Rimase di sasso a vedere nello
specchio, sopra alla sua camicetta, una faccia che non corrispondeva affatto a
quella che si aspettava.
Sua non era di certo, però le
ricordava qualcuno. Stette a osservare le palpebre senza ciglia che sbattevano,
i canini acuti, i due peli sul mento e la macchia (fiore di senilità, la
chiamavano poeticamente i dermatologi) sulla tempia destra.
"Certo", disse ad alta
voce allo specchio sporco delle ditate di molti ospiti precedenti, "ti
conosco benissimo, sei mia madre."
La faccia le rimandò un sorriso
amichevole. Non era la prima volta che Ida vedeva il volto della madre al posto
del suo, ma fino a quel momento le era successo solo quando si guardava di
sguincio, per caso, magari in una vetrina, o quando proprio non si aspettava di
trovarsi davanti una superficie riflettente. Si era preoccupata, aveva chiesto
alla sorella e alle amiche se anche a loro accadeva lo stesso fenomeno. Tutte
avevano risposto di sì.
Però questa volta era diverso,
non si trattava di un'impressione fuggevole, il viso di sua madre era lì e lì
rimaneva, qualunque smorfia lei cercasse di fargli fare.
"Ho capito", disse Ida,
voltandosi a prendere una spazzola "sono diventata vecchia".
Si spazzolò i capelli
all'indietro come li portava la madre, li cotonò un poco come faceva lei per
nascondere il fatto che stavano diventando radi. Si sfoltì le sopracciglia con
una pinzetta, le sottolineò con la matita nera, passò un po' di ombretto
azzurro sulle palpebre.
"Niente rimmel, tanto le
ciglia non le ho più", pensò, "e devo comprare un rossetto viola, e
della cipria, e un piumino".
Aprì l'armadio per scegliere
qualcosa di adatto alla sua faccia, ma nessuno degli abiti che aveva portato
andava bene. Nemmeno a casa, d'altra parte, aveva abiti che sua madre avrebbe
indossato. Alla fine indossò una gonna grigia e una camicia di seta chiara, gli
unici, tra i suoi vestiti, che poteva immaginare addosso alla madre. Poi
sedette sulla poltrona a righe gialle e marroni, dietro alle tende arancioni
che schermavano completamente la porta finestra. Fuori, sul terrazzino,
s'intuiva un tramonto glorioso, di quelli che fanno brillare i vetri e accecano
gli automobilisti.
Forse si assopì un pochino, e nel
dormiveglia le tornarono in mente certi pomeriggi simili a quello, quando
andava a trovare la madre e stava seduta in poltrona davanti a lei, guardando
il sole dietro le tende, impaziente che venisse l'ora giusta per dire Ciao mamma, io vado, e uscire nell'aria
inquinata e allegra della sera. Mentre la madre le parlava (Hai telefonato a Gianna? Perché
non venite domenica dai Rossi! Potresti essere un po' più gentile con tuo
fratello! E con Piero, che cosa avete deciso di fare quest'estate? Ti sei
ricordata di portare Enrico al controllo dal dentista? Ma perché non ti metti
mai le perle che ti ha regalato tua suocera? Ti trovo proprio un po'
spettinata, mettiti un po' di rossetto, sei così pallida, Marta non sembra
proprio figlia tua con quelle guance rosse!) lei l'osservava, osservava la
pelle delle guance troppo morbida, coperta da una peluria sottile che risaltava in controluce, il collo
raggrinzito, i capelli sottili e opachi, le mani magre macchiate di scuro, le
palpebre flosce, e il cuore le si stringeva. È vecchia, pensava tra sé, è
diventata vecchia. Non è più una donna, è una vecchia.
Adesso è capitato a me, pensò
risvegliandosi di colpo. Sono diventata vecchia anch'io. Eppure continuo a
sentirmi una donna. Come è possibile? Io pensavo che mia madre si sentisse
vecchia anche dentro, pensasse da vecchia, vedesse attraverso occhi da vecchia.
Ma io mi sento sempre uguale. Se non ho uno specchio davanti, sono sempre la
stessa Ida abituata a sentirsi gli occhi degli uomini addosso, che si vergogna
un po' a entrare in un negozio per paura di non essere presa sul serio, che non
osa sedersi in autobus perché le sembra di non averne il diritto. Invece, forse
chi mi incontra per strada vede in me una vecchia signora degna di rispetto,
cui spetta di sicuro un posto a sedere, che non fa perdere tempo ai commessi,
anzi, si merita tutti i riguardi. Una sensazione di gelo le scese dalla bocca
dello stomaco al ventre. Anche Marta ed Enrico mi vedono così? Mi osservano per
contarmi le rughe, pensano È vecchia mentre io parlo e parlo, provano
per me quell'amore fatto di compassione lancinante, noia, rispetto, fastidio,
nostalgia per la donna ormai sparita, che io provavo per mia madre? E Piero?
Pensa Questa non ha niente a che
vedere con la donna che amavo, questa è
una vecchia, patetica irriconoscibile estranea, che nessun uomo può più
desiderare?
Nella stanza si era fatto buio.
Ida si alzò e guardò l'ora. Erano quasi le otto, presto suo marito sarebbe arrivato
per cambiarsi e portarla a cena. Corse in bagno e si pulì il viso, si spazzolò
i capelli per riportarli alla solita pettinatura a caschetto, si truccò gli
occhi con rimmel e kajal. Per le sopracciglia c'era poco da fare, bisognava
aspettare che ricrescessero. Nella luce cruda del neon il suo viso le parve un
po' più familiare. Si fece un bel sorriso che stese i contorni del mento,
annullò le rughette che segnavano la bocca, ma ne creò altre molto più profonde
intorno agli occhi. Si tolse la camicia di seta e indossò una maglietta
extralarge di jersey che scivolava lasciando una spalla scoperta, con una
collana di pietre colorate a tre giri, comprata su una bancarella da un
africano. Poi tolse la collana e se la arrotolò attorno al polso, si mise degli
orecchini lunghi, cambiò la gonna grigia con un paio di pantaloni di lino. Ma
ogni volta che si guardava nello specchio grande appeso di fronte al letto, era
sua madre travestita da figlia che la guardava a sua volta.
"Cazzo, cazzo, cazzo",
gridò. Ma era la bocca di sua madre che pronunciava per la prima volta una
parola imparata dalla figlia maleducata.
Quando Piero arrivò, Ida era
pronta, con una gonna corta di seta a fiori neri e rossi, un top nero scollato
e una giacca rossa.
"Caspita, come ti sei bardata",
disse lui, spogliandosi per fare una doccia veloce, "guarda che non andiamo
mica in un locale elegante".
Ida aggiunse ancora una catena
d'oro al polso e orecchini a cerchio. Se Piero non fosse uscito in fretta dal
bagno, avrebbe finito per mettersi tutti i gioielli che aveva portato.
"Sei troppo scollata",
disse Piero infilandosi la camicia, "il collega con cui andiamo a cena è
un vecchio porco e la moglie una cariatide".
Ida si tolse qualche etto di
bigiotteria, e sostituì il top nero con una camicia che le stava altrettanto
bene. Sua madre la guardò dallo specchio con approvazione.
In ascensore Piero controllò la
rasatura nello specchio a parete. Dallo specchio guardò Ida, interdetto.
"Che faccia strana che hai.
Hai cambiato pettinatura?"
"Ho messo il rossetto",
rispose Ida, che non ne aveva mai posseduto uno in vita sua.
"Ah, mi sembrava che ci
fosse qualcosa di diverso. Poi dici che non ti guardo mai!", disse lui,
baciandola sulla guancia.
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