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martedì 10 aprile 2018

Incontro con l’autore al Teart: Germana Buffetti dialoga con Consolata Lanza


Cari amici di TeArt
Mercoledì 18 aprile 2018
Ore 17,30
TeArt, via Giotto 14

Gli anni al sole e altre storie

Nell’ambito dell’iniziativa “Incontro con l’autore” Germana Buffetti dialoga e presenta Consolata Lanza    


Consolata Lanza vive e lavora a Torino. Ha pubblicato D’amore e no, Tracce 1996, Il gioco della masca, Filema 1997, Est di Cipango, Filema 1998, Ragazza brutta, ragazza bella, Filema 2000, Irene a mosaico, Avagliano 2000, La lametta nel miele, Filema 2005, Lei coltiva fiori bianchi, C_Slibri 2008, La trilogia delle donne virtuose – La santa, La sorella, La sposa, Progetto Alga 2010, Gli anni al sole, Buckfast 2016, Il cuore in ballo, Buckfast 2017; tutti i suoi libri si trovano anche in versione digitale. Suoi racconti sono comparsi su riviste o in numerose antologie, tra cui La mia città senza grazia, Empirìa 2005, Le figlie di Cthulhu, Centro Studi Lovecraftiani 2009, HOTell, Storie da un tanto all’ora, Whitefly Press 20015, Over60 (Elmi’s World 2016), Fata Morgana, Leggendaria e altre. Dal molti anni collabora con ALIA, antologia di letteratura fantastica. Ulteriori notizie si possono trovare sul suo blog di recensioni letterarie Anaconda Anoressica.
 


sabato 8 luglio 2017

Una bella lettera di Giuseppe Giordano, autore di "Santa Ilde di Porta Palazzo", a proposito di "Gli anni al sole"

Giuseppe Giordano, autore di Santa Ilde di Porta Palazzo, mi ha mandato una bella lettera a proposito di Gli anni al sole che voglio condividere


