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lunedì 27 maggio 2019

Interrogare se stessi per capire gli altri: Loris Maria Marchetti, Tappeto mobile

Riprendo il discorso a proposito di una raccolta di racconti, che come non mi vergogno di ripetere ad nauseam sono la forma letteraria che preferisco sia come scrittrice che come lettrice, di cui avevo già parlato: Tappeto mobile di Loris Maria Marchetti, poeta, saggista e narratore torinese. Ho avuto occasione di rileggerli per una presentazione cui ho partecipato, e la rilettura mi ha fornito molta materia di riflessione e approfondimento perché i racconti di Loris Maria Marchetti, oltre al piacere che offrono a chi li legge, sono anche pieni di spunti per cui se ne potrebbe parlare per ore. E i livelli di lettura sono molti. Dietro a ogni racconto c’è un io narrante che si interroga sull’identità dei personaggi o sulla natura dei loro rapporti, e soprattutto su se stesso, sulla definizione della propria identità. E' un libro molto raffinato, piccolo come dimensioni ma di grande impatto, che consiglio a tutti coloro che nella lettura non cercano solo la soluzione del solito delitto, ma sperano di trovare anche un'eco, forse persino una risposta ai tanti interrogativi che la vita ci pone continuamente. 

Per quel che riguarda la struttura, come ho già detto sono racconti in prima persona, ma l’io narrante è sempre anonimo. Talvolta attore, talvolta spettatore o ascoltatore, comunque non reticente, anzi prodigo di informazioni su di sé, sulla propria vita e sulle proprie convinzioni, non è difficile immaginarlo come un personaggio unitario anche se l'autore evita accuratamente di attribuirgli un nome. Molto sensibile al fascino femminile, attento alle donne che gli stanno intorno, in Colonna sonora ci mette a parte di ciò che pensa sull’amore, dal che possiamo dedurre che dietro al suo apparente disincanto da dandy sabaudo e molto borghese si nasconde un cuore romantico e passionale. Soffermandoci su ogni racconto, al di là dell'intreccio quasi inesistente e del procedere in apparenza svagato della voce narrante, si scopre un sostrato profondo e una costruzione studiatissima. A questo proposito, particolare e sorprendente è il ribaltamento che spesso avviene in maniera così sottile e raffinata da diventare chiaro solo a una seconda lettura. Possiamo dire che il tema centrale è l’identità, e la ricerca della verità sulle persone e sulle relazioni tra persone.

Il primo dato, quello che colpisce di più a una lettura “di svago”, forse, è la scrittura preziosa. In un momento di sciatteria e approssimazione linguistica come quelle di oggi, la sua prosa si distingue immediatamente. E’ una prosa dichiaratamente, volutamente e sontuosamente letteraria, che non teme periodi lunghi, subordinate e un lessico ricercato e preciso, in questi dieci racconti in cui l’autore inanella lacerti della memoria, piccoli brandelli di ricordi.

Poi l’atmosfera e i personaggi. Gli intrecci, l'ho già detto, quasi non esistono o sono pretesti per esercitare quello che a Loris Maria Marchetti interessa di più, cioè l’analisi dei comportamenti e delle persone con cui si trova a interagire, siano essi amici, colleghi, vicini di casa. E proprio qui Tappeto mobile rivela la sua natura più profonda: tutte le storie comportano dei disvelamenti, parlandoci della realtà come appare e poi di ciò che si capisce solo a posteriori, delle persone che non sono mai quello che appaiono, dei segreti nascosti sotto la facciata di ognuno, cercando di ricostruirne il senso attraverso le intermittenti epifanie della verità, scrutando quel tanto o quel poco che emerge del grande mistero che ognuno nasconde in sé, nel profondo, coprendosi con la menzogna o semplicemente perché è incapace di mostrasi come è. Nella seconda lettura si evidenziano la struttura, i ribaltamenti, i personaggi che si trasformano, si nascondono, cambiano nome, occultano informazioni fondamentali del proprio passato. Su questo concordo completamente con Loris Maria Marchetti, ciò che arriva ai nostri occhi spesso distratti (ma i suoi sono attentissimi e pieni di empatia) non è che una pallida ombra della realtà, sempre molto più complessa di quello che appare. E per fortuna che ci sono scrittori come lui, speleologi dei sentimenti, che con attenzione, umanità e sapienza scavano per portare alla luce tesori di inquieta raffinatezza.

