martedì 23 ottobre 2018

L'occhio e il cuore di Istanbul: il fotografo Ara Güler e Orhan Pamuk, Istanbul


In occasione della morte del celeberrimo fotografo turco (di origine armena) Ara Güler, famoso come "l'occhio di Istanbul", pubblico una vecchissima recensione a un libro che ho più che amato a suo tempo (così come amo la città di cui parla), Istanbul di Orhan Pamuk (ed. orig. 2003, pubblicato da Einaudi nel 2006. 

A parte il ritratto (di cui non sono riuscita a trovare l'autore) tutte le foto sono di Ara Güler. A Istanbul è stato recentemente aperto un museo in suo nome, che penso valga davvero la pena di visitare. Se andate a Istanbul non perdetelo (insieme al Museo dell'Innocenza) e se amate questa città, non perdete Istanbul di Orhan Pamuk.

   








Staccarsi da questo libro è difficile come tornare da un viaggio di quelli che prendono i sensi, il cuore e il cervello. La città cui Pamuk dedica il suo corposo canto d’amore è un fantasma che può assumere le sembianze di qualsiasi città il lettore porti nell’angolo della sua memoria dedicato alla nostalgia. E’ costruita con la solidissima materia dei sogni e del rimpianto, ritratta in centinaia di fotografie e incisioni in bianco e nero, minuziosamente nominata nel repertorio di quartieri e di vie, percorsa a piedi, in macchina e in battello, auscultata e indagata nelle pieghe più fuorimano, eppure non è reale. Questa Istanbul bellissima e malinconica è Orhan Pamuk, che generosamente ci permette di condividere con lui il sentimento di una vita che si forma in un luogo universale.

Le parole chiave sono tristezza e felicità. Tristezza è sentirsi a metà del guado, testimoni del fallimento del grande impero ottomano di cui si perde la memoria come le sue rovine che si sgretolano per incuria, e incapaci di realizzare fino in fondo l’occidentalizzazione sognata da Atatürk. Pamuk, che in Neve rappresenta con agghiacciante efficacia le contraddizioni della Turchia contemporanea, in questo libro tiene l’occhio costantemente rivolto al passato, intrecciando i ricordi dell’infanzia (è nato a Istanbul nel 1952 e continua a viverci) e dell’adolescenza con i giudizi dei viaggiatori occidentali, come Nerval e Gauthier, le incisioni settecentesche del tedesco Melling, l’autorappresentazione degli scrittori cittadini “tristi e solitari”, le meravigliose fotografie di Ara Güler e quelle scattate dal padre. Da bambino assiste alle liti dei genitori e alla progressiva decadenza della famiglia. Da ragazzo percorre ossessivamente le solitarie stradine lastricate, “tristi e buie”, dei sobborghi, dove ancora sopravvivevano povere case di legno man mano sostituite dai palazzi di cemento. Corre a guardare gli incendi delle magnifiche ville signorili in legno, scoloriti e misteriosi relitti del passato imperiale, trascorre giornate a contare le navi sul Bosforo e ascoltarne i malinconici fischi nella notte. Legge sui giornali le notizie degli automobilisti che si inabissano nelle acque profonde dello stretto dopo avere lanciato un’ultima occhiata al cielo. Beve e scherza con gli amici per tacitare la tristezza. E la felicità? Quella sta nell’illusione, nel ricordo, nel sogno. Nella pittura fino al momento in cui il giovane Orhan riesce a dire alla madre (e sono le parole conclusive del libro): “Diventerò scrittore, io”. 

Non c’è colore locale, vagheggiamento, compiacimento, neppure indulgenza in questo ritratto della giovinezza di un autore e della decrepitezza di una città. Non è una guida, non si perde in notizie storiche e descrizioni di monumenti. C’è la forza trasfigurante di una scrittura limpida e precisa, capace di evocare una vita in una frase. C’è un elenco nel decimo capitolo, intitolato “Tristezza”, che riassume in modo meraviglioso un mondo, tutto quello che appartiene alla città e ne costituisce corpo e spirito. C’è la fiducia nella parola e nella memoria perché il passato non si perda e diventi il terreno fertile da cui può nascere un libro straordinario. 


lunedì 22 ottobre 2018

Donne insolite: Hiromi Kawakami, I dieci amori di Nishino, Adar Abdi Pedersen, In direzione del cuore, Letizia Frosi, Cercasi fidanzato disperatamente

Dieci donne parlano dello stesso uomo, conosciuto in momenti diversi, amato, non amato, sfiorato o osservato con attenzione. Le donne sono diversissime, dalla bambina curiosa dell'amico della madre alla donna in carriera autosufficiente e decisionista alla ragazza semplicemente innamorata. L'uomo è uno solo, spezzettato e cangiante come in un caleidoscopio, ma alla fine chissà se potremo dire di conoscerlo. Da Kawakami Hiromi, la magnifica autrice dello struggente La cartella del professore e di Le donne del signor Nakano, un romanzo lieve e curioso, di gradevolissima lettura. 




