lunedì 31 gennaio 2022

Quando si trova un gioiello inaspettato: Chingiz Aitmatov, Melodia della terra. Giamilja e Il Battello Bianco

La segnalazione di oggi è un po' speciale, per molti motivi. Il primo è che rivela la mia ignoranza - prima di imbattermi, poche settimane fa, in un suo romanzo che ha stimolato la mia curiosità, soprattutto perché non avevo mai letto niente di uno scrittore kirghiso, Chyngyz Ajtmatov non l'avevo mai sentito nominare. Eppure ha scritto moltissimo e ha raccolto una massa di onorificenze e premi davvero impressionante, ma a mia discolpa posso dire che è stato pochissimo tradotto in italiano, e inoltre deve avere sofferto della diffidenza verso gli autori russi non dissidenti. In ogni caso Chyngyz (o Chinghiz, si trovano parecchie traslitterazioni differenti in rete) Ajtmatov, nato in Kirghizistan nel 1928 e morto in Germania nel 2008, che scriveva indifferentemente nella sua lingua natale o in russo, mi ha davvero incantato e così, dopo avere letto Il battello bianco (1970) ne ho cercato un altro e mi sono imbattuta in Melodia della terra. Djamila (1958). Due romanzi che riescono davvero a traportare lontano, in un altrove insieme esotico e di semplicità universale. Due romanzi incantevoli, che vale assolutamente la pena di (ri)scoprire. 

I motivi di interesse sono principalmente dovuti all'ambientazione - la foresta, il fiume, la steppa, selvatici ma non minacciosi. Siamo al tempo delle collettivizzazioni, il lavoro è continuo e faticoso ma non solitario, anzi, sempre condiviso. Il villaggio è in realtà un agglomerato di due, tre case, in cui il passato nomade convive con le novità della collettivizzazione, la vita è legata alla tradizione malgrado il kolkhoz e i rapporti tra gli abitanti seguono tracce antiche. I personaggi sono bellissimi: nel Battello bianco il protagonista è un bambino abbandonato dai genitori che coltiva il sogno poetico e doloroso di raggiungere il lontano lago Ysyk dove potrà vedere il battello che un giorno gli riporterà il padre, e cresce sotto la protezione del nonno Momun, buono e paziente in un mondo di maschi aggressivi come la guardia forestale, rozza e violenta, e insegna al nipote l'antica teologia della Madre Cerva dalle Ramose Corna... Poi c'è il racconto di Sert, pittore che ricorda la sua adolescenza in un isolato villaggio accanto a una diga, si è innamorato di Djamila, donna coraggiosa pronta a svolgere un lavoro da uomo e a infrangere tutte le regole legate all'essere donna, prima di tutto innamorarsi e tradire il marito soldato in guerra, vista dagli occhi pieni di ammirazione dell'artista cui rimane il rimpianto di non averla ritratta nel suo momento di maggior audacia.

Le vicende sono narrate in modo semplice, disadorno, lineare, senza compiacimenti ma estremamente accattivante, e si snodano tra il realismo della vita dura e delle prepotenze del potere, e un vago colore fiabesco che come una nebbiolina avvolge luoghi e persone. Vanno giù come un bicchiere di acqua fresca e lasciano in bocca un sapore squisito.

Melodia della terra. Djamila e Il battello bianco sono più che raccomandati. E' molto che non mi imbattevo in libri così evocativi e soprattutto lontanissimi dai best seller piacioni e pianificati che impazzano di questi tempi.      

 




lunedì 24 gennaio 2022

Un libro per chi ha coraggio, immaginazione e capacità di scoprire nuove realtà: Massimo Citi, S.L.A.: DUE STORIE DA UN ALTRO TEMPO

Massimo Citi, S.L.A.: DUE STORIE DA UN ALTRO TEMPO

Una lettura imperdibile per chiunque ami lasciarsi stupire e trascinare in mondi e situazioni inquietanti, lontane dalla realtà in cui ci muoviamo ma nello stesso tempo talmente ancorate a questa medesima realtà da permetterci di credervi e riconoscerla. In questo caso specifico, S.L.A.: due storie da un altro tempo di Massimo Citi, aggiungeteci il fascino dell'ambientazione e della scrittura.

Nel primo racconto, Zero, una storia di Futura, si dipana la storia veloce e enigmatica di De Grada, che ha inizio a Futura, nata come città del lavoro, morta dopo una decina d'anni per opera di un Progresso che aveva preso vie molto diverse e trasformata in un luogo piuttosto pericoloso. De Grada vi si reca per affari e si trova a assistere a uno spettacolo davvero particolare, un'esibizione erotica di "lenci", cioè di bambole manovrate da un operatore. Non vado avanti per non spoilerare, ma il protagonista fa alcuni incontri inquietanti e si trova a dover individuare la natura di chi gli sta intorno. L'impresa non riesce facile perché, come ci dice l'autore, in mezzo a noi ci sono gli SLA: "In italiano li chiamano automi, in tedesco selbstleitende automaten o SLA. SLA hanno molti impieghi potenziali. La loro esistenza è un segreto, nessun esercito li impiega, nessuna azienda li acquista o li vende. Non si confondono ancora con gli esseri umani ma i loro gesti sono già fluidi, i loro sorrisi sono possibili. Non diversi dai sorrisi di circostanza di un vicino di casa che incontriamo in ascensore o di un vecchio signore che lascia il passo a una donna incinta. Sembrano mediocri, esattamente come noi, distratti, concentrati su qualcosa di molto importante. Sono i primi membri di una nuova, definitiva Festung Europa. Si prenderanno cura dei nostri figli: servi invadenti che diventeranno indispensabili. Camminano a passi regolari, seguono il tracciato segmentato delle luci notturne della città. I loro movimenti scandiscono il tempo, i loro percorsi sono una linea spezzata. Nel silenzio delle stanze notturne si può immaginarne il passaggio, vederli mentre percorrono – instancabili – le vie che sono state tracciate per loro. Non devono spaventare: bisogna essere affascinati, ammirati, stupiti che siano possibili e che siano già nati. Con le loro menti senza ombra, il dono di soffermarsi su un solo pensiero per volta. Bis-bis-nipoti degli automi settecenteschi sono nati e si sono sviluppati per obbedire a un sogno che cerca di esorcizzare se stesso."  


Il racconto si svolge in un mondo alternativo e ucronico, secondo le parole dell'autore, in cui gli avvenimenti non corrispondono a quelli che conosciamo, ma conviene tenersi sul pezzo perché Zero, una storia di Futura è parte integrante di un progetto narrativo più ampio al quale Massimo Citi sta lavorando da qualche tempo, e sarebbe un vero peccato perdersi le puntate successive.

Altrettanto enigmatico e basato su incontri inaspettati e interrogativi angosciosi sulla natura delle persone incontrate è Olimpia e il Turco, di ambientazione bellica e militare con personaggi dotati di un fascino sfuggente. Veloce e pieno di suspence, acchiappa il lettore, lo stupisce e in poche pagine lo restituisce alla realtà. 

Insomma un libro molto insolito che vale assolutamente la pena di scoprire, perché è importante uscire a volte dalla nostra comfort zone per affrontare nuovi mondi, esercitare l'immaginazione e il coraggio, soprattutto se a accompagnarci è uno scrittore del valore di Massimo Citi.