Perché un’altra caratteristica che colpisce è l’empatia con cui sono descritti i personaggi. Non ci sono personaggi negativi, meschini o cattivi, i lati oscuri hanno sempre una loro ragion d’essere che l’autore cerca e trova, nella sua indagine acuta e precisa. L’analisi psicologica è profonda e particolareggiata, non c’è sfumatura di sentimento o pensiero che sfugga alla lente d’ingrandimento dell’io narrante sempre anonimo ma sempre centrale, o almeno presente, in tutte le vicende.
L’atmosfera è sovente quella di un passato ricordato con cura ma non nostalgico, c'è una Torino sparita, luoghi, abitudini e ruoli analizzati, sviscerati, ricostruiti con acribia e profonda umanità, cercando cause e spiegazioni, gesti minimi, tic rivelatori e sofferenze nascoste. Ci sono spesso andirivieni tra passato e presente, ricostruzioni di un mondo sparito ma vivido, mai descritto in modo compiaciuto o ridicolizzante come purtroppo usa adesso, in romanzi che credono di ricostruire un ambiente (il tipico “ho fatto moltissime ricerche”), mentre si limitano a mettere in fila luoghi comuni e banalità. Qui non c’è la costruzione di un fondale ma la comprensione di una realtà lontana nel tempo, senza nessun cedimento alla retorica della nostalgia.
Il titolo Tappeto mobile si riferisce proprio al fatto che le storie narrate vanno dagli anni '50 agli anni '90 del '900, scivolando verso l'oggi come la vita.

Poi, i personaggi femminili. Ci sono le ragazze, le donne (molte) che suscitano l'attenzione dell'io narrante, sempre pronto a interrogarsi su parole e comportamenti propri ed altrui, in particolare femminili. Su tutto si stende una patina di lontananza, che in certi momenti fa sospirare où sont les filles d'antan, ma poi con un robusto colpo d'ala si torna all'oggi. Il narratore analizza, scruta i rapporti uomo-donna interessandosi soprattutto al margine, al punto in cui si incontrano, che impedisce di dare una definizione netta e rigida al rapporto distinguendo tra amore, amicizia, passione. Ci sono le rose che non colsi - forse: ma l’io narrante si interroga su quello che avrebbero da dire le rose, come in Il vernissage, Il vizio di Guido Laurenzi, Colonna sonora. Tra le figure di donne si distingue l’amica (con cui intrecciare la bella amicizia) dall’amore furioso, analizzate e scorporate in mille dettagli e sfumature, in un collage di caratteristiche femminili: l'eleganza, la bellezza, la snellezza, la signorilità, i capelli, sono le immagini un po’ stereotipate (ma pronte a essere rimesse in discussione da un sogno erotico) secondo le quali ogni donna viene catalogata.

Nel primo racconto, Il compagno Rodolfo, si parla di ragazzini. Il narratore, invitato a casa da un compagno di classe dell'alta borghesia apparentemente amico, si trova sottoposto a uno scherzo crudele. E crudele è anche la vendetta finale dell’autore. Apparentemente è un racconto infantile, venato di crudeltà sia da parte del carnefice che da quella della vittima. L'esperienza è di quelle che tutti abbiamo sperimentato prima o poi, e che si capiscono molti anni dopo… la vita è costellata di questo tipo di delusioni.

I cancelli di Mirafiori è sicuramente il mio preferito. Il protagonista è Giovanni Pairetta, ex carabiniere ora guardia giurata ai cancelli della Fiat, marito della portinaia dello stabile borghese in cui abita il narratore, uomo del fare, leale e dedito al lavoro, l’Illustrato Fiat sempre in tasca, sa fare tutto con le mani ed è sempre disponibile a aiutare i ragazzini. Rappresenta l'epitome di Torino com’era prima della disgregazione anche sociale portata dalla sparizione della civiltà industriale. Quando va in pensione impazzisce, e non si riprende più. Con pochi tratti e un solo personaggio Loris Maria Marchetti ricostruisce una città, i suoi valori che sembravano eterni in questo apologo sulla fine di un’epoca. Il suo valore è sia individuale che storico.

