Visualizzazione post con etichetta Massimo Tallone. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Massimo Tallone. Mostra tutti i post

domenica 21 ottobre 2018

Buendia Books, la casa editrice che non c'era: due novità, Roberta Anau con "Sotto l'ala di Lilith" e Massimo Tallone, "Bartleby mi ha salvato la vita"

Nata da poco ma già ben piantata, robusta e vivace, ecco la nuova casa editrice torinese Buendia Books, nelle sue stesse parole una casa editrice indipendente che propone un “nuovo-vecchio modo” di far libri: una realtà editoriale che è anche artigianato, manualità, creatività e labor limae, un marchio che si prende cura di ciascuna opera, dalla selezione allo sviluppo dell’idea-progetto fino alla realizzazione e alla promozione.[...] Tumulto editoriale, sperimentazione, colore e voglia di qualità e leggerezza: questa è la Buendia Books, spiccate il volo con noi!
 

Ed ecco un paio delle novità imperdibili: nella collana le Fiaschette (che si presenta così: Le Fiaschette: libretti snelli, maneggevoli, economici, agili compagni di viaggio o di break. Adatti a contenere racconti da leggere… in due sorsi), Roberta Anau, autrice tra l'altro di Asini, oche e rabbini e Un'ebrea terra terra ci racconta tre donne veramente fuori dall'ordinario - Havà, Jonà e Rebecca, oltre a una civetta gialla che la sa lunga. Tre racconti veloci, profondi e lievi, legati alla sapienza biblica e alla cultura ebraica, che la penna esperta di Roberta Anau rende irresisitibili. 

Più corposo ma non meno leggibile il saggio di Massimo Tallone Bartleby mi ha salvato la vita. Con la caratteristica ironia e una profonda cultura letteraria, Massimo Tallone, messi da parte misteri sabaudi, satanismi vari e l'indimenticabile Cardo, ci insegna a curarci con i libri e a fare riferimento ai nostri autori preferiti per uscire dai guai e risolvere i momenti criti della vita, con 27 schede di esempi pratici - e scusate se è poco!

Quindi benvenuta alla Buendia Books, e occhio alla farfalla quando la incontriamo!

martedì 16 febbraio 2016

E se una vita non vi basta, niente paura: ecco "Le vite anteriori" di Massimo Tallone

Quando mi sono seduta al computer per parlare di Le vite anteriori (Golem edizioni), credevo che avrei recensito l'ultimo libro di Massimo Tallone: ma non avevo ancora toccato la tastiera che ho avuto notizia che venerdì 19 febbraio ne uscirà uno nuovo, La riva destra della Dora, seguito di Il postino di Superga, entrambi scritti a quattro mani con Biagio Fabrizio Carrillo. Il fatto è che Massimo Tallone, come sa chiunque lo conosca anche solo di striscio, è uno scrittore talmente vulcanico e prolifico che per tenergli dietro ci vogliono buone gambe e ottimo fiato. 

Le vite anteriori è la terza parte di una ideale trilogia che comprende Il fantasma di Piazza Statuto e Il diavolo ai giardini Cavour, in cui il nostro si diverte un mondo a affrontare temi legati al côté oscuro di Torino, satanismo e dintorni, o comunque in bilico tra spiritualismo e new age. Qui si tratta di ipnotismo e reincarnazione - per usare un linguaggio da ignorante, ma Massimo Tallone è molto più scientifico e leggendo questo romanzo si imparano anche un sacco di cose in proposito. Nelle sue pagine si alternano sapientemente momenti dilatati e frenetiche accelerazioni, ci fa viaggiare tra Langhe, Venezia e Sicilia, Ferrara e Torino, seguendo l'indaffarato (ma metodico) io narrante Lo, scrittore che sta preparando un libro sull'ipnosi regressiva e i ricordi delle vite anteriori frequentando ipnoterapeute e altri strani personaggi. In contemporanea Lo, per aiutare la sua amica Lea (personaggio indimenticabile!), svolge un'investigazione in Sicilia che lo porta a sfiorare la mafia e i suoi oscuri maneggi. E come bonus, Lo ci mette al corrente delle sue tecniche di scrittura e delle sue teorie sulla narrativa. È un libro pieno di sorprese, parecchio complesso anche se le vicende appaiono lineari, in cui (per usare una frusta metafora che sicuramente Lo riterrebbe indecente) Massimo Tallone mette molta carne al fuoco, e la condisce con una prosa ricca, ricercata, estremamente analitica, capace di squarci poetici nella descrizione dei paesaggi siciliani, e una spolverata della sua abituale ironia.  


