
La lettura non mi ha delusa, anzi.
Dimenticate Far West, diligenze e indiani, saloon e stivali, avventurieri e medici ubriaconi. Qui c'è solo lavoro, fatica disumana, stanchezza, miseria, rapporti difficili, delusione. Nel primo racconto, Una storia dal Wisconsin, Howard, che ha fatto fortuna a New York come attore, torna nel paese natale, alla fattoria dove sono rimasti la madre e il fratello Grant, e si scontra con il rancore, l'ostilità di Grant
Quello che non cambia e rimane sempre magnifico è il paesaggio, fatto di cieli dorati e fiammeggianti, di colline verdissime e campi sterminati, di fiumi che scorrono veloci e boschi impenetrabili. Le macchine agricole hanno un che di minaccioso e spietato, seguirne la forza e l'implacabile energia spacca braccia e schiene, mentre le fattorie sono misere e spoglie, neanche le case offrono il piacere e il conforto che gli uomini si conquistano spezzandosi le reni sulla terra.
Anche le donne lavorano, sono creature spesso senza voce né volto, o coraggiose e tenaci come e più degli uomini, ma il loro destino è la cura degli altri, mai di se stesse. L'amore non è indispensabile, come dimostra Tra i filari di granoturco, o deve affrontare ogni sorta di difficoltà come nel tragico e patetico Il ritorno del Soldato. I sogni sono limitati e anche quando si realizzano, come nel racconto Il viaggio della signora Ripley, è solo del ritorno alla normalità che vale la pena di parlare. Nella strada secondaria ha un finale positivo, aperto su un futuro da affontare con ottimismo, ma non è difficile immaginare le difficoltà che dovranno affrontare i protagonisti.
In ogni caso le storie sono esili e contano relativamente, quello che colpisce e affascina è la descrizione di questo mondo rurale fatto di schiene chinate, mani callose, piedi pieni di piaghe, facce rassegnate o disperate, circondato dalla natura meravigliosa e matrigna. Un libro strano che non deluderà gli amanti dei bei racconti e delle scoperte inaspettate.
Cura e traduzione, a dire il vero parecchio traballante e a tratti stramba, di V. Valentini.