venerdì 16 marzo 2018

Leggere per scoprire, leggere per viaggiare: perché questi per me sono i venti libri più belli degli ultimi vent'anni



Mi è stata richiesta una lista dei 20 libri che mi sono piaciuti di più negli ultimi vent'anni, per un gioco promosso da exlibris20. E' un gioco per cui questa lista non è precisissima, è stata fatta a memoria e velocemente. Ma quello che è certo è che tutti questi libri mi sono piaciuti, e tanto. E ne ho scritto. La trovate qui   
  

Ho chiesto a Consolata Lanza di scrivere per exlibris20 come ha scelto i suoi libri nella sua Top20/20 perché era la lista che mi aveva incuriosito di più. Il motivo: genuina, fuori da condizionamenti, come se scegliesse un libro come se fosse sempre la prima volta. (Lea Iandiorio)

LEGGERE PER SCOPRIRE, LEGGERE PER VIAGGIARE

La richiesta di Lea di scrivere due parole sulla mia lista e darne le motivazioni mi ha costretto a riflessioni che hanno portato a una conclusione semplicissima: leggo solo quello che mi incuriosisce. E questo esclude molti autori e molti testi. 

Prima di tutto sono piena di pregiudizi, non amo in genere la letteratura nordamericana e il suo profumino di scuola di scrittura creativa e ossessiva attenzione al mercato, è difficile che mi faccia tentare dai best seller, e quando capita spesso me ne pento amaramente. Su questo blog di recensioni, Anaconda Anoressica, non pratico la stroncatura e parlo solo dei libri che mi sono piaciuti: in rare occasioni, infuriata per il tempo sprecato a leggerli, mi sono lasciata andare a criticare best seller di culto – e devo ammettere che sono i post di maggior successo. Un mio limite grosso è che non ho particolare interesse per gli italiani, non per partito preso ma perché, come ho detto, seguo la mia curiosità che mi spinge verso tutto ciò che è marginale e soprattutto “altrove”. Mi spiego: non mi interessano i messaggi, i contenuti densi di significato sul presente, le disgrazie e la beneficienza, anche letteraria. Mi appassiona l’infinita varietà dei casi umani, quello che non conosco, non leggo per specchiarmi né per identificarmi ma per scoprire che cosa c’è là fuori. Quindi le narrazioni pure, non troppo filtrate dalle necessità del mercato, capaci di osare, di essere anche poco commerciali, poco contemporanee, in una parola, marginali. Mettiamoci poi che sono una viaggiatrice, il viaggio per me ha sempre rappresentato una necessità e una pratica fondamentali. E molto sovente, i miei viaggi sono stati ispirati e accompagnati da numi tutelari che con le loro parole mi avevano già portata in quei posti, come Salgari o Pamuk. A questo proposito ho scritto anche una mia storia di lettrice (nelle Pagine di questo blog). 

Siccome nulla mi obbliga a leggere quello che non mi interessa, ho tutto il tempo e la libertà di seguire le curiosità, i suggerimenti, i rimandi da un autore all’altro nei campi che amo. Acchiappo un nome qui un accenno là, poi cerco sul web. Negli ultimi anni ho letto molti turchi, in precedenza molti indiani, ho trovato perle preziose in Islanda e altrove, e in generale, per farla breve, ai margini dell’impero anglofono (ma questo è vero solo a metà, ho amato appassionatamente molti autori inglesi). Poi mi piacciono i racconti, altrettanto marginali rispetto al mainstream letterario. Quindi è inevitabile che abbia frequentato anche molte case editrici minori. A questo proposito devo dire che una risorsa fondamentale è la possibilità di rovistare in rete dove si trovano tesori inenarrabili, e confesso che leggo quasi esclusivamente in digitale (cioè tutte le volte che è disponibile la versione digitale). Internet è fondamentale, e mi spiace per i librai che amo, ma mi interessa quello che sta dentro al testo, le parole, non il supporto. Se devo comprare un libro cartaceo, però, sono fedelissima al mio libraio in carne e ossa. Fortunatamente leggo anche in inglese, e questo mi ha permesso di scovare in rete testi irreperibili in italiano, o semplicemente più economici.