Una famiglia è un'indagine a posteriori su una famiglia di vicini, di cui in realtà l’unica visibile e conosciuta era la moglie, fedifraga ma non chiacchierata. Un mistero, personaggi quasi fantasmi, sfuggenti, anomali su cui l'autore si interroga per ricostruirne il significato.

Il corteggiamento di una ragazza cui l’io narrante non sa sottrarsi ma sopporta con fastidio è il nucleo di Letterature comparate. Durante un ballo al Circolo degli Ufficiali, assistiamo alla salutare reazione della ragazza che lo manda a stendere alla fine. E se la cava benissimo senza di lui, sembra dire la conclusione.   

Brivido nero ha una struttura talmente raffinata che a una prima lettura non si coglie (o almeno non l'ho colto io) il parallelismo, o la specchiatura, tra le due trame che si intrecciano, e i due personaggi principali: entrambi diversi, anzi opposti, a quello che si crede che siano (Cristazza la pazza in realtà una bravissima ragazza, anonima e banale, scambiata per un caso di omonimia, e Umberto-Carlo depresso non per carattere ma per una terribile esperienza che ha appena vissuto, entrambi chiamati con soprannomi legati alla loro identità fittizia, entrambi accomunati dalla paura irrazionale per il nero, persona o animale, simbolo sempre di qualcosa di oscuro nascosto non nel simbolo stesso ma nell’interno del personaggio, entrambi scoperti-conosciuti dall’io narrante per un avvicinamento casuale, dovuto alla paura di cui si diceva) insomma una specularità perfetta e così ben nascosta da richiedere molta attenzione per essere riconosciuta come lavoro di costruzione. Comunque godibilissimo anche se ci si ferma al mero dato narrativo.   

Il caso e la memoria producono un effetto positivo per l’amico Leonardo in Il dono di Mnemosine, ambientato all'epoca dell'inaugurazione del primo ristorante cinese a Torino. qui dominano le figure femminili in particolare Maria Beatrice la tappabuchi, che ha tutte le doti ma è bruttina.

Un’irruzione in casa del narratore da parte di vigili del fuoco che vanno a salvare la vicina impazzita che vuole suicidarsi è lo spunto iniziale di Il pianoforte di Rah’el Ornstein. I due sono accomunati dalla musica e dalla solitudine di lei, che sovente lo va a trovare. Lei è una pianista sublime, lui appassionato di musica, ma Rah'el non accetterà mai di suonare in sua presenza. Così come, lei viennese ebrea, non accenna mai alle sue vicende durante la seconda guerra mondiale. E quando esce dalla clinica apparentemente guarita, si trasferisce in Israele ma rimpiange il suo pianoforte.

Il vernissage: di nuovo personaggi che non sono chi dicono di essere, neanche nel nome. qui, con una giravolta abilissima, abbiamo due narratori interni. Al vernissage di una mostra di Jacopo Ginevra, il pittore viene riconosciuto come Lorenzo Valli da una donna molto attraente. Un flashback ci spiega di quando si erano conosciuti, lui adolescente e lei bambina. Molto gustosa la presentazione del critico trombone. Non sapremo niente circa il motivo del cambio di nome, ma c’è di nuovo il rovesciamento di identità e due figure femminili contrapposte, l’attraente, nuova, bella Letizia, e la timida, fedele, devota, effacée Elisa, che, non si sa quanto contenta del suo ruolo, sta sullo sfondo con dedizione.

