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lunedì 25 giugno 2018

Angelica tra stelle e gomitoli: Elena Grecchi parla di Il cuore in ballo

L'amica Elena Grecchi parla di Il cuore in ballo sul suo blog LaGrecchi - Stelle, trame e gomitoli

Che tipo è una ragazza di vent’anni al giorno d’oggi? Di quelle che vivono da sole, laureate con centodieci e lode e dignità di stampa, fanno la ballerina e per mantenersi anche ogni altro genere di lavoro? Se avete voglia di scoprirlo dovete leggere Il cuore in ballo di Consolata Lanza, Buckfast Edizioni.
Con una prosa allegra e molto ironica Consolata ci porta nel mondo di Angelica e sembra di cadere indietro nel tempo, quando si era più magri, più disponibili e la cosa più importante in assoluto era “la compenetrazione di due anime” o una scopata fantastica come sintetizza un personaggio del libro!
In questo romanzo allegro e leggero seguiamo le vicende di Angelica, per lo più amorose, e l’eterno dilemma tra scelte di vita stabili e concrete e il colpo di testa.
Mi chiedo se la scelta del nome sia una citazione di Angelica, personaggio creato da Anne e Serge Golon protagonista di una serie di libri ambientati in Francia al tempo del re Sole e resa celebre dai film tratti dai romanzi. Anche questa Angelica aveva una vita sentimentale piuttosto intensa…
Consolata ha uno stile ritmato, molto ironico e ci consente di distrarci dal nostro presente almeno per qualche minuto se non per qualche ora, se volete conoscerla meglio vi consiglio di seguire il suo blog, Anaconda Anoressica, con un nome così non vi viene voglia di andare a vederlo?

https://lagrecchi.it/

martedì 17 aprile 2018

Bolzaretto Superiore e la vita quotidiana, un'acuta analisi di "Il cuore in ballo" di Giuseppe Giordano

Oltre a essere uno scrittore piacevolissimo e decisamente originale, Giuseppe Giordano è anche un lettore molto attento, capace di osservazioni sorprendenti per acutezza e personalità. Ecco le parole che ha gentilmente dedicato a Il cuore in ballo.
Bolzaretto Superiore, of course



Per Consolata Lanza  - IL CUORE IN BALLO


Ho letto con vivo interesse il tuo Il cuore in ballo. I motivi sono svariati e cercherò di spiegarli nelle righe che seguono.
Righe che non sono note di critica letteraria (forse l’avevo già detto: non ho qualità di critico), ma riflessioni, sentimenti, pensieri vari. E ti prego di accettare questi pensieri per come mi sono venuti alla mente.

Principalmente, un sentimento d’invidia, sin dalle prime pagine, per il tuo Bolzaretto Superiore, trasfigurazione e sublimazione delle stesse radici di chi scrive.
Invidiabile la tua fantasia. Brava!
Diversi autori hanno creato paesi del genere. Qui, se me lo permetti, mi viene da pensare a Faulkner con la contea di Yoknapatawpha, luogo geograficamente inesistente in cui uomini e donne cercano di dare riposo e requie alle loro passioni e fatiche.

Anch’io (che, in fondo, confesso, non mi ritengo scrittore ma cronista) ho cercato, nel tempo, di crearmi un luogo del genere. Non ci sono mai riuscito, perché le mie radici sono state dissolte nel nemico-tempo.
A seguire, un’altra riflessione: Il cuore in ballo è il tuo secondo libro che leggo con profondo interesse e curiosità. Mi sono chiesto il perché. Non l’ho capito la prima volta con Gli anni al sole, penso di averlo capito con la lettura de ‘Il cuore in ballo’.
A mio modesto parere, ciò accade perché Consolata Lanza è una scrittrice-donna.

Cerco di spiegare ciò che, nella nostra letteratura, può sembrare una contorta ovvietà anagrafica.