Elencare qui tutte le opere dell'eclettico Massimo Tallone è impossibile, ma voglio citare L'amaro dell'immortalità e Il Cardo e la cura del sole, dove compare il mitico Cardo, protagonista di almeno sette (se ho contato bene) romanzi in cui è un insolito, schifidissimo e irresistibile risolutore di delitti e misteri. Vivamente raccomandato. Inoltre voglio ricordare che è tra i fondatori del gruppo Torinoir, gestisce insieme a Desy Icardi la scuola di scrittura Facciamo la Lingua, collabora a la Repubblica e La Stampa, e suppongo che ogni tanto mangi e dorma. Forse.        


venerdì 13 dicembre 2013

Consigli natalizi: AA VV - Natale in giallo, Massimo Tallone - L'amaro dell'immortalità, Lorenzo Papagna - Il Signore dei Gasepiu



Molti anni fa, mio nipote Antonio, ora stimato geologo e padre di famiglia, allora noto per l’immortale domanda “Quand’è già che si fa merenda? Mattina o pomeriggio?”, aveva imparato all’asilo una poesia natalizia: È natale, è Natale, è la festa dei bambini. Non so come continuasse e non lo sapeva neppure lui, ma non me la sono più dimenticata. Così, visto che a Natale si torna bambini si può anche concedersi un po’ di autoindulgenza. Niente mattonazzi né cose troppo serie o ricercate, ma invece di buttarmi sui cri-cri o il torrone, mi sono tuffata in una succulenta antologia.  

Gialli di Natale è una delle moltissime antologie tematiche che Einaudi sforna perché io possa soddisfare la mia vergognosa passione senza danni, in quanto si tratta di raccolte mediamente dignitose, spessissimo occasione di trouvailles preziose, a prezzo abbastanza contenuto e soprattutto con la copertina flessibile, quindi facili da leggere in cartaceo senza massacrarsi polsi e braccia. Questa particolare raccolta, con prefazione di Margherita Oggero, è del tutto pretestuosa per quel che riguarda il tema, veramente tirato per i capelli nella maggior parte dei racconti, giusto un riferimento temporale che non ha alcun spessore nelle vicende. Ma tant’è. Anche la scelta è abbastanza strana, mescolando i massimi numi del poliziesco con sconosciuti e addirittura inserendo Thomas Hardy accanto all’unica vivente, una dimenticabilissima e superflua Fred Vargas. Un gran divertimento è ritrovare Rex Stout in una storia complicatissima e sufficientemente assurda, un impeccabile Conan Doyle con una strepitosa esibizione di Sherlock Holmes in grandissima forma, Ellery Queen capzioso come ci si aspetta, Agatha Christie come sempre la più perfida e sottile, con Miss Marple che rimesta nel torbido in cui si trova così a suo agio, G.K. Chesterton che si sforza di rendere credibile una storia assolutamente demente. Non mancano racconti che stanno sul crinale tra il giallo e la storia di fantasmi, come quello di Fergus Hume, e soprattutto quello di Amelia B. Edwards, che conferma quanto la ferrovia abbia stimolato nell’immaginario inglese storie di mistero. Per altri, di Hardy appunto o di Erckmann-Chatrian, è veramente difficile usare l’etichetta di racconto giallo. In tutte, tranne Vargas, circola un'incantevole aria rétro, sia che ci si trovi a Manhattan, a Heidelberg o nella classica magione di campagna inglese Traduzioni di AAVV. Per me, che come ripeto ad nauseam adoro racconti e antologie, una lettura divertentissima e altrettanto gratificante di molte fette di panettone. Vivissimamente raccomandata.

E siccome a Natale siamo tutti più buoni, persino io, continuo a segnalare due libri divertentissimi, veloci, direi festivi. Ottimi anche quando si è mangiato troppo e si ha bisogno di un po’ di sostegno e allegria. Il primo è L’amaro dell’immortalità. Le metamorfosi del Cardo, ottava (mi pare) avventura dell’ignobile e irresistibile eroe che vive in una cascina di Stupinigi tra grandi bevute alla bocciofila e veloci incontri con Angela la prostituta. Ma questa volta ci sono molte novità, tra cui una davvero straordinaria: il Cardo è perdutamente innamorato, ma proprio sul serio, al punto che giunge a estremi tanto sconsiderati da mettersi a lavorare. Di qui un intreccio di quelli cui ci ha abituato Massimo Tallone, e di cui non vi dico niente. Questo non è uno spoiler ma un consiglio natalizio, quindi fidatevi di me. Come sempre il sornionissimo personaggio, schifido e ignorante, ci regala in realtà digressioni di filosofica saggezza sull’amore, sul vino, il dolore e qualsiasi argomento gli capiti a tiro; qui in aggiunta ci sono liriche descrizioni delle Langhe e i vigneti che le rendono belle e ricche, e del dolce Canavese. C’entra anche un amaro che dà l’immortalità, come si evince dal titolo, un pelato di nome Rombo, grossissimi guai in cui il Cardo si ritrova tutto solo, la costante di Planck e Pelizza da Volpedo, un elogio della fluitazione umana, ma queste sono cose che scoprirete da voi. 

