Di tanto in tanto ci si imbatte in uno di quei libri che ti avvolgono con le loro parole, ti portano in un mondo nuovo e ti aprono orizzonti sconosciuti. Mi è accaduto con Famiglie ombra di Mia Alvar, scrittrice filippina nata a Manila, cresciuta in Bahrein, con studi a Harvard e alla Columbia, che ora vive a New York.
Sono racconti bellissimi, precisi e vividi, che spaziano su una vita, o seguono i personaggi in lunghi periodi. Non sono facili perché richiedono attenzione e un minimo di conoscenza della storia delle Filippine, anzi, molto meglio, costringono a andare a cercare notizie su personaggi per noi praticamente sconosciuti. Per esempio, io che sono ignorante, ho letto tutto un racconto senza rendermi conto che la protagonista era Corazon, Cory, Aquino, la discussa undicesima presidente delle Filippine, narrata nella sua quotidianità di donna, moglie e madre prima che l'uccisione del marito la proiettasse nella politica in prima persona. Complessa è anche la costruzione sapiente che alterna di continuo i piani temporali, però segnalati chiaramente con le date. Mia Alvar sa disegnare con coinvolgente vivezza personaggi e luoghi che toccano la diaspora filippina. Le storie si svolgono a Manila, nel Bahrein, a New York, e le protagoniste sono donne che lavorano o stanno a casa ma comunque si arrabattano e hanno un vivo senso della comunità e dell'identità di provenienza, anche quando non riescono a dimenticare le differenze sociali.
I personaggi sono indimenticabili. Il ragazzino senza gambe e con una madre discussa che subisce crudelissime persecuzioni dai compagni di scuola, la casalinga Cory Aquino che pensa a tutti tranne che a se stessa nella cornice estranea di un'università degli Stati Uniti vissuta in un quartiere strettamente filippino, l'infermiera moglie del giornalista in carcere di Milagros, il più corposo dei racconti, le ricche mogli dei tecnici emigrati in Bahrein che si illudono di essere democratiche invitando le compatriote lavoratrici una volta la settimana nelle loro case lussuose, e riescono a tenere in piedi la finzione finché una delle beneficiate non scompagina le carte, la quarantenne incolore e senza storia che si imbatte prima un amore inaspettato poi nella più crudele e ingiusta delle sorprese, sono tutti profondi, sfaccettati e dotati di una vita che va al di là delle pagine loro dedicate.
Si sente che Mia Alvar è una che ha letto tutti gli scrittori del momento, ha frequentato le giuste scuole ma per fortuna ha tra le mani un materiale talmente nuovo e interessante che la salva dai cliché letterari statunitensi contemporanei, sovente insopportabili e sempre stucchevoli. Ma è una grande narratrice che sa come attirare e rendere accoglienti le sue pagine e ipnotiche le storie. Spero che riesca a continuare così (anche se il racconto delle due torri, con il fastidioso vezzo della narrazione in seconda persona, è quello che mi è piaciuto di meno e fa un po' temere): questi sono racconti notevolissimi, totalmente riusciti, pieni di cose da dire, insomma necessari.
Mia Alvar è una scrittrice che seguirò volentieri e cui auguro il successo che merita (e ha già avuto negli Stati Uniti e altrove) anche in Italia, dove i filippini sono molti ma tutto sommato poco visibili e poco conosciuti. E grazie, ovviamente, a Racconti Edizioni per averla pubblicata anche qui, con la traduzione di Gioia Guerzoni. Finirà che dovrò aprire un secondo blog dedicato esclusivamente a questa casa editrice, già sono tante le recensioni che ne ho scritto e a vedere le prossime uscite ne prevedo una raffica in tempi brevi...
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