Dopo un tot di libri non memorabili, finalmente capito su un romanzo di cui vale la pena di parlare: Kawakami Hitomi, Le donne del signor Nakano. Una bottega di rigattiere, il padrone, sua sorella, un fattorino e una commessa. I clienti, le minute vicende quotidiane, la vita: vita precaria, vite precarie, momenti che non diventano mai una storia compiuta, non assumono significato. Ciò che in un altro libro avrebbe un peso narrativo qui rimane fine a se stesso, non porta da nessuna parte e questo crea un fascino particolare nelle pagine di Kawakami Hitomi. L'io narrante Hiromi, giovane e confusa, ha una voce a tratti svagata a tratti dolorosa, mai troppo lucida. Ora fa la commessa part-time, del suo passato non sappiamo niente se non che il suo ultimo ragazzo l'ha lasciata due anni prima, forse è attratta dal fattorino Takeo, forse no... La stessa vaghezza caratterizza i tentativi artistici di Masayo, sorella del padrone, ultracinquantenne nubile che intrattiene un rapporto amoroso con un divorziato. Il signor Nakano ha due ex mogli, una moglie attuale, tre figli e un'amante che tradisce, ma è convinto dell'importanza di non interrompere i rapporti che hanno una loro intimità. L'instabilità dei suoi pasticci amorosi si rispecchia nelle sue scelte professionali così come l'instabilità caratterizza sia i pensieri che la vita e il lavoro di Hiromi, mentre Masayo sembra aver concretizzato alla fine almeno un sentimento, ma qui è la vita a essere instabile. Tutto è precario, transeunte, instabile, fluttuante. I rapporti tra le persone sono caldi ma non si stabilizzano, e le persone stesse si trasformano secondo linee inaspettate. Nel susseguirsi delle stagioni e dei giorni al negozio si sfiorano appena molte vicende curiose, piene di interesse umano. Kawakami Hitomi ha un modo di scrivere dimesso, sottotono, quotidiano e fluido come la vita stessa. Tutto è sullo stesso piano e ha la medesima importanza, quello che si mangia, il sesso, gli abiti, gli oggetti che riempiono la bottega di rigattiere, cose vecchie ma non antiche come ama ripetere Nakano almeno fino a quando, come tutto il resto, non cambia. Il risultato è un libro pieno di fascino e accogliente, un libro di quelli in cui è bello avvolgersi. La tersa traduzione è di Antonietta Pastore.
Di Kawakami Hitomi ho amato moltissimo La cartella del professore.
E siccome ho detto che non valeva la pena parlarne, ecco che parlo dei libri non recensiti: Patricia Highsmith, Gente che bussa alla porta e L'amico americano, Henning Mankell, Muro di fuoco. Il primo ha qualcosa di insoddisfacente ma è del 1983 e tratta un argomento scottante negli USA (e non apro il discorso sull'Italia): l'aborto e il fondamentalismo religioso. È un libro pieno di coraggio, molto interessante, vivido come tutto quello che scrive questa autrice, ma ha anche qualcosa di sfuggente o non risolto, come se alla fine l'argomento l'avesse stancata, o disgustata. Trad. di A. Veraldi. L'amico americano è una delle storie di Tom Ripley (del 1974), un po' tirata per i capelli e eccessiva, in cui il protagonista dà inizio per gioco a una mattanza in cui c'entra la mafia (una famiglia mafiosa di Milano...) ma ovviamente alla fine lui ne esce indenne. Trad. di T. Dobner. Di Muro di fuoco, il primo libro con l'ispettore Wallader come protagonista che leggevo (e non ci sarà un secondo) dico solo che l'ho trovato inverosimile, noioso, confuso, stralungo a vuoto, macchinoso e scritto in modo insopportabile, piatto e pieno di particolari inutili, con uno stucchevole abuso della tecnica di descrivere piccoli atti intercalati all'azione principale. Trad. di Giorgio Puleo.
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