Infine, ho passato la mia vita a leggere e sono anche, se mi è permessa la presunzione, una scrittrice. Quindi per me è fondamentale la scrittura. Io penso che sia la prima discriminante per stabilire se un libro vale o non vale. La stessa storia può essere irresistibile o insipida, piena di senso o noiosissima se espressa in parole diverse. E sono passionale (di conseguenza, sicuramente irrazionale e ingiusta), certi autori li amo altri mi fanno venire i nervi alla seconda riga. In questo senso è la voce dell'autore che conta, la maggiore o minore sincerità, la maggiore o minore necessità. 

Dei libri che appaiono nella graduatoria finale di questo sondaggio ne ho letti appena sette (Le correzioni, La trilogia della città di K., La strada, Espiazione, Olive Kitteridge, Dance dance dance, Underworld), e uno solo l’ho inserito nella mia lista personale (La trilogia della città di K.). Undici degli autori non li ho mai frequentati, mentre di Ian McEwan ho amato molto di più altri libri, così come di Murakami Haruki; di Elena Ferrante e Margaret Mazzantini ho letto altri titoli. Nella mia lista, posso dire che una passione violenta mi ha legata a Orhan Pamuk e Mo Yan, Hallór Laxness è un amore di solide fondamenta, Jeet Tayl, Yusuf Atılgan, Bai Xianyong, Sabahattin Ali amori da nostalgia stringicuore, tutti gli altri amori ragionevoli, di quelli che non si rinnegano ma che non fanno più piangere.  

mercoledì 14 marzo 2018

La Grecia, il coraggio, la solitudine: Aris Fakinos, La cittadella della memoria

Procediamo con i greci, che mi stanno riservando notevoli soddisfazioni. Aris Fakinos è uno scrittore molto conosciuto, considerato tra i grandi della seconda metà del novecento, e La cittadella della memoria in effetti è un libro bellissimo. Con delle avvertenze però: è un libro inattuale, che sicuramente non interesserà ai cultori della modernità né a chi ha paura delle parole che volano alto, degli ideali, della vita che si tende allo spasimo, della morte, dell'onore, dell'attaccamento ai propri valori, dell'eroismo. Perché proprio di questo parla La cittadella della memoria.

Non c'è un vero e proprio plot né protagonismo dei personaggi in questo romanzo corale, niente amore, nessuna donna né intrighi da page-turner, ma un fiume maestoso e inarrestabile che ci spinge a andare avanti, ammaliati dalle parole di Aris Fakinos (splendidamente rese dalla traduzione di Andrea Di Gregorio). La vicenda si svolge secondo due piani temporali, uno alla fine del '700 e l'altro alla fine del '900 (il romanzo è uscito in Grecia nel 1993). Il luogo invece è uno solo, e centralissimo: Paliòkastro in Epiro, epitome di tutti i villaggi arroccati della Grecia, antiche fortezze come dice il nome, baluardo contro le invasioni degli eserciti che distruggono e del tempo che tutto cancella, con l'altrettanto arroccato e simbolico monastero del Profeta Ilias che lo fronteggia. 

