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mercoledì 3 maggio 2017

Meglio i lombrichi o l'uva sultanina? Fredrik Sjöberg, Il re dell'uvetta

Lo scrittore, biologo, entomologo, traduttore, critico letterario e giornalista svedese Fredrik Sjöberg riprende in questo Il re dell'uvetta la fortunata formula di L'arte di collezionare mosche, che ho apprezzato moltissimo. Procedendo in parallelo ma concedendosi ogni sorta di divagazione, parentesi, andirivieni temporali, ricostruisce la vita di Gustav Eisen e parla di sé, delle proprie esperienze infantili e adolescenziali di entomologo. Dire in due righe chi è Gustav (o Gustaf, o Gustavus) Eisen, nato a Stoccolma nel 1847 e morto a New York nel 1940, è impossibile: entomologo (esperto di lombrichi), salvatore di alberi (a lui è dovuta la fondazione del Sequoia Park in California), agricoltore, importatore di vitigni di uva sultanina, collezionista, scopritore del Santo Graal, esperto di fichi e tessuti maya, pittore, scrittore e storico della letteratura, appassionato di occultismo, e chi più ne ha più ne metta.    

Non essendoci una trama precisa non c'è pericolo di fare spoiler se nomino qualche particolare o episodio che si incontra lungo l'incantevole passeggiata che l'autore ci induce a fare: vi imbatterete nel coleottero cieco che porta il nome di Hitler e ha costretto le autorità slovene a mettere guardie armate all'ingresso delle grotte carsiche in cui vive, esplorerete i giardini sotterranei costruiti in California da un agricoltore italiano in terre troppo dure per poter essere coltivate in superficie, imparerete molto sulle casette per uccelli e sulle lampade adatte per la caccia ai surfidi, sulla Biennale di Venezia del 2009 dove le mosche di Fredrik Sjöberg vengono esposte fianco a fianco con le opere di Tom of Finland, e così via. Quel che è certo è che non sono né la varietà né l'interesse a scarseggiare durante la lettura.  

Il re dell'uvetta è un libro esigente perché si presenta come una svagata chiacchiera mentre in realtà è una densissima miniera di aneddoti e di informazioni, che richiedono notevole attenzione. Apparentemente curat de minimis, che forse così minima non sono. Fredrik Sjöberg dev'essere una persona molto simpatica, ironica e anche discreta, curiosissima di tutto (e questa è la caratteristica che apprezzo di più).  E' un libro estremamente amichevole, ma inadatto per chi soffre di un deficit di attenzione e anche per quelli che i libri li divorano, che vogliono leggere "tutto d'un fiato". Ci vuole capacità di seguire parola per parola, riga per riga, senza lanciare il cuore oltre l'ostacolo né l'occhio verso la conclusione, e godersi la colta, divertente, arguta e caleidoscopica compagnia di un collezionista di surfidi. 
Bella traduzione di  Fulvio Ferrari.

martedì 18 agosto 2015

La felicità è una trappola di sei metri: Fredrik Sjöberg, L'arte dicollezionare mosche

Raramente mi è capitato di imbattermi in un libro più adatto alla vacanza di questo, che pure non è un giallo né un rosa ma una sorta di divagazione tra i ricordi e le riflessioni sulla vita di un entomologo (anzi, collezionista di surfidi, e solo quelli) svedese, ex giramondo che vive in un'isola dell'arcipelago di Stoccolma e odia i viaggi. Non farò a "L'arte di collezionare mosche" il torto di definirlo incantevole (aggettivo che quando mi ci imbatto in una recensione mi fa scappare a gambe levate) ma lo è, e l'incanto è dovuto alla serissima svagatezza, all'ironia, curiosità e simpatia umana con cui Fredrik Sjöberg si accosta ai colleghi entomologi e alle loro variabili originalità. 

Tra tutte spicca la figura di René Malaise, massimo esperto di tentredinidi (qualunque cosa siano), giunto alla fama in giovane età per una spedizione nella Kamchatka in cui aveva individuato centinaia di nuove specie di insetti (e mi ha fatto sognare l'idea di un tempo, e un paese, in cui si diventava famosi per motivi simili) e per l'invenzione della trappola per mosche che porta il suo nome. L'autore ne ricostruisce la vita attraverso pochi e sparsissimi indizi, con  pazienza da entomologo e intuito da archeologo cerca parenti, vecchi articoli in riviste scientifiche e periodici dedicati alle follie dei collezionisti, ne ipotizza le traversie amorose e matrimoniali, fino all'ultima trasformazione in collezionista d'arte dove inseguitore e inseguito in qualche modo si confondono. Ma sono molte le figure che si incontrano in queste pagine, da Bruce Chatwin a Edward Lawrence a Milan Kundera, ai turisti che non vogliono credere che i surfidi, massimi esperti di mimetismo, siano mosche e non vespe, fino allo studioso finlandese che barava tagliando le ali degli insetti per aumentarne il numero di battiti al minuto, alla cilena incontrata casualmente in aeroporto o ai familiari dell'autore, che immaginiamo sullo sfondo a reggergli il retino, ironici e pazienti come lui. 

Insomma un gran bel libro che consiglio a tutti, da portarsi in vacanza per seguirne il ritmo divagante, intelligente e gradevole, e anche per tenere le distanze da quello che talvolta si riesce a lasciarci alle spalle partendo - l'amore, la politica, il denaro, le tentazioni - per entrare nel magico mondo degli insetti e di chi li colleziona perseguendo lentezza e rispetto dei propri limiti. Non le farfalle, per carità, troppo facile, ma tentredinidi e surfidi, che si catturano col retino ma anche con la gloriosa e mitica trappola di Malaise di sei metri. 
La scorrevole traduzione è di Fulvio Ferrari.