Giovanni Pascoli con la sorella Maria |
Ma non è solo questo. Anche se ha contribuito a ammorbare la mia giovinezza liceale, mi ha sempre colpito e un po’ affascinato la sua morbosità. Quel gran trafficare con i morti, frequentare tombe, le estreme unzioni, l’erba che nasce sulle fosse, e i fantasmi, le tessitrici defunte, i morticini con i boccoli biondi eccetera, e soprattutto la morbosità sessuale che salta fuori tra un decesso e una campana a morto. Rileggetevi Digitale purpurea e Il gelsomino notturno e ne riparliamo. Poi ho visitato la casa di Castelvecchio in Garfagnana (anche questa vale la pena, se passate da quelle parti non perdetevela, vi darà da pensare e anche qualche brivido; ad esempio, tanto per tenersi allegra, Mariù vi ha ricostruito la camera dov’è morto il fratello a Bologna, intatta e completa) e mi è venuta una gran curiosità su Mariù che vi è vissuta prima con Giovanni, poi, dopo la morte del fratello nel 1912, da sola fino al 1953.
Vestale e custode delle memorie del poeta, testa quadra, lagnosa e tentata dalla poesia in proprio, bigotta, pochissimo aperta ai rapporti umani al di fuori della coppia fraterna di cui è protagonista, attentissima ai soldi. Lui, in compenso, agnostico, massone e alcolizzato, ma sempre lì a dire le orazioni prima di dormire per far contenta la sua Mariucchin. Tutto ciò per spiegare che, appena ho visto il volume di Maria Santini sul banco, mi sono precipitata a comprarlo. E ho fatto benissimo, perché me lo sono goduto pagina per pagina fino alla fine. Ha anche un ottimo paratesto, note e bibliografia, una piccola appendice di poesie citate, e un prezioso albero genealogico.
Perché la parte più interessante è proprio l’origine di tutto quanto detto prima: c’è un motivo dietro alle lacrime e alla chiusura dei due Vergini, come definiva sé e la sorella lo stesso Pascoli. Basti dire che dei dieci fratelli Pascoli rimasti orfani di padre per la famosa fucilata a colui che non ritorna e di madre per crepacuore, una morì a dieci mesi, una a cinque anni, uno a diciassette, una a diciotto e uno a ventiquattro, già padre di un bambino e mezzo, entrambi (l’uno e il mezzo) destinati a morire infanti. E di altre morti premature è costellata la vita dei due Pascoli, sia in famiglia che tra gli amici. L’infanzia e la giovinezza di tutti i fratelli superstiti fu terrificante, tra ristrettezze economiche, conventi, collegi e solitudine, ma qualcuno ne uscì meglio e altri peggio.
La vita di Mariù fu tutta spesa all’ombra del fratello, condizionata dall’ideale del nido all’inizio
Casa Pascoli a Castelvecchio in Garfagnana |
Un altro difetto del libro, assolutamente giustificato dal fatto che è la biografia di Maria, è che ci rimane molta curiosità di saperne di più del punto di vista di Giovanni, soprattutto sulla famosa crisi di disperazione per il matrimonio di Ida, o lasciatemelo dire, sulla verità della sua vita sessual-sentimentale. Insomma un libro colto, documentato, scritto benissimo, interessante, e che ci permette di lasciarci andare al piacere del gossip pruriginoso senza dovercene vergognare, perché quando si tratta di un poeta e sua sorella anche i pettegolezzi diventano cose serie, no?
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