Proprio quando l'Europa sta per essere travolta dai venti della Rivoluzione francese, e molti intellettuali filelleni fanno collette per aiutare la patria di tante glorie dell'antichità, a Paliòkastro si combatte l'estrema, eroica, impossibile battaglia per mantenere l'indipendenza dai turchi che spadroneggiano nel resto del paese. Il capo dei resistenti è Kostas Bekas, figura quasi mitologica con la sua fustanella bianca e il fez rosso che apparendo sull'alto delle mura infondono coraggio e speranza nei paliokastrioti quando è ora di combattere, coraggio e eroismo quando è ora di morire per non essere catturati dai nemici. Nel monastero tutto è tranquillo, il bibliotecario Isidoro scrive una cronaca della tragedia che vede svolgersi sotto i suoi occhi sui margini di un antichissimo e prezioso Tetraevangelo, pronto a mettere in salvo nei sotterranei libri, arredi e icone quando il pericolo si fa troppo vicino, mentre un lettore appassionato ma subdolo esamina i volumi e spia i movimenti nella cittadella di fronte; intanto, nella valle sottostante, tra dirupi e grotte, l'esercito sterminato dei turchi è una minaccia palese e senza scampo. Il bibliotecario Melitios, in tempi più vicini, sorveglia un lettore che si appassiona alla cronaca di Isidoro mentre un'équipe di esperti inviati dalla Soprintendenza alla Belle Arti di Atene scheda, cataloga, maneggia senza amore i preziosi arredi e le sante icone, fa microfilm dei condici antichi, sentenzia sulla necessità di trarre guadagno dalle ricchezze artistiche, di aprire ai turisti, di svendere quello che si può, in una parola di distruggere tutto quanto costituisce l'essenza e la ragione di esistere del monastero. Guardando le rovine di Paliòkastro al di là della valle, Melitios ripensa al passato e interpreta il presente. 

Se il lettore dei tempi antichi era nientemeno che il futuro capo dell'esercito turco, introdottosi sotto mentite spoglie per spiare quello che succedeva nella città assediata, il lettore moderno è ovviamente l'autore che raccoglie materiale per i suoi libri (La cittadella della memoria è il primo volume di una trilogia che si svolge a Paliòkastro). I nemici di un tempo sono i turchi, quelli di oggi la modernità, la smemoratezza, la perdita dei valori antichi, l'ansia del guadagno, il dio denaro: ma l'orgoglio e la coscienza di chi si è, del peso del passato troppo illustre, dell'essere un baluardo tra occidente e oriente, di essere incompresi, orgogliosi, assetati di libertà fino all'estremo sacrificio, pochi e fieri, in una parola greci, sono gli stessi. Non si può che sperare che almeno il monastero di Profitis Ilias abbia una sorte più clemente della cittadella di Paliòkastro

Come ho detto un romanzo non per tutti, ma di lettura scorrevole e molto accattivante. Fuori dal tempo come il monastero, come i suoi monaci e la sua sterminata biblioteca, come gli eroici paleokastrioti, come la Grecia schiacciata dalla sua storia, incompresa nella sua vera natura, selvaggia e orgogliosa, amata dall'occidente per i motivi sbagliati ma mai interrogata sui quello che desidera veramente. E purtroppo, anche oggi assediata da nemici da tutte le parti, o amata dai turisti per i motivi sbagliati.                

lunedì 5 marzo 2018

I mille gusti della cucina greca: Amanda Michalopulu, Il giardino del polpo

Ho un intero scaffale di libri accumulati e mai letti, comprati in libreria o ai saloni, ai mercatini o in giro per il mondo, che mi hanno incuriosita al momento e poi sono stati ricoperti dalla marea montante, e mai calante, dei loro simili. Quando gli butto un'occhiata sono sommersa dai sensi di colpa, dai desideri ancora accesi, e dall'abitudine ormai difficile da superare di leggere in digitale (e non parliamo degli accumuli anche lì). Per esempio, ci sono cinque o sei romanzi greci dell'inarrivabile Crocetti che non possono più aspettare. Comincerò da Il giardino del polpo di Amanda Michalopulu. 