Tutt'altra storia quella che ci racconta Adar Abdi Pedersen in In direzione del cuore, Dalla Somalia alla Danimarca passando per l'Italia. Un libro fondamentale per chi vuole capire il mondo in cui viviamo non solo attraverso i telegiornali. La vita di una donna coraggiosa e tenace, come un lungo viaggio che dalla Somalia la porta a Torino e poi in Danimarca, combattendo contro un sistema di valori da cui vuole liberarsi, aiutando gli immigrati a integrarsi nella società europea, e vivendo tutte le contraddizioni di cui un simile percorso è disseminato. Da leggere per sapere e per capire, perché Adar non è e non deve essere sola, e la sua storia ci riguarda. 







Infine Clotilde, la protagonista di Cercasi fidanzato disperatamente di Letizia Frosi, si distingue nettamente dalle donne precedenti perchè è l'eroina di un tipico romanzo chick-lit e come tale se la cava benissimo. Ha ventisei anni, vive con la mamma, ha delle amiche un po' streghe un po' affettuose, è carina ma forse non ci crede, cerca l'amore ma combina pasticci... finché non incontra Riccardo, e da quel momento possiamo solo sperare e sognare e far progetti con lei. Che non ci delude, portandoci al finale divertiti e soddisfatti.

domenica 21 ottobre 2018

Buendia Books, la casa editrice che non c'era: due novità, Roberta Anau con "Sotto l'ala di Lilith" e Massimo Tallone, "Bartleby mi ha salvato la vita"

Nata da poco ma già ben piantata, robusta e vivace, ecco la nuova casa editrice torinese Buendia Books, nelle sue stesse parole una casa editrice indipendente che propone un “nuovo-vecchio modo” di far libri: una realtà editoriale che è anche artigianato, manualità, creatività e labor limae, un marchio che si prende cura di ciascuna opera, dalla selezione allo sviluppo dell’idea-progetto fino alla realizzazione e alla promozione.[...] Tumulto editoriale, sperimentazione, colore e voglia di qualità e leggerezza: questa è la Buendia Books, spiccate il volo con noi!
 

Ed ecco un paio delle novità imperdibili: nella collana le Fiaschette (che si presenta così: Le Fiaschette: libretti snelli, maneggevoli, economici, agili compagni di viaggio o di break. Adatti a contenere racconti da leggere… in due sorsi), Roberta Anau, autrice tra l'altro di Asini, oche e rabbini e Un'ebrea terra terra ci racconta tre donne veramente fuori dall'ordinario - Havà, Jonà e Rebecca, oltre a una civetta gialla che la sa lunga. Tre racconti veloci, profondi e lievi, legati alla sapienza biblica e alla cultura ebraica, che la penna esperta di Roberta Anau rende irresisitibili. 

Più corposo ma non meno leggibile il saggio di Massimo Tallone Bartleby mi ha salvato la vita. Con la caratteristica ironia e una profonda cultura letteraria, Massimo Tallone, messi da parte misteri sabaudi, satanismi vari e l'indimenticabile Cardo, ci insegna a curarci con i libri e a fare riferimento ai nostri autori preferiti per uscire dai guai e risolvere i momenti criti della vita, con 27 schede di esempi pratici - e scusate se è poco!

Quindi benvenuta alla Buendia Books, e occhio alla farfalla quando la incontriamo!

venerdì 12 ottobre 2018

Benvenuto a un nuovo arrivo: Gatta, Topina e Buon Anno, racconti fantastici e del margine, Buckfast Edizioni

Eccolo qui! appena uscito dalle rotative (se si chiamano così), fresco di stampa e caldo come un panino appena sfornato. Venti racconti fantastici, ironici o spaventosi, grazie a Buckfast Edizioni. E un grande grazie alla mia amica Liliana Lanzardo, autrice dell'immagine di copertina.
E per fa venire la voglia di leggerlo, ecco alcuni incipit. 