Il narratore di Il vizio di Guido Laurenzi, si interroga, a distanza di molto tempo, sul motivo per cui  al collega Laurenzi piacevano solo le bionde longilinee con i capelli lisci anche se aveva una moglie tutta diversa. Quando in ufficio arriva Aurelia, molto più giovane, Guido perde la testa e la corteggia finché lei si rivolge a un collega bello, elegante e playboy che le dà un consiglio arguto e efficace. Aurelia poi si sposa ma Guido perde il pelo ma non il vizio, come verifica il narratore in un casuale incontro in piazza san Babila. Sullo sfondo la figura di un'impiegata sposata con prole, che non ha bisogno di consigli per trarre vantaggi dai suoi capelli biondi e lisci.

Colonna sonora è una lunga lettera a Lavinia. Questo è il testo più particolare e anche rivelatore. La lettera è iperdettagliata nell’analizzare una possibilità di sentimento girando e rigirando ipotesi, sottigliezze, sfumature, possibilità, interrogativi. Non ci sono fatti né intreccio, solo possibilità emotive e esistenziali messe sotto una lente d’ingrandimento, ma qui si rivela pienamente il senso del continuo interrogarsi e interrogare del narratore: la sua domanda fondamentale non è chi sei tu, ma chi sono io. Ma a questa domanda, naturalmente, Lavinia non sarà in grado di rispondere.

Infine due parole su una precedente opera di narrativa:
Raffinatissima operazione di ricupero del ricordo e delle ondivaghe passioni dei vent'anni, Le imperfette quadriglie d'agosto di Loris Maria Marchetti si pone come una danza, appunto, fatta di avvicinamenti e allontanamenti, repulsioni e attrazioni, all'interno di un gruppo di ragazzi in vacanza a Milano Marittima negli anni '60 del secolo scorso. Sullo sfondo di miti, comportamenti, musiche e aspettative tipiche di quegli anni, l'esile vicenda di Eliana e dell'io narrante si dipana a passo di danza in una prosa elegantissima, sorvegliata con la cura e la sapienza dei classici, senza nessun cedimento alla retorica della nostalgia, attraverso un'analisi continua dei moti del cuore, quasi prustiana per precisione e complessità.


giovedì 12 luglio 2018

Il narratore speleologo: Loris Maria Marchetti, Tappeto Mobile

Oggi una raccolta di racconti di un autore contemporaneo, caratterizzato dalla ricercatezza della scrittura e dalla profondità dell'analisi psicologica, Tappeto mobile di Loris Maria Marchetti. Poeta, saggista e narratore, in questi dieci racconti Marchetti inanella lacerti della memoria, piccoli brandelli di ricordi rivestiti di un linguaggio sontuosamente letterario, che non teme periodi lunghi, subordinate e un lessico ricercato. C'è il passato, c'è una Torino sparita, luoghi, abitudini e ruoli analizzati, sviscerati, ricostruiti con acribia e profonda umanità, cercando cause e spiegazioni, gesti minimi, tic rivelatori e sofferenze nascoste.

Si parla di una cena al primo ristorante cinese di Torino, in via Goito, che avrà un profondo impatto sulla vita di due persone, dell'apparenza che inganna e i fatti veri, le differenze sociali e la Nemesi, la Fiat mamma e matrigna (in uno dei racconti più riusciti, I cancelli di Mirafiori). Ci sono le ragazze, le donne (molte) che suscitano l'attenzione dell'io narrante, sempre presente in tutti i racconti ma reticente e misterioso. Su tutto si stende una patina di lontananza, che in certi momenti fa sospirare où sont les filles d'antan, ma poi con un robusto colpo d'ala si torna all'oggi. Spesso il narratore si interroga sulla vera natura dei sentimenti nutriti dalle ragazze nei suoi confronti (Letterature comparate), sulla vera natura di una ragazza dalla fama usurpata (Brividi neri), sulla vera natura del sentimento forte ma indefinibile che lo lega a un'amica di lunga data (Colonna sonora), persino sulla vera natura dei rapporti coniugali di una coppia di vicini (Una famiglia) cercando di ricostruirne il senso attraverso le intermittenti epifanie della verità, scrutando quel tanto o quel poco che emerge del grande mistero che ognuno nasconde in sé, nel profondo, coprendosi con la menzogna o semplicemente perché è incapace di mostrasi come è.