Di solito, di fronte alla classe di coloro che scrivono è uso fare un calderone di quelli: tutti/tutte vengono considerati scrittori. Eppure, un’accurata ricerca di genere fa risaltare la differenza.
La donna che scrive – Morante, Ginzburg, Romano, Ortese, ma anche altre come le dimenticate Renata Viganò e Livia De Stefani – è una scrittrice che mette in scena la parola senza tirare subito in ballo l’Universale, l’Infinito, il Demiurgo, il Motore Immobile, il Marxismo e il Liberalismo. Cioè, la scrittrice si preoccupa di mettere in scena un dolore, un rimpianto, una perdita, un amore, il senso della meraviglia, e soprattutto la realtà quotidiana, affidandosi esclusivamente alla propria sensibilità. Sensibilità che è capacità di ascoltare anche chi non sembra avere diritto alla parola.
Così, il proprio cosmo familiare, e se vogliamo casalingo, coincide col cosmo più ampio, quello che sta oltre.

A questo proposito, ne Il cuore in ballo, alle pagine 156-157, l’io narrante costringe Angelica Gabrielli a rapide, sintetiche riflessioni – sono titoli di giornali – che scoppiano come fulmini estivi.
E per tutte le altre pagine, la scrittrice-donna crea un gioco abbastanza intrigante tra la voce narrante (‘grillo parlante’) e il personaggio Angelica, che si rincorrono e si confondono in un gioco liquido di rimandi. E vengono fuori personaggi e situazioni che riportano a quella realtà quotidiana accennata prima.
Così, a pagina 206 e seguenti, In memoriam, la storia di Toiu, lo scemo di paese che traversa la vita e il mondo senza prendere coscienza della stessa vita e del mondo e finirà per morire al Cottolengo; oppure da pagina 219, Rosa, rosso e argento, la paesana che vuole scoprire il mondo oltre Bolzaretto e finisce invece sui marciapiedi di corso Massimo a Torino. E, addirittura, la stessa Decembrina, presenza costante, sempre sullo sfondo a rappresentare un rifugio, un riparo, come se la stessa pietra fosse un contenitore della realtà quotidiana. A questo proposito, se non sbaglio, è stata Anna Maria Ortese a dire: chi scrive per sé ritorna a casa, sta bene (citazione forse imprecisa, ma il senso è quello).

Delicati e lirici, a tratti struggenti, sono altri episodi, come quello a pagina 167, Giuseppe detto Caramello, il trovarobe di Bolzaretto che girava ‘per cascine e paesi sul suo Ford Transit scassato’ alla ricerca di vecchi mobili e di vecchie fotografie di famiglie ormai scomparse; oppure, le varie pagine con gli amori di Ginni,di Amapola, dei due omosessuali Jerry il ballerino e Baldo il pizzaiolo. E ancora, a pagina 186, Una domenica di luglio, che potrebbe benissimo fare eco al film di Fausto Brizzi ‘La notte prima degli esami’.
Ma s’incontrano anche episodi al limite dell’iperbolico e/o del ‘pedagogico’, come a pagina 251, Lo scrittore e l’arcangelo Gabriele, dove lo scrittore Sebastiano Orlandi viene trasportato in volo dall’arcangelo Gabriele sopra i tetti di Torino e poi precipitato giù nelle acque gelide del Po.
Ma è a pagina 200 la sorpresa che mi ha riempito di sincera gioia.

Consolata Lanza ma che è successo? Tu ed io abbiamo giocato alla telepatia?
Infatti, tu per Il cuore in ballo, io per il mio ultimo lavoro, abbiamo usato lo stesso verso della medesima canzone: Amore amore amore, amore un corno(mi pare fosse Ombretta Colli a cantarla qualche decennio fa).
Per finire, un’ultima riflessione riguardante ancora la realtà quotidiana che nella letteratura di quasi tutto il nostro Novecento è rimasta sempre ai margini.
Ne Il cuore in ballo, tutte le pagine sono impregnate di realtà quotidiana, ma nell’economia della trama c’è un punto – pagina 184, capodanno del 2000 – in cui la scrittrice sembra aver tracciato un prima e un dopo, senza alcuno iato tra il XX secolo e il XXI.