Non essendo riuscita a trovare una sua biografia in rete, copio dalle note di copertina (del 2002): "Amanda Michalopulu è nata ad Atene nel 1966. Ha studiato Letteratura francese ad Atene e giornalismo al CFPJ di Parigi. Dal 1990 collabora con il quotidiano ateniese “Kathimerinì”. Ha esordito con la raccolta di racconti Fuori la vita è variopinta (1993). È autrice dei seguenti romanzi: Il giardino del polpo (1996, vincitore del premio della rivista “Diavazo” per il romanzo), Finché resisti (1998), Tempaccio (2001), della favola per bambini La casa volante, e di una serie per l’infanzia intitolata Pinacoteca familiare. Il suo ultimo romanzo, Perché ho ucciso la mia migliore amica, è del 2003. Suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue europee". Il giardino del polpo è uscito in italiano nel 2002, con l'ottima traduzione di Valentina De Giorgi. 

Premetto che se c'è qualcosa che mi annoia al mondo sono la cucina e le ricette, la mania per i cuochi diventati chef eccetera (e per quanto ami la Grecia e la frequenti ormai da decenni, non è certo per motivi gastronomici). Un altro argomento che mi respinge è la famiglia e i suoi noiosissimi intorcinamenti. Eppure questo romanzo mi ha acchiappata come non mi capitava da un po', rafforzando la mia opinione che la scrittura è tutto. Perché una cosa bisogna dire: Amanda Michalopulu è un mostro di bravura. Ha scritto Il giardino del polpo prima dei trent'anni padroneggiando con una sicurezza incredibile una struttura molto complessa e dei piani narrativi che si incrociano pericolosamente. E scrive con la grazia e la perizia di un surfer, scivolando senza sforzo ma in modo spettacolare tra narrazione fattuale, riflessioni, notazioni erudite, ironia e paradosso.

Le vicende si dipanano attorno ai componenti di due generazioni della famiglia Xenos che vive ad Atene ma ha radici a Astipalea, dove la nonna mandava avanti un ristorante. I figli inurbati studiano, fanno carriera, tra università e planetari successi gastronomici. I narratori sono due, come annuncia in prima pagina l'io narrante Athina, lei e suo fratello Elias che frequenta un master di psicologia a Londra; in realtà sono molti di più perché la parte scritta da Elia (dal suggestivo titolo Ti sbatterò come un polpo, frase usata frequentemente dalla nonna isolana e cuoca) è composta da una serie di capitoli in cui parlano in prima persona svariati ingredienti di cucina, polpette, peperoni, l'acqua del rubinetto, tacchino, ricotta, olive e così via, scritti in inglese e affidati alla sorella perché li traduca. 
Inoltre, Elia inventa e distorce i fatti, mentre Athina ristabilisce la realtà di quello che è avvenuto e procede in una narrazione più o meno lineare della propria vita dal momento in cui Elia le ha affidato il manoscritto. 

Aggiungete a questo il fatto che il padre dei due è un docente universitario di linguistica, mentre la madre è un'artista che nei suoi quadri utilizza cibi e bevande e Athina lavora con lo zio chef di rinomanza internazionale; il che permette a Amanda Michalopulu di spaziare da Chomsky a Brillat Savarin alle ultime tendenze dell'arte alla letteratura, con strepitosi pezzi di bravura, scialo imponente di nomi, citazioni, erudizione da bibliotecaria folle, e una cadeidoscopica capacità di tenere il tutto sotto controllo. Certo, nei capitoli di Elia l'effetto barocco è un pericolo costante, e forse l'eccesso di esibizionismi alla fine si fa un po' stucchevole, ma nell'insieme Il giardino del polpo (naturalmente l'Octpus' garden dei Beatles c'entra e c'è) è un libro che ipnotizza e spinge a andare avanti con curiosità e incanto. Risultato tanto più stupefacente se si pensa che le vicende della famiglia Xenos sono minime, niente di particolarmente avventuroso né insolito. Storie che si trovano in tutte le famiglie, ma che cucinate da Amanda Michalopulu diventano appetitose come un piatto di polpo dolce, ricetta segreta della nonna di Astipalea che nessuno è più riuscito a riprodurre.