Su questo concordo completamente con Loris Maria Marchetti, quello che arriva ai nostri occhi spesso distratti (ma i suoi sono attentissimi e pieni di empatia) non è che una pallida ombra della realtà, sempre molto più complessa di quello che appare. E per fortuna che ci sono scrittori come lui, speleologi dei sentimenti, che con attenzione, umanità e sapienza scavano per portare alla luce tesori di inquieta raffinatezza. Come raffinato è questo libro, piccolo come dimensioni ma di grande impatto, che consiglio a tutti coloro che nella lettura non cercano solo la soluzione del solito delitto, ma sperano di trovare anche un'eco, forse persino una risposta ai tanti interrogativi che la vita ci pone continuamente.   



venerdì 22 dicembre 2017

Consigli per gli acquisti natalizi: bei libri da regalare agli amici. Adriana B. Ferrari, Loris Maria Marchetti, Darinka e Desy, Anna Maria Dalla Torre, Paola Gamna, Mariagrazia Nemour, Roberto Turolla

Qui alcuni libri consigliatissimi, più che consigliati; tutti, se non sono in vetrina nella libreria sotto casa, facilmente reperibili in rete in versione cartacea quindi non ci sono scuse. Se siete arrivati fin qui siete capacissimi di trovarli. Sono diversissimi, quindi in grado di soddisfare ogni tipo di gusti. Allora.

Cominciamo con Strade paralLele di Adriana B. Ferrari. Più di 400 pagine di poesie appassionanti come racconti e altrettanto limpide, che riuniscono sotto un unico titolo i cinque già pubblicati e alcuni inediti di un'artista, oltre che della parola, anche del collage. Grande maestria metrica e stilistica, che spazia dall'endecasillabo all'haiku all'acrostico, e un continuo, lucido e ludico ragionare con se stessa e con un "tu" sfuggente e sempre presente: Che fossi tu quello che nel passare - / avevo solo diciannove anni - / una sera ha lanciato un impietoso / "Brutta!"? No, inverosimile, sapendo, / conoscendoti adesso come sei...

 
Raffinatissima operazione di ricupero del ricordo e delle ondivaghe passioni dei vent'anni, Le imperfette quadriglie d'agosto di Loris Maria Marchetti si pone come una danza, appunto, fatta di avvicinamenti e allontanamenti, repulsioni e attrazioni, all'interno di un gruppo di ragazzi in vacanza a Milano Marittima negli anni '60 del secolo scorso. Sullo sfondo di miti, comportamenti, musiche e aspettative tipiche di quegli anni, l'esile vicenda di Eliana e dell'io narrante si dipana a passo di danza in una prosa elegantissima, sorvegliata con la cura e la sapienza dei classici, senza nessun cedimento alla retorica della nostalgia, attraverso un'analisi continua dei moti del cuore, quasi prustiana per precisione e complessità.





Altrettanto prezioso Salva con nome di Paola Gamna, sottotitolo Manualetto di scrittura di memorie familiari. E' una tentazione di molti raccogliere e scrivere le memorie della propria famiglia, ma spesso il piacere della ricerca necessaria si scontra poi con la fatica di dar loro una forma narrativa. Il manuale di Paola Gamna fornisce gli strumenti necessari con grazia e ironia, dà indicazioni sulla scelta dei punti da sviluppare, con frequenti interessantissimi esempi presi da libri che, appunto, trattano la memoria. Infine nella sezione "MG" dà un esempio del suo metodo ricostruendo al figura del padre, e sullo sfondo, di una Torino borghese della seconda metà del novecento. E non manca un eserciziario, per i più diligenti.    
                 