Per  CONSOLATA  LANZA

Come vedi, sono arrivato fino a pag. 249.
Prima di tutto, complimenti!
E adesso, se posso permettermi, un mio commento.
È, però, un commento non da specialista. Non sono un critico letterario, non ne ho le capacità, è quindi il mio commento è tutto d’istinto, di testa, e anche di cuore.
Confesso che nella prima parte di lettura mi ero un po’ perso, e anche spaventato. Di fronte a ‘misteriose donne velate’, ‘confessioni in punto di morte’, ‘parenti perduti e poi ritrovati’, ‘documenti di famiglia che appaiono e ricompaiono’, e compagnia bella, ho visto aleggiare le grandi ombre di Balzac, Flaubert, Dickens ecc. e ho avuto paura.
Poi, all’improvviso, ecco che tu mi ha teso una trappola e io ci sono cascato: laddove citi il primo verso, in greco, dell’Iliade che, una volta, obbligavano a mandare a memoria.
Ti giuro, erano più di cinquant’anni che quel verso era sepolto in qualche strato profondo della mia memoria e, di colpo, mi sono trovato a scorrere le righe del tuo romanzo mormorando quelle vecchie parole: Menin aeide thea… ecc. ecc.
Da quel punto in poi, la lettura è stata più che scorrevole, piacevole, e posso dirlo?, divertente.
Svanite quelle pesanti ombre, tuffato nell’azzurro cobalto (come la copertina) di Chios, la musica è cambiata.
E, quindi, tra i pasti, le cene, i giardini, la campagna e il mare, ho cominciato a sentire in sottofondo arie rossiniane (‘L’Italiana in Algeri’), e perché no?, anche mozartiane.
E qui mi viene in mente la scena in cui sulla piccola isola di Inusses si spande la falsa notizia dell’imminente terremoto e tutti gli abitanti scappano alle barche lasciando sull’isola soli soletti Alain e Markela.
Tutta la scena è da Opera Buffa rossiniana: al posto dell’isola ho percepito soltanto un fondale dipinto, sembra di sentire il coro che canta: ‘Alle barche! Alle barche!’, un crescendo rossiniano che poi cala pian piano, mentre le barche s’allontanano; poi, i violini riattaccano quando appare Markela, tutta stordita di sonno e di libidine.
Esotismo lirico ed esotismo pittorico.
E, così, pagina dietro pagina, mi son venuti in mente Ingres, Delacroix, Bagno Turco, Donne di Algeri, le odalische, tutto l’Oriente delle ‘Turcherie’, i romanzi di Thrasso Castanakis.
E a proposito di Castanakis, la scena delle 6 coppie (+ 1 spaiato) di reclusi omosessuali sulla panca della cella l’ho trovata esilarante oltremodo e m’ha fatto venire in mente un altro romanzo (ricordo solo il titolo: Portiere di Notte, l’autore ci vinse il Premio Formentor nel 1968, altri tempi!). Trama semplice: un uomo e una donna vivono avventure esotiche e paradossali, ma tutto come strisce di fumetti, tipo Pentothal di Paz.
Una di queste strisce è ambientata a Smirne, in un locale-bordello (stile Totò le Mokò), dove c’è una certa panca con efebi in attesa di ricchi commercianti.
E verso il finale il divertimento è stato ancora più intenso.
L’arrivo nel porto di Chios del grande yacht olandese Freya è stato proprio un gran finale mozartiano (‘Il Ratto dal Serraglio’), non solo perché il tuo finale (come quello mozartiano) non è da ‘E tutti vissero felici e contenti…).
Infatti, m’è sembrato che l’esperienza per l’Amore del tuo IO Narrante sia piuttosto un conflitto tra vita vissuta e regole che ci sovrastano.
O meglio, un incontro-scontro tra ciò che nella vita è possibile e ciò che è probabile. Cioè, una ricerca di equilibrio fra questi due poli. In fondo, è ciò che fa Mr Roland alla fine, come già fa Selim Pascià nel finale mozartiano, permettendo agli amanti di lasciare il Serraglio.
Questo mi ha suggerito la tua cabaletta finale: ‘Maledetta Eva e la sua mela e benedetto il loro dolce seno…’
Nel finale del tuo romanzo si ritrova un gustoso connubio di Opera Buffa e Commedia dell’Arte. Nelle ultime pagine, infatti, dentro quella limpidezza sensuale, quasi uno sfondo di acquerelli
veneziani (o goldoniani), non c’è la presenza di un arlecchino, quanto piuttosto l’invito, sotteso ma intrigante, a saltare nel tempo, a saltare ai nostri giorni. E, quindi, la riflessione su com’era un certo Oriente e com’è diventato ai nostri giorni.
Mi si può accusare di non aver saputo cogliere il sociale, il politico, l’ideologico (inglesi, francesi, turchi, greci, i padroni del mondo e i proletari del mondo eccetera eccetera). Ma io ho gustato (passami ancora il termine) il tuo lavoro proprio come un’Opera Buffa, un film d’avventura, una fiction televisiva a puntate.
E, qui, sarebbe da fare una riflessione ancora più articolata. Fossi un produttore televisivo ti comprerei i diritti d’obbligo per un lavoro sul piccolo schermo.
Ma non vado oltre. L’argomento è molto attuale e controverso e merita tempo, disponibilità, ricerca.
Spero che al prossimo nostro incontro sia possibile riparlarne.   
 
                                                                                                   Giuseppe Giordano

P.S.:
Ultima riflessione: la stampa, la carta, i caratteri, la copertina è tutto OK, un vero piacere per la vista.
  

sabato 9 luglio 2016

Una bella recensione di Margherita Giacobino a "Gli anni al sole"



 Ecco la bella recensione che Margherita Giacobino ha scritto a proposito di Gli anni al sole, uscita sul numero 172 di Leggere Donna, luglio-agosto-settembre 2016

GLI ANNI AL SOLE

L’ultimo romanzo di Consolata Lanza, Gli anni al sole, ha il profumo del mare dei fiori e delle spezie ed è un viaggio dell’immaginazione e dei sensi nel passato di quell’angolo del Mediterraneo che è l’isola di Chios, a ridosso della costa turca. La storia si svolge nella seconda metà dell’Ottocento e ha per protagonista Alain, un giovane francese che le vicende familiari hanno reso precocemente adulto e responsabile; chiamato al capezzale della madre morente, riceve da lei una lettera da consegnare a una misteriosa sconosciuta, di cui si mette alla ricerca.
            
