martedì 2 ottobre 2018

Stephen King, Stagioni diverse: non c'è bisogno di fantasmi per fare paura se si è un grande scrittore

Io a proposito di Stephen King ho una teoria che la lettura di Stagioni diverse ha rafforzato. Premetto che non sono un'esperta, ho letto una minimissima parte della sterminata produzione di questo autore, e nemmeno i titoli più famosi. Però di questo mi sono convinta: Stephen King è un grande narratore, capace di creare atmosfere e personaggi più o meno inquietanti e angosciosi, del tutto convincenti e vividi, che lasciano una traccia profonda. Ha scritto l'eccezionale 22/11/63, che a mio parere basterebbe da solo a dargli fama. Non avrebbe nessun bisogno di introdurre fantasmi eccessivamente descritti come in Duma Key o mostri troppo concreti come in It, ma evidentemente la fama planetaria e le esigenze editoriali lo costringono talvolta a spiegare un po' troppo per i lettori testoni e portare a conclusione vicende complicate. Inoltre è un grandissimo scrittore di racconti, il che torna a tutto suo merito.

Questa raccolta di quattro racconti (tre lunghi, quasi piccoli romanzi, e uno più breve), ognuno intitolato a una stagione dell'anno, è del 1982, dopo il grande successo di Carrie (1973) ma ancora agli inizi della sua carriera, e non si appoggia a particolari effetti horror. Sono in realtà racconti straordinari, cui si può forse (ed esclusivamente) imputare una certa prolissità, soprattutto i primi due: ma restano più che godibili e appassionanti. Il primo, Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, ambientato in un penitenziario, non ha alcun elemento fantastico o horror, ma è una storia complessa e sorprendente che ruota intorno alle incredibili strategie di sopravvivenza e riscatto dei condannati. Il secondo, Un ragazzo sveglio, è quello che mi ha colpito di più: il lungo rapporto tra un ragazzo piuttosto fuori dall'ordinario e un ex nazista emigrato negli USA dove vive in incognito porta a una conclusione profetica di un fenomeno che nella realtà non si sarebbe manifestato che alcuni anni più tardi, in maniera davvero magistrale e sommamente inquietante (lo so che dico troppo poco ma non voglio fare spoiler, perché spero veramente che a qualcuno, leggendo queste note, venga voglia di cercare Stagioni diverse, facilmente reperibile in rete). Il corpo, da cui è stato tratto il famoso film Stand by me, racconta l'avventura di un gruppo di ragazzi alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo - il corpo del titolo - e le conseguenze a lungo termine della loro spedizione nei boschi. Infine Il modo di respirazione si svolge in un insolito club maschile di Manhattan, apparentemente molto british ma ricco di misteri, i cui soci si trovano per raccontare delle storie, una delle quali, parecchio inquietante, è al centro del racconto.

Non voglio dire di più del contenuto, ma si capirà che questo corposo libro mi ha dato grandi soddisfazioni. Letteratura d'immaginazione, intrattenimento, senza messaggi o riflessioni esemplari, né, dio mi scampi, autobiografismo: proprio quello che mi piace. Ottima scrittura, scorrevole, veloce e essenziale: proprio quello che mi piace. Appassionante, spinge alla lettura, incuriosisce: proprio quello che mi piace. E mi ha confermato che Stephen King non ha bisogno di apparizioni né di effettacci per acchiappare i lettori, perché è un ottimo narratore.            

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