 Con Un martedì di pioggia e altre storie di Lionello Capra Quarelli entriamo nel campo del noir, graditissimo ai lettori. Quattro inchieste del commissario De Nicola, ognuna un piccolo giallo perfetto che possiamo seguire dall'inizio alla fine nel breve spazio di una cinquantina di pagine. Il protagonista ha tutto l'armamentario necessario per diventare un eroe amatissimo, sia per il bell'aspetto e il carattere complesso che per i rapporti intriganti con la fidanzata Maria, collega all’Ufficio Stranieri, la bella PM Enrica Risso e una vice ispettore in totale adorazione. L'ambiente è sempre Torino declinata in tutte le sue sfumature. Veloci e privi di compiacimento, ci portano nel cuore del delitto e poi si affidano alla lucida intelligenza di De Nicola per risolverlo.  




E per riprendersi dalle emozioni del crimine, niente di meglio che Le profumiere di Darinka e Desy, dove Darinka Mignatta, pittice, illustratrice e fumettista, e Desy Icardi, attrice, scrittrice, cabarettista, umorista, blogger (https://patataridens.wordpress.com/) si scatenano in un perfido e divertentissimo manuale scientifico e sistematico in cui le profumiere vengono analizzate, catalogate e inchiodate alle loro (tremende) responsabilità. E chi sono le profumiere? Quelle che non la danno mai ma, secondo la ben nota espressione, la fanno spesso annusare. In pratica tutte le stronze: qui si analizza ogni categoria di femmina terribile, quelle da cui è meglio scappare lontani. Darinka e Desy ci offrono uno strumento per riconoscerle facendoci divertire alle loro spalle, vendicandoci di tutte le volte che ci hanno fregato con la loro abilità di fragranti gattemorte.    




Adattissime al Natale le Favole in Piemonte - Masche, esseri fatati e creature magiche di Anna Maria Dalla Torre, illustrate da Fernanda Dalla Torre, sorella dell'autrice. Si sa che in Piemonte circolano numerosi esseri magici e ci sono parecchi luoghi fatati, propizi agli incontri misteriosi. Qui fiabe e leggende vengono gradevolmente variate e storicizzate, dando nomi precisi ai luoghi e spesso anche ai protagonisti, che sotto la trasparente deformazione dei loro nomi sono perfettamente riconoscibili. Contro i loro soprusi combattono i piccoli, gli umili, aiutati dalle creature magiche, spesso anche animali, sempre pronti a dare una mano (o una zampa) a chi è in difficoltà. Oltre alla tradizione orale le fiabe si rifanno ai modelli letterari di Guido Gozzano e Edoardo Calvo, che dal folklore hanno tratto ispirazione.
 

Tutt'altro che favole sono quelle di cui parla Mariagrazia Nemour in Bianca non era a Shatila. Qui siamo nel Canavese, ma non si tratta di un piccolo mondo antico: lo sguardo è aperto sul vasto mondo e i problemi che lo dilaniano oggi, immigrazione e razzismo e integrazione, Palestina e islam, ma anche un amore difficile e coraggioso e ricordi della Resistenza e della guerra, passione per il Toro e le Alpi, la famiglia e i nuovi abitanti delle valli, insomma la vita di oggi con tutte le sue difficoltà e le sue bellezze. Lieve malgrado gli argomenti e profondamente sincera, la penna di Mariagrazia Nemour ci racconta sommessamente la storia di Veronica, Kais, Bianca e molti altri.  




Dieci racconti sul tema del buio di Roberto Turolla, con prefazione di Massimo Tallone e postfazione dell'autore. Premessa indispensabile: Roberto Turolla è un non vedente dalla nascita. E per usare le parole di Massimo Tallone, il non vedente "come fa a costruire un mondo di oggetti mentali che corrisponda a quello dei vedenti?". La risposta è una sola: "la letteratura è il patrimonio di immagini mentali condivisibile tra vedenti e non vedenti". Attraverso la letteratura Roberto Turolla, liceo classico e una laurea magistrale in letteratura, filologia e linguistica italiana, si è creato il patrimonio che gli ha permesso di scrivere i racconti in cui dieci personaggi (in parte immaginari in parte storici o cinematografici) si trovano in situazioni estreme in cui la luce manca del tutto, protagonista e autore condividono la medesima situazione e il lettore non percepisce altro. Il risultato è che "Qui ci sono soltanto due protagonisti: un autore e un libro".