             Comincia così una vicenda che ci condurrà da Parigi a Londra a Chios, e che vedrà Alain cimentarsi con i temi eterni dell’amore, l’amicizia, il sesso, il potere, il lavoro, la responsabilità, attraverso una serie di incontri, di avventure e di enigmi. Un po’ romanzo di formazione un po’ feuilleton, per riprendere la definizione stessa dell’autrice, ma entrambe le forme rivisitate con un linguaggio attualissimo, con una mano felice e lieve che gioca con i topoi letterari volgendoli a esiti tutt’altro che scontati, e soprattutto con l’originalità di sguardo e la nitidezza di stile che sono le cifre di Consolata Lanza.
             
             Grande viaggiatrice, Lanza ci porta con sé nel passato di un luogo amato, Chios appunto, e nella sua storia reale a cui si intrecciano le vicende immaginarie dei personaggi. Il viaggio, nello spazio e nel tempo, è il primo nucleo ed elemento fondante del romanzo, ne percorre tutta la trama ed è presente in ogni pagina: viaggio dalla fredda Europa del nord verso il sole del Mediterraneo, alla scoperta di luoghi, lingue, costumi diversi, e di sé attraverso il contatto con queste diversità. Viaggio come esperienza sensoriale, immersione nei rumori, colori, odori dell’isola con le sue cittadine, le case dei ricchi mercanti, le fertili campagne fiorite, le feste, i canti, i balli, il cibo, il vino. Viaggio dalla gioventù alla maturità, passando per gli incontri e per la solitudine, per la terra e per il mare. Viaggio come cifra principale della narrazione: nella prosa di Lanza tutto ha la freschezza del taccuino di un viaggiatore incantato, in cui grandi trame e piccoli episodi si accostano, e soltanto dopo sapremo metterli in prospettiva; e non sappiamo mai, noi lettori che seguiamo il protagonista nel suo cammino, cosa ci aspetta dietro l’angolo, se il profumo del gelsomino, una visione fuggente di bellezza, o un imprevisto pericolo.
             
                Il secondo grande nucleo, e materia viva del romanzo, sono le donne. Attorno ad Alain si muovono presenze femminili molteplici ed esigenti: le sue sorelle lontane, per le quali prova affetto e nostalgia, e un senso di responsabilità dal cui peso a volte si sente sopraffatto; le tre sorelle Kalojannis, figlie di un ricco mercante di Chios, che lo affascinano con le loro personalità e lo coinvolgono nelle loro trame; l’accogliente prostituta Sula, tra le cui braccia trova rifugio, e infine la bella olandese Saskia, che lo ricondurrà verso il Nord. Donne come mistero: sono loro la fonte principale di tutti gli enigmi in cui Alain si imbatte; e donne come turbativa del limpido mondo maschile. La vita delle donne si svolge, nel Sud ancor più che nel Nord, in modo nascosto e marginale, il loro carattere, per quanto forte, deve piegarsi alle convenzioni o almeno fingere di farlo, quindi il loro potere non può agire se non tramite l’inganno, la finzione o la manipolazione.                    
             Donne come avventura, corpo indocile che sfugge alla legge del padre, sussulto di libertà che introduce l’imprevisto. Così, di sghembo, attraverso lo sguardo di Alain, i desideri le trame e le trasgressioni delle donne balzano in primo piano e diventano motore dell’azione:
            ‘Donne, donne, donne! Non ne potevo più di quei loro corpi indocili e fecondi, della loro capacità di scompigliare le carte all’ultimo momento. Non volevo più essere sorpreso da nessuna donna. E possibilmente neanche essere coinvolto nei loro torbidi misteri… Portatrici di disordine perpetuo, incidenti nel luminoso mondo degli uomini.’
             
