare una donna, con l'abitudine di abbordare le ragazze per strada, portato a innamorarsi perdutamente e sempre della donna sbagliata. Sempre chiuso in casa a leggere, appassionato di giochi di ruolo, fantascienza e fantasy, di cui ha una cultura enciclopedica con cui sono infarcite le pagine del lbro, tanto che l'autore ha inserito un glossario specifico, oltre a uno di termini ispano-domenicani, peraltro ampiamente insufficiente. L'io narrante è un altro dominicano nero, però più consono allo stereotipo corrente: bello, sciupafemmine, traditore, perdigiorno, bugiardo, ma anche studioso di scrittura creativa. Poi ci sono la bella e intelligente sorella di Oscar, Lola, la madre Belicia, la nonna La Inca, le numerose ragazze di cui Oscar si innamora e altri personaggi maschili variamente mariuoli, come il Gangster, ma su tutto campeggia minacciosamente il Ladro di Bestiame Fallito, alias Trujillo, feroce e trucissimo dittatore di Santo Domingo tra il 1930 e il 1961. La storia della Repubblica dominicana, di Trujillo e dei suoi terrificanti tirapiedi la troviamo nelle note a piè pagina, vivaci e succulente come e più del testo. Le vicende dei personaggi si alternano in capitoli separati, tra il New Jersey e l'isola delle radici, e alla fine è proprio Oscar a essere quello meno comprensibile. E qui, consigliandovi vivamente la lettura di questo libro, arrivo alla riflessione: in fondo sono rimasta un po' delusa alla fine, come se non mi avessero dato quello che mi era stato promesso. Eppure il libro mi è piaciuto, mi sono divertita a leggerlo, penso che Junot Dìaz scriva in modo fantastico. Però, ecco. Prima di tutto il titolo, fedele all'originale inglese, The Brief Wondrous Life of Oscar Wao: breve lo è senz'altro, ma perché favolosa? In che cosa? Poi, la sapienza della struttura, l'alternarsi delle voci e delle epoche, l'interruzione continua di una storia per cominciarne un'altra, i tagli sbiechi delle vicende, la tecnica di illuminare un momento specifico di una vita per lasciare il resto nella penombra, tutto questo virtuosismo, secondo me, toglie pathos, lascia, più che curiosità per quello che non siamo riusciti a sapere, un po' di frustrazione, delusione, come un pranzo che nel menu promette un bel dessert e poi alla fine mette in tavola una mela. O forse sono io che sono troppo grezza. D'altra parte l'autore insegna al MIT, suppongo scrittura creativa, e la sa certo più lunga di me.
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