mercoledì 13 febbraio 2013

Quant'è bello dormire su un pallet a Stupinigi: Massimo Tallone, Il Cardo e la cura del sole



Dice MassimoTallone: Il giallo può anche fare il lavoro sporco, la cosiddetta sperimentazione, la pericolosa esplorazione stilistica. In certi casi fa avanguardia, avremmo detto in passato, e lo fa senza tirarsela, senza spocchia, parlando d’altro e assumendo, secondo i casi e secondo le intenzioni dell’autore, un carattere ora sociologico, ora psicologico o umoristico, ora comico, tecnico, politico. E in effetti i suoi gialli sono davvero fuori dalle regole, a cominciare dall’eroe eponimo, pur avendone la struttura e la capacità di dare soddisfazione al lettore raccontando una vicenda intricata e compiendo quello che ho sempre considerato il primo, se non l’unico, dovere di un giallo che si rispetti: riportare l’ordine nel caos. Come avviene puntualmente in Il Cardo e la cura del sole - La mummia della baia, Fratelli Frilli 2012.  

La più recente avventura del Cardo, la creatura (chiamarlo detective sembra proprio difficile) inventata da Massimo Tallone con l’amore e la cura di un miniaturista, aggiungendo particolari disgustosi e schifezze madornali fino a farne un titanico eroe della più bieca cialtronaggine, parte leggera, conducendoci sulle spiagge della Liguria. Il Cardo si è beccato una malattia che lo rende repellente per la sua puttana di riferimento, Angela, e questo non è davvero sopportabile: gli amici della bocciofila di Stupinigi, dove vive dormendo su un pallet in una cascina abbandonata, con una generosa colletta tirano su i soldi necessari per mandarlo al mare, a fare appunto la cura del sole. Ma tremila euro in tasca sono una grande tentazione, e il Cardo pensa a quanti pintoni di barbera potrebbe comprare risparmiando sull’albergo... il che lo porta a un’azione avventata e all’incontro con una mummia da cui prende le mosse il plot. Sul quale non sgancio neanche una parola in più, se non per dire che a poco a poco assume le tinte di una tragedia greca, che però avendo come protagonista il Cardo fa ridere senza riserve. C’è molto mare in questa avventura, e il Cardo si trova più di una volta in angolini elevati con o senza vista, volente o costretto. C’è sempre Ribò che arriva a salvarlo nei momenti più difficili, come la cavalleria nei western, o Superman con Lois Lane. Chi risolve il mistero ovviamente è il Cardo, e alla fine scopriamo che sotto il suo aspetto di cassonetto dell’immondizia troppo pieno batte un cuore capace di empatia e di compassione. 

Molto spazio è dedicato alla descrizione dell’ambiente in cui vive il Cardo, gli avventori della bocciofila, le puttane, i papponi, i tipi che ci girano intorno, perché de Cardo fabula narratur, e la costruzione del personaggio e del suo entourage ha forse più importanza del plot stesso. Il Cardo, giunto qui alla sua sesta avventura, è in effetti un’invenzione geniale. Sornione, inverosimile, parla come un libro stampato, esprime sentimenti sfumati e complessi continuando a ripetere che lui non sa, non conosce niente, dice solo quello che ha sentito da Ribò. È una strizzata d’occhio continua tra autore, protagonista e lettore, tutti impegnati a far finta di crederci, e in questo sta il fascino del personaggio, come un Clark Kent che sotto il doppiopetto grigio lascia continuamente trasparire il costume da Superman, senza mai smettere di accumulare paradossali ed esilaranti manifesti della schifezza: L’ho sempre detto che bisogna andarci piano con l’igiene. Cominci per scherzo, lavandoti la faccia, poi magari arrivi addirittura a farti il bagno, e in un attimo arrivi a fare una carneficina.     


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