             E poi c’è la gioventù. Tutti i personaggi principali sono giovani, impegnati in un loro travagliata ricerca di libertà e di felicità. Gioventù come baldanza, fisicità che si fa palpabile: il corpo giovane e sano di Alain e quelli imperiosi e desideranti delle donne che lo circondano ben si accordano con i colori accesi dello sfondo su cui si muovono. La gioventù diventa materia di scrittura nella continua evocazione della bellezza e sensualità dei luoghi e nell’intensità delle esperienze sensoriali: l’energia del protagonista, la sua fame felicemente placata e felicemente risorgente, la curiosità e la noia, la pienezza e la nostalgia.
            Viaggio, donne e gioventù si intrecciano in un racconto fitto di imprevisti e di enigmi. Che trovano la loro soluzione a tempo debito, ovvero quando noi lettori, incalzati dalla trama e avvolti negli incantesimi di un Mediterraneo che è già quasi oriente, ce li eravamo quasi dimenticati. E tutto finisce con un colpo di scena magistrale, un calar di sipario che la storia fornisce alla narratrice, e che naturalmente non si può svelare.
             
             Uscire da sé, farsi trasportare in mondi lontani, sono richieste che da sempre i lettori rivolgono ai libri; Gli anni al sole le soddisfa felicemente fino all’ultima pagina. Anche noi, come Alain e tramite lui, respiriamo l’aria carica di fragranze e di odori, vibrante di suoni, sferzata dal vento e impregnata di salsedine. E insieme a lui camminiamo ‘con la bocca spalancata, come per inghiottire ogni briciola che quella favolosa terra mi offriva generosamente.’


Margherita Giacobino


Consolata Lanza, Gli anni al sole, Buckfast Edizioni, Torino 2016 - pagg. 248 € 16,00




           

mercoledì 15 giugno 2016

Ancora a proposito di "Gli anni al sole": una lettera di Anna Maria Dalla Torre




Dall'amica scrittrice Anna Maria Dalla Torre ricevo questa bella lettera:



Cara Consolata, ho letto Gli anni al sole d'un fiato e poi l'ho riletto, perché mi è piaciuto molto.
Così (pur non avendo alcuna familiarità con Facebook) sono andata a vederne la presentazione che però non mi ha convinto del tutto. Certo, ciascun testo può assumere poi una molteplicità di significati anche indipendentemente dall'intenzione dell'autore!
Io ho letto e gustato il libro come fosse il sogno del giovane Alain Roland, un sogno dominato dal senso della precarietà dell'esistenza, fin dall'inizio, con quell'emblematica fabbrica degli zolfanelli, destinata all'incendio, sulla Via del Ponte rotto, e con il motivo ricorrente dell'attesa del terremoto, su uno sfondo che presenta i mutamenti della storia. Non mi sarei stupita di trovare alla fine  una riga del tipo: "Alain, finalmente! Hai sognato per sei notti!"
L'ansia di afferrare la vita ("voglio godere, voglio dimenticare la morte, dicevano i nostri corpi con le ultime febbrili energie"), i "brividi di solitudine" e le fantasie, il senso del dovere e i sensi di colpa, l'orgoglio e l'autocommiserazione, il desiderio di amicizia e gli impulsi distruttivi sono momenti in cui ciascuno di noi, uomo o donna, può riconoscersi, e trovo questo studio psicologico  uno dei pregi del libro.
 
La tematica femminista mi pare meno centrale.
Le donne sono viste con l'occhio di Alain e non è detto che lui veda sempre giusto. Io non le giudicherei tutte determinate e consapevoli di quello che vogliono, a parte il fatto che su tutti, uomini e donne, si esercita l'ironica tirannia del destino, da Melissa al "tronfio e sbrigativo" Wordsworth venuto a Chio per licenziare Alain, giusto in tempo per il terremoto.
Vertici della narrazione le pagine dedicate al cataclisma, con il rapporto Alain-Markela, del cap. VI; le pagine intensissime dedicate alla prigione del cap. XI con l'antitesi tra il modo di rappresentarsi e di autoassolversi di ciascuno e la rappresentazione altrui, e quelle dedicate alla creazione artistica, del cap. XV.
 
Dimenticavo la bellissima copertina! L'asino di fronte al mare: ciascuno di noi di fronte al mutevole infinito.
Giudico Gli anni al sole veramente  bello e ricco. Senza dimenticare Mezza anguria, naturalmente!
Ciao. Complimenti!
Anna Maria