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lunedì 28 giugno 2010

César Aira, Ema, la prigioniera

Finalmente ho potuto leggere un po' quello che mi capitava, seguendo i suggerimenti del piacere e del caso. Ho cominciato con un libro che tenevo lì da un bel po', Ema, la prigioniera di César Aira, edizione originale del 1981, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1991. Siccome non avevo mai sentito nominare l'autore, ho fatto una piccola ricerca e ho scoperto che questo scrittore argentino, nato nel 1949 a Coronel Pringles in provincia di Buenos Aires, è estremamente prolifico (più di cinquanta libri pubblicati tra romanzi, racconti e saggi), e ha una grandissima influenza sulla scena letteraria del suo paese. In Italia, oltre a questo libro, ho trovato Come diventai monaca, che quando uscì (2007) ebbe alcune recensioni che ricordo vagamente, e Il mago, entrambi usciti da Feltrinelli. Questo romanzo è veramente singolare. Di grande fascino, attira il lettore per pagine e pagine prima che si cominci a rendersi conto che c'è qualcosa che non quadra. Ambientato nell'Ottocento, racconta di un gruppo di militari e forzati che viaggiano per mesi verso un luogo di confine, lontanissimo e remotissimo, quello stesso Pringles che, cercato sulla carta geografica, risulta non molto distante a Buenos Aires. Nella prima parte si parla di un ingegnere francese che poi sparisce, e nella seconda la Ema del titolo diventa protagonista. I militari sono soprattutto dei beoni senza fondo, e anche violenti con i forzati che trasportano su carretti, per non parlare delle donne sempre incinte e trattate peggio che stracci da scarpe. Attorno ai bianchi si muovono gli indiani, via via sempre più importanti e presenti, che sono una delle invenzioni più fantastiche del romanzo: una specie di popolo di dandy, che pensano tutto il tempo all'eleganza, a dipingersi il corpo e i capelli, a bere di tutto, a fare il bagno, a osservare un'etichetta rigida, a fare gite senza motivo in posti strani, a accoppiarsi, suonare e farsi ammirare. Sia gli indiani che il misterioso colonnello Espina del forte di Pringles battono moneta con cui cercano di invadere le nebbiose lontananze in cui vivono. Ema poi è una specie di albero, di pesce guizzante, che sopravvive a tutte le trasformazioni cui la vita la costringe sposandosi a caso con chiunque incontri e accumulando bambini finché alla fine mette su un allevamento di fagiani destinato a diventare un grande business. Il punto che per me è stato fondamentale, dove ho capito che dovevo abbandonare la necessità di sapere se le storie che Aira mi raccontava avevano una pretesa di realismo o erano pura fantasia sganciata dalla verosimiglianza, dalla logica, persino dalla coerenza narrativa, è l'incontro della truppa in marcia con branco di otarie: chiamate les chiennes e descritte come veltri scheletrici e elegantissimi con lunghe code e niente orecchie, con gambe lunghe e andatura sgraziata, be', sono stata costretta a andare a consultare le immagini di google per avere la conferma che le otarie sono tutte diverse, assomigliano solo alle foche di cui sono parenti strette. E Aira, serafico, fa dire al tenente Lavalle: Sono piuttosto decorative, indubbiamente. Lei non ci crederà, ma appartengono alla stessa famiglia delle foche. Non ha visto che non hanno le orecchie? Una simile spudorata indipendenza dalla realtà e questo abbandono all'immaginazione, fantastico e attraente nelle descrizioni dei paesaggi, delle persone, delle ragioni irragionevoli delle azioni, funziona meno bene nei dialoghi che sovente sono tentati dall'elucubrazione filosofica e dalla frase a effetto con risultati piuttosto noiosi, oppure sono io che sono pochissimo propensa alle idee astratte e non ho avuto la pazienza di cercare un significato là dove apparentemente non ce n'è.
Bisogna sicuramente avere voglia di abbandonarsi all'immaginazione, alla sospensione dell'incredulità, essere ben disposti a lasciarsi stupire, ma questo è un romanzo (benissimo tradotto da Angelo Morino, nientemeno) che può affascinare e soprattutto è diverso, diversissimo dalla solita minestrina che ci fornisce l'editoria. Non dico che ne vorrei tutti i giorni ma vale senz'altro la pena di inoltrarvisi, come in una terra davvero straniera e aliena ma ricca di attrattive esotiche.

venerdì 27 novembre 2009

Una fantastica scrittrice per un libro fantastico: Silvia Treves, Sarà ieri

Qualche nota in margine all'uscita del romanzo di Silvia Treves Sarà ieri, per i tipi delle edizioni CS_libri. La prima cosa da dire è: finalmente! Silvia è scrittrice troppo brava per restare negli steccati delle antologie e meritava da molto un "libro tutto per sé". L'espressione è logorata dall'uso ma mi pare adatta. Il libro è bello, leggetelo e basta. E' una storia fantastica, in tutti i sensi. Parla di una donna che vuole uscire di casa per conquistarsi una "stanza tutta per sé", uno studio in cui poter lavorare con tranquillità, lontana dalla quotidianità domestica. E lo trova, non in una villa fatiscente né in un condominio neogotico, ma in un normalissimo palazzo di città. Qui comincia la parte "fantastica". Senza sangue né orrore, senza magie, incantesimi, ectoplasmi o esseri maligni. I fantasmi ci sono, ma sono nella mente della protagonista e fino alla fine non potremo distinguere tra realtà e suggestione. La via attraverso la quale si manifestano è concreta, materiale, visibile a tutti eppure piena di inquietudini: oggetti abbandonati e raccolti, relitti di vite passate, abat-jour, foulard, tazze, poltrone... e qui si vede la maestria della scrittrice e anche, secondo me, la vera natura della letteratura fantastica, che se è autentica suscita brividi attraverso le parole, le sfumature, ciò che si intuisce più che ciò che si vede e si tocca. Silvia Treves prima ci immerge nell'atmosfera polverosa ma normalissima di un appartamento di città poi ci fa tremare il terreno sotto i piedi, ci scioglie le ginocchia, ci toglie il fiato per la buia insicurezza creata con tocchi impercettibili ma pieni di efficacia. Questo secondo me è fantastico per tutti, nel senso che anche quei lettori che davanti all'etichetta recalcitrano, storcono il naso, possono leggere Sarà ieri con la sicurezza di non incontrare baracconate vampiresche né fatucchiere new-age. Solo solida, genuina buona letteratura.