Come se la scrittrice volesse dire: la realtà quotidiana del Novecento trasborda nel nuovo secolo, ma non rimane ai margini.
Qui terminano le mie confuse considerazioni, e per la mia congenita confusione ti chiedo scusa.
Certo, il discorso potrebbe continuare su temi scottanti come pubblicazioni, editori, pubblicità, mercato, diffusione, consumismo, cultura, politica e saloni e sagre e fiere e concorsi e premi letterari eccetera eccetera eccetera.
Ma per questi argomenti mi pesano le molte primavere che mi accompagnano.
E anche per questo continuerò a scrivere ma probabilmente non pubblicherò più.
Auguro a te e ad Angelica Gabrielli di poter uscire da questo oppidum nel quale siamo assediati.
Ciao,

                                                                                                      Giuseppe Giordano

 

 

domenica 7 gennaio 2018

Un regalo inaspettato e graditissimo: la recensione di Sergio Donna a Il cuore in ballo

Bolzaretto Superiore in tutto il suo splendore!

Oggi gran bella sorpresa con l'ottima recensione di Sergio Donna!

Il cuore in ballo, romanzo di Consolata Lanza
Buckfast Edizioni (Pecetto Torinese)
Anche in quest’ultimo avvincente romanzo, “Il cuore in ballo”, a cura di Buckfast Edizioni, tutto inizia e tutto si conclude a Bolzaretto Superiore. Perché Bolzaretto, toponimo creato dalla feconda fantasia di Consolata Lanza (scrittrice torinese che sa modellare molto bene le parole, forgiandole con sapienza e perizia, componendole in frasi d’armonica scrittura, legandole tra loro in fluide proposizioni e annodandole in paragrafi che invitano a procedere sempre con piacere e curiosità nell’intrigante lettura), Bolzaretto – dicevo – è davvero l’ombelico del mondo letterario di questa scrittrice. Se c’è un Bolzaretto Superiore, è perché – forse neppur troppo lontano – esiste anche un Bolzaretto Inferiore. Ma non ci interessa sapere dove la Lanza abbia davvero posizionato questo paesino della prima o seconda cintura torinese. Ci basta sapere che Bolzaretto è un paese ridente, fortunato, dove succede sempre qualcosa di insolito e di sorprendente, amenamente adagiato tra le prime falde della collina (altrimenti non avrebbe senso chiamarlo “Superiore”) e l’ampia pianura sottostante che si apresulla sponda sinistra del Po. Chè, tanto, noi Bolzaretto ce lo immaginiamo benissimo leggendo il libro, e ne ammiriamo il Castello, i freschi portici della Via Maestra con le botteghe antiche, i due caffè fumosi, la sagoma sveglia del suo parroco, don Ferruccio, avvolto nella cotta nera da prete, un po’ consunta, la voce stridula della sua perpetua, Porzia, e il canto in falsetto delle pie frequentatrici della Parrocchia. E ne distinguiamo il volto dei suoi abitanti, sempre un po’ pettegoli e diffidenti, come ancor oggi accade nei centri di provincia. Ma soprattutto, ne ammiriamo, incantati e ammaliati,la Donna di Pietra, la misteriosa Decembrina, scolpita in un capitello dell’antica parrocchia, sempre pronta ad offrire le sue spighe esoteriche e le sue uova di pietra a tutti coloro che ne scorgono, passando vicino, il suo volto monolitico, consunto dal tempo, ma fonte di ispirazioni, ricordi di storia, emozioni, tradizioni e profumi di pane e di fragranze di aie d’antan.
Ma non tutta l’azione si svolge a Bolzaretto, ovviamente. Qui nasce l’abbrivio di ogni azione, e qui finisce, ma l’onda del racconto si spande ad ampio raggio, tra una Torino di fine Novecento (dove ancora circola la lira e la tecnologia non ci ha ancora tormentato con i suoi tablet e con gli smartphone, e le auto più moderne sono le Dedra e le Clio), la Liguria, e persino al di là dell’Oceano. Largo respiro per questo romanzo, dove la protagonista, Angelica Gabrielli, ragazza ballerina di testa e di piedi, un po’ matta e ribelle, decisamente non conformista, ci rende partecipe delle sue insicurezze, delle sue aspirazioni, delle sue incertezze sentimentali e ce le fa vivere come fossero anche un po’ nostre.
Originale la tecnica narrativa adottata dalla Lanza di porsi in contatto diretto con la protagonista come se fosse la sua personale consigliera: la scrittrice le parla con affetto, talora con rassegnazione, spesso con preoccupazione quando le scelte della sua creatura letteraria si fanno azzardate e troppo rischiose, o quando il suo bisogno di autonomia e di amore la conducono in situazioni critiche e borderline.
Attorno ad Angelica (carnagione d’ambra, occhi neri, gambe lunghe e gomiti sporgenti) e alla sua “testa scarlatta” (capelli quasi tagliati a zero, tinti di rosso), ruotano amiche ed amici, amori, rapporti fugaci e clandestini, talora con risvolti che profumano di noir, desideri proibiti, scopate fugaci, occasionali, ripetute o prolungate. Un cast di co-protagonisti, come Amapola, Stella, Mariolina, Cherifa, Ginni e i suoi boys, e poi Luca, Leo, Damiano, don Ferruccio, Yasmine, un carosello di personaggi allegri, veri, giovani, simpatici o sinistri, mai noiosi, che rendono il personaggio principale, quello di Angelica, più umano e verosimile, e fanno di Bolzaretto il paesino ideale in cui ogni lettore vorrebbe davvero vivere.
Sergio Donna, 7 Gennaio 2018