Infine ecco Il Signore dei Gasepiu di Lorenzo Papagna (alias, ho appreso dalla quarta di copertina, Gian Lurens ed San Salvari) esilarante divertissement in cui su una veloce parodia di Il Signore degli Anelli sono incastonati (e brillano come gemme, vi assicuro) nomi dei più fantasiosi e filologicamente ineccepibili che occhio piemontese abbia mai letto. Chi non si innamorerebbe della principessa Pupe d’Or, non si affiderebbe alla spada di Fol Mènamica, non chiederebbe lumi alla veggente Masmiava (questo è un colpo di genio!) e aiuto al mago Ciamlu Fol?  E questo è solo un assaggio. Certo, se non proprio di San Salvario bisogna essere almeno piemontesi, meglio ancora torinesi e un po’ di barriera, avere frequentato piole e qualche biliardo fumoso, ma per chi non è ferratissimo c’è un paratesto d’eccezione: elenco di personaggi e luoghi, alberi genealogici e cartine per facilitare al lettore la strada nella Terra dei Gasepiu. Si scatena anche, nel lettore di lingua madre, un'euforia di competizione compilativa di nomi che potrebbero offrirsi, belli e pronti, per un secondo tomo. Dotta e arguta prefazione di Massimo Tallone. Datemi retta, cercatelo in libreria, o meglio ancora lasciatevi trovare. Io non l’ho cercato Il Signore dei Gasepiu, mi è venuto incontro lui: e forse si trattava di un avatar del famoso Tirtenabàla, libro magico dei Gadani.            
     


sabato 3 agosto 2013

Un antidoto infallibile al caldo e alla noia: Massimo Tallone, Il diavolo ai giardini Cavour



Per rinfrescarsi l’anima e il cervello, niente di meglio di un bel giallo–noir–thriller–mistery di Massimo Tallone, penna esperta che non disdegna il meritorio compito di far ridere il lettore. Di solito questo incarico è affidato a un personaggio in particolare – ovviamente al maleodorante, malparlante, alcolico e pigerrimo Cardo nei romanzi che lo vedono protagonista, o alla voce di Annetta, io narrante sui generis di Il fantasma di piazza Statuto. In questo Il diavolo ai giardini Cavour non c’è un personaggio che sia di per sé comico, per cui le risate nascono dalle scene più smaccatamente paradossali, che si tratti di sesso come di messe nere o omicidi. Non mi provo a dar conto della vicenda, prima di tutto perché non voglio guastare il piacere ai lettori, poi perché è talmente complessa che ci vorrebbero due pagine solo per riassumerla. 

L’azione è tanta, frenetica, appassionante eppure curiosamente dilatata da una scrittura molto più analitica, attenta a descrivere i gesti e la mimica dei personaggi, pronta a svicolare e perdersi in riflessioni e confessioni di quanto ci avesse abituato Massimo Tallone, ma sapientemente calibrata sull’io narrante, Vienna. Tanto pulito e ammodo quanto il Cardo è lercio e sfrontato, ricco, colto e nullafacente, Vienna soffre di una malattia invalidante: ha le ossa di vetro, basta il minimo urto a sbriciolargliele, per cui è costretto a mantenere distanze di sicurezza da oggetti e esseri umani. Lo incontriamo nell’agenzia immobiliare del Gufo, che è il suo esatto contrario: interessato solo al guadagno, gran seduttore, cinico e figlio di mammà. Vienna dà una mano a titolo gratuito, tanto per passare il tempo e stare in compagnia di Anna, impiegata dalle dita bellissime e di gran carattere. Nello sviluppo della vicenda Anna e Vienna verranno a costituire una coppia che è il paradossale opposto di quello che ci si aspetterebbe – lei cerca di sedurlo e lui sfugge, lui sviene e lei lo aiuta, lui è ingenuo e pudibondo, lei scafata e attiva. Siamo a Torino, in piazza Cavour, cioè giardini che più sabaudi e amichevoli non si può, dove cani e bambini sono padroni, i magnifici ginkgo, i platani smisurati, il faggio regale danno serenità, chi mai potrebbe immaginare che il diavolo è tra noi? Ma appunto, siamo a Torino, città magica e satanica. 