Gatta, Topina e Buon Anno
Stracchi come gelati in giugno, Massimo, Gigi e Fede trascinavano gli zaini sulle spalle ingobbite. Rassegnati. La testa tutta presa da quello che sarebbe successo dopo, al momento dolce della libertà, finita la visita didattica al Museo Egizio. La quinta nella loro carriera scolastica.
– McDonald’s a un isolato. Ce li avete i soldi, ragazzi?

Di un'apparizione mariana sulla Mole Antonelliana di Torino
Era il mese di maggio e gli antichi giardini olezzavano di rose e mughetti, lungo i vialetti di ghiaia ben pettinata sbocciavano timidi giacinti. Dove fossero gli antichi giardini, però, nessuno lo sapeva. Anche la città olezzava, di fitte cacche canine, di take–away cinesi, di gas di scarico, nei mercati salivano fragranze di olive piccanti, tome stagionate, pesce, sudore, aglio, menta. C’erano strade odorose di kebab e altre di cumino e coriandolo. Felafel e gyros, hamburger e patatine fritte, pizza ai quattro formaggi e curry, cioccolato e tigli in fiore. In molti angoletti, attorno alle panchine dei parchi, sui marciapiedi dei locali più allegri, nel folto dei ragazzi muniti di dreadlock e cani al guinzaglio aleggiavano volute di fumo inebriante. Una città profumata, puzzona, appetitosa e nauseante. Vicino al Po do-minava l’odore umido e marcio dell’acqua. Torino era in preda a una specie di trip allucinogeno del naso. Ai cittadini spuntavano canappie esagerate, le narici si allargavano fremendo e inalavano golose, imprudenti, gli stimoli indiscriminati. C’era chi ricordava ancora l’odore dell’aria di primavera, gli stessi che versavano una lacrima al pensiero del virile sentore di vino rosso e acciughe al verde nelle belle piole del tempo che fu.

La casa di vetro
Da quando vivo in una stanza di vetro, il mio cuore è talmente gonfio di aria, di gioia, di luce che so per certo come morirò. Quel muscolo felice scoppierà imbrattando le pareti, per la semplice, insostenibile pienezza.

Monemvassia
Il piacere di arrivare nel tardo pomeriggio, installarsi in una comoda camera d’albergo, fare una doccia e uscire con l’unica preoccupazione di scegliere il ristorante in cui cenare! Olimpia pensò che non se ne sarebbe mai stancata. Finché avrò gioventù, salute e soldi, fa’ che possa goderne, dio dei turisti oziosi. Mentre si spalmava di crema idratante per non spelare, mentre infilava un vestito allegro e una collana multicolore di frutti di plastica, i sandaletti rossi, gli anelli, non smise di guardare dalla finestra. C’era un fico proprio fuori nel cortiletto, e dietro si vedeva il mare agitato, scuro, illuminato da una luna ancora pallida sul cielo color indaco.

Regina
Per attraversare il viale con il buio, niente da fare, doveva aspettare che ci fosse qualcuno cui accodarsi. Non che non si fidasse dei semafori, ma preferiva non rischiare da sola. Fin da bambina aveva escogitato questo stratagemma per superare l’ansia delle due vaste carreggiate, la paura di scivolare, inciampare, cadere, sparire nelle ombre solcate dai fari.

Resurgam
A quell’ora qualsiasi isola era bellissima nello spolverio d’oro dei raggi ormai freddi. La barca scivolò nell’ombra della costa, in silenzio, senza quasi ferire l’acqua trasparente. Nella parete di rocce si aprivano bocche scure, non si riusciva a distinguere se erano vere e proprie grotte o semplici spaccature. Nessuno aveva voglia di parlare, i commenti morivano in gola nell’aria sospesa tra il giorno e la notte, ma quando la prua superò l’ultimo tratto di scogliera e sbucò nella baia ancora piena di sole tutti si rianimarono. Rocco, lo skipper, indicò il grande edificio che si ergeva come una fortezza.

Per amore di un topo
Siete mai stati innamorati di un topo? Alla mia amica Carlotta è successo, me l’ha raccontato lei stessa. Carlotta è una donna non più giovane ma molto attraente, dinamica, piena di interessi; insegna in un liceo, viaggia, è impegnata in un gruppo ecologista, organizza corsi di scrittura creativa per la terza età e prima che questa storia cominciasse aveva una relazione con un nostro comune amico, simpatico e ragionevolmente innamorato di lei. L’altro protagonista di questa storia, invece, è un topolino di campagna, minuscolo, di colore grigio chiaro e con una lunga coda sottile.