(Nota dell'autrice, cioé io) E perché ognuno possa trovare Bolzaretto Superiore quando lo cerca, dirò che si trova nel triangolo formato da Moretta, Faule e Polonghera, anche se in realtà è nato a Carignano. E come dice l'incipit di Il gioco della masca, "Bolzaretto Superiore si trovava nella pianura più piatta, presso un'ansa del Po, e le montagne lo guardavano serenamente da lontano, loro sì infinitamente superiori alla punta del suo campanile e alla torre del castello". Bolzaretto Inferiore non esiste: sarebbe una contraddizione in termini, e la superiorità si spiega con il fatto che il paradosso è uno dei prodotti tipici del luogo.

sabato 9 luglio 2016

Una bella recensione di Margherita Giacobino a "Gli anni al sole"



 Ecco la bella recensione che Margherita Giacobino ha scritto a proposito di Gli anni al sole, uscita sul numero 172 di Leggere Donna, luglio-agosto-settembre 2016

GLI ANNI AL SOLE

L’ultimo romanzo di Consolata Lanza, Gli anni al sole, ha il profumo del mare dei fiori e delle spezie ed è un viaggio dell’immaginazione e dei sensi nel passato di quell’angolo del Mediterraneo che è l’isola di Chios, a ridosso della costa turca. La storia si svolge nella seconda metà dell’Ottocento e ha per protagonista Alain, un giovane francese che le vicende familiari hanno reso precocemente adulto e responsabile; chiamato al capezzale della madre morente, riceve da lei una lettera da consegnare a una misteriosa sconosciuta, di cui si mette alla ricerca.
            
             Comincia così una vicenda che ci condurrà da Parigi a Londra a Chios, e che vedrà Alain cimentarsi con i temi eterni dell’amore, l’amicizia, il sesso, il potere, il lavoro, la responsabilità, attraverso una serie di incontri, di avventure e di enigmi. Un po’ romanzo di formazione un po’ feuilleton, per riprendere la definizione stessa dell’autrice, ma entrambe le forme rivisitate con un linguaggio attualissimo, con una mano felice e lieve che gioca con i topoi letterari volgendoli a esiti tutt’altro che scontati, e soprattutto con l’originalità di sguardo e la nitidezza di stile che sono le cifre di Consolata Lanza.
             