Arriva un nuovo cliente con una richiesta molto particolare: un appartamento, o casa, o quel che sia purché ci sia avvenuto un fatto di sangue, preferibilmente multiplo. Il Gufo, che ha annusato il profumo di molti soldi, si dà subito da fare e scova una tipografia all’interno dell’ex manicomio di Collegno dove un regolamento tra bande ha fatto addirittura sei vittime… e di qui, come una valanga, i fatti strani e delittuosi si susseguono, toccando tutti i luoghi canonici di Torino e dintorni: le ville sulle colline circostanti, i sotterranei sotto al Castello del Valentino, i loft negli edifici industriali dismessi, le boutique del centro e le fabbriche ancora in attività. Insomma un repertorio di torinesità da scrittore innamorato della sua città, tanto da farne uno dei personaggi principali e forse il più fascinoso. Le piste sono più di una, e se da una parte Massimo Tallone ci fa penetrare nel più spesso di satanismo, complotti, oscure società segrete, misteri che si perdono nel passato, dall’altra ci porta nei grovigli della mente umana, dei sentimenti marciti che generano mostri, delle vendette mai abbastanza fredde. E si permette pure di fare uno sberleffo alla giustizia degli uomini, e lasciarci con un beffardo dubbio sulla soglia di casa del Diavolo.                   

mercoledì 13 febbraio 2013

Quant'è bello dormire su un pallet a Stupinigi: Massimo Tallone, Il Cardo e la cura del sole



Dice MassimoTallone: Il giallo può anche fare il lavoro sporco, la cosiddetta sperimentazione, la pericolosa esplorazione stilistica. In certi casi fa avanguardia, avremmo detto in passato, e lo fa senza tirarsela, senza spocchia, parlando d’altro e assumendo, secondo i casi e secondo le intenzioni dell’autore, un carattere ora sociologico, ora psicologico o umoristico, ora comico, tecnico, politico. E in effetti i suoi gialli sono davvero fuori dalle regole, a cominciare dall’eroe eponimo, pur avendone la struttura e la capacità di dare soddisfazione al lettore raccontando una vicenda intricata e compiendo quello che ho sempre considerato il primo, se non l’unico, dovere di un giallo che si rispetti: riportare l’ordine nel caos. Come avviene puntualmente in Il Cardo e la cura del sole - La mummia della baia, Fratelli Frilli 2012.  

La più recente avventura del Cardo, la creatura (chiamarlo detective sembra proprio difficile) inventata da Massimo Tallone con l’amore e la cura di un miniaturista, aggiungendo particolari disgustosi e schifezze madornali fino a farne un titanico eroe della più bieca cialtronaggine, parte leggera, conducendoci sulle spiagge della Liguria. Il Cardo si è beccato una malattia che lo rende repellente per la sua puttana di riferimento, Angela, e questo non è davvero sopportabile: gli amici della bocciofila di Stupinigi, dove vive dormendo su un pallet in una cascina abbandonata, con una generosa colletta tirano su i soldi necessari per mandarlo al mare, a fare appunto la cura del sole. Ma tremila euro in tasca sono una grande tentazione, e il Cardo pensa a quanti pintoni di barbera potrebbe comprare risparmiando sull’albergo... il che lo porta a un’azione avventata e all’incontro con una mummia da cui prende le mosse il plot. Sul quale non sgancio neanche una parola in più, se non per dire che a poco a poco assume le tinte di una tragedia greca, che però avendo come protagonista il Cardo fa ridere senza riserve. C’è molto mare in questa avventura, e il Cardo si trova più di una volta in angolini elevati con o senza vista, volente o costretto. C’è sempre Ribò che arriva a salvarlo nei momenti più difficili, come la cavalleria nei western, o Superman con Lois Lane. Chi risolve il mistero ovviamente è il Cardo, e alla fine scopriamo che sotto il suo aspetto di cassonetto dell’immondizia troppo pieno batte un cuore capace di empatia e di compassione. 

Molto spazio è dedicato alla descrizione dell’ambiente in cui vive il Cardo, gli avventori della bocciofila, le puttane, i papponi, i tipi che ci girano intorno, perché de Cardo fabula narratur, e la costruzione del personaggio e del suo entourage ha forse più importanza del plot stesso. Il Cardo, giunto qui alla sua sesta avventura, è in effetti un’invenzione geniale. Sornione, inverosimile, parla come un libro stampato, esprime sentimenti sfumati e complessi continuando a ripetere che lui non sa, non conosce niente, dice solo quello che ha sentito da Ribò. È una strizzata d’occhio continua tra autore, protagonista e lettore, tutti impegnati a far finta di crederci, e in questo sta il fascino del personaggio, come un Clark Kent che sotto il doppiopetto grigio lascia continuamente trasparire il costume da Superman, senza mai smettere di accumulare paradossali ed esilaranti manifesti della schifezza: L’ho sempre detto che bisogna andarci piano con l’igiene. Cominci per scherzo, lavandoti la faccia, poi magari arrivi addirittura a farti il bagno, e in un attimo arrivi a fare una carneficina.