Una notte con Barbablu
Marina, arrabbiata e infreddolita, guardava con poca speranza la strada di campagna che si perdeva dietro una curva, dove le prime ombre si raccoglievano sotto una fila di pioppi. Quello era proprio un viaggio cominciato male. La sua amica Lauretta, con cui era partita, che cosa aveva pensato bene di fare se non filarsela con un motociclista conosciuto nel primo bar dove si era fermate a mangiare un panino? E non ha nemmeno il casco, pensò Marina. Spero che li fermino e gli diano una multa tale che lei sia costretta a tornarsene a casa stasera stessa. Spero che lui sia un maniaco sessuale e l’abbia violentata e uccisa in un bosco. Si pentì immediatamente di avere pensato una cosa simile e fece mentalmente le sue scuse a Lauretta. La multa era più che sufficiente. Poi quello stupido camionista che ci aveva provato e l’aveva costretta a scendere in piena campagna, nell’unica strada in tutt’Italia dove passava una macchina ogni mezz’ora. Mentre scendeva in fretta e furia il cellulare le era caduto dalla tasca dei pantaloni finendo schiacciato sotto una delle enormi ruote del camion... E stava anche cominciando a piovere.

martedì 2 ottobre 2018

Stephen King, Stagioni diverse: non c'è bisogno di fantasmi per fare paura se si è un grande scrittore

Io a proposito di Stephen King ho una teoria che la lettura di Stagioni diverse ha rafforzato. Premetto che non sono un'esperta, ho letto una minimissima parte della sterminata produzione di questo autore, e nemmeno i titoli più famosi. Però di questo mi sono convinta: Stephen King è un grande narratore, capace di creare atmosfere e personaggi più o meno inquietanti e angosciosi, del tutto convincenti e vividi, che lasciano una traccia profonda. Ha scritto l'eccezionale 22/11/63, che a mio parere basterebbe da solo a dargli fama. Non avrebbe nessun bisogno di introdurre fantasmi eccessivamente descritti come in Duma Key o mostri troppo concreti come in It, ma evidentemente la fama planetaria e le esigenze editoriali lo costringono talvolta a spiegare un po' troppo per i lettori testoni e portare a conclusione vicende complicate. Inoltre è un grandissimo scrittore di racconti, il che torna a tutto suo merito.

Questa raccolta di quattro racconti (tre lunghi, quasi piccoli romanzi, e uno più breve), ognuno intitolato a una stagione dell'anno, è del 1982, dopo il grande successo di Carrie (1973) ma ancora agli inizi della sua carriera, e non si appoggia a particolari effetti horror. Sono in realtà racconti straordinari, cui si può forse (ed esclusivamente) imputare una certa prolissità, soprattutto i primi due: ma restano più che godibili e appassionanti. Il primo, Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, ambientato in un penitenziario, non ha alcun elemento fantastico o horror, ma è una storia complessa e sorprendente che ruota intorno alle incredibili strategie di sopravvivenza e riscatto dei condannati. Il secondo, Un ragazzo sveglio, è quello che mi ha colpito di più: il lungo rapporto tra un ragazzo piuttosto fuori dall'ordinario e un ex nazista emigrato negli USA dove vive in incognito porta a una conclusione profetica di un fenomeno che nella realtà non si sarebbe manifestato che alcuni anni più tardi, in maniera davvero magistrale e sommamente inquietante (lo so che dico troppo poco ma non voglio fare spoiler, perché spero veramente che a qualcuno, leggendo queste note, venga voglia di cercare Stagioni diverse, facilmente reperibile in rete). Il corpo, da cui è stato tratto il famoso film Stand by me, racconta l'avventura di un gruppo di ragazzi alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo - il corpo del titolo - e le conseguenze a lungo termine della loro spedizione nei boschi. Infine Il modo di respirazione si svolge in un insolito club maschile di Manhattan, apparentemente molto british ma ricco di misteri, i cui soci si trovano per raccontare delle storie, una delle quali, parecchio inquietante, è al centro del racconto.

Non voglio dire di più del contenuto, ma si capirà che questo corposo libro mi ha dato grandi soddisfazioni. Letteratura d'immaginazione, intrattenimento, senza messaggi o riflessioni esemplari, né, dio mi scampi, autobiografismo: proprio quello che mi piace. Ottima scrittura, scorrevole, veloce e essenziale: proprio quello che mi piace. Appassionante, spinge alla lettura, incuriosisce: proprio quello che mi piace. E mi ha confermato che Stephen King non ha bisogno di apparizioni né di effettacci per acchiappare i lettori, perché è un ottimo narratore.