             Grande viaggiatrice, Lanza ci porta con sé nel passato di un luogo amato, Chios appunto, e nella sua storia reale a cui si intrecciano le vicende immaginarie dei personaggi. Il viaggio, nello spazio e nel tempo, è il primo nucleo ed elemento fondante del romanzo, ne percorre tutta la trama ed è presente in ogni pagina: viaggio dalla fredda Europa del nord verso il sole del Mediterraneo, alla scoperta di luoghi, lingue, costumi diversi, e di sé attraverso il contatto con queste diversità. Viaggio come esperienza sensoriale, immersione nei rumori, colori, odori dell’isola con le sue cittadine, le case dei ricchi mercanti, le fertili campagne fiorite, le feste, i canti, i balli, il cibo, il vino. Viaggio dalla gioventù alla maturità, passando per gli incontri e per la solitudine, per la terra e per il mare. Viaggio come cifra principale della narrazione: nella prosa di Lanza tutto ha la freschezza del taccuino di un viaggiatore incantato, in cui grandi trame e piccoli episodi si accostano, e soltanto dopo sapremo metterli in prospettiva; e non sappiamo mai, noi lettori che seguiamo il protagonista nel suo cammino, cosa ci aspetta dietro l’angolo, se il profumo del gelsomino, una visione fuggente di bellezza, o un imprevisto pericolo.
             
                Il secondo grande nucleo, e materia viva del romanzo, sono le donne. Attorno ad Alain si muovono presenze femminili molteplici ed esigenti: le sue sorelle lontane, per le quali prova affetto e nostalgia, e un senso di responsabilità dal cui peso a volte si sente sopraffatto; le tre sorelle Kalojannis, figlie di un ricco mercante di Chios, che lo affascinano con le loro personalità e lo coinvolgono nelle loro trame; l’accogliente prostituta Sula, tra le cui braccia trova rifugio, e infine la bella olandese Saskia, che lo ricondurrà verso il Nord. Donne come mistero: sono loro la fonte principale di tutti gli enigmi in cui Alain si imbatte; e donne come turbativa del limpido mondo maschile. La vita delle donne si svolge, nel Sud ancor più che nel Nord, in modo nascosto e marginale, il loro carattere, per quanto forte, deve piegarsi alle convenzioni o almeno fingere di farlo, quindi il loro potere non può agire se non tramite l’inganno, la finzione o la manipolazione.                    
             Donne come avventura, corpo indocile che sfugge alla legge del padre, sussulto di libertà che introduce l’imprevisto. Così, di sghembo, attraverso lo sguardo di Alain, i desideri le trame e le trasgressioni delle donne balzano in primo piano e diventano motore dell’azione:
            ‘Donne, donne, donne! Non ne potevo più di quei loro corpi indocili e fecondi, della loro capacità di scompigliare le carte all’ultimo momento. Non volevo più essere sorpreso da nessuna donna. E possibilmente neanche essere coinvolto nei loro torbidi misteri… Portatrici di disordine perpetuo, incidenti nel luminoso mondo degli uomini.’
             
             E poi c’è la gioventù. Tutti i personaggi principali sono giovani, impegnati in un loro travagliata ricerca di libertà e di felicità. Gioventù come baldanza, fisicità che si fa palpabile: il corpo giovane e sano di Alain e quelli imperiosi e desideranti delle donne che lo circondano ben si accordano con i colori accesi dello sfondo su cui si muovono. La gioventù diventa materia di scrittura nella continua evocazione della bellezza e sensualità dei luoghi e nell’intensità delle esperienze sensoriali: l’energia del protagonista, la sua fame felicemente placata e felicemente risorgente, la curiosità e la noia, la pienezza e la nostalgia.
            Viaggio, donne e gioventù si intrecciano in un racconto fitto di imprevisti e di enigmi. Che trovano la loro soluzione a tempo debito, ovvero quando noi lettori, incalzati dalla trama e avvolti negli incantesimi di un Mediterraneo che è già quasi oriente, ce li eravamo quasi dimenticati. E tutto finisce con un colpo di scena magistrale, un calar di sipario che la storia fornisce alla narratrice, e che naturalmente non si può svelare.
             
             Uscire da sé, farsi trasportare in mondi lontani, sono richieste che da sempre i lettori rivolgono ai libri; Gli anni al sole le soddisfa felicemente fino all’ultima pagina. Anche noi, come Alain e tramite lui, respiriamo l’aria carica di fragranze e di odori, vibrante di suoni, sferzata dal vento e impregnata di salsedine. E insieme a lui camminiamo ‘con la bocca spalancata, come per inghiottire ogni briciola che quella favolosa terra mi offriva generosamente.’


Margherita Giacobino


Consolata Lanza, Gli anni al sole, Buckfast Edizioni, Torino 2016 - pagg. 248 € 16,00