A me piace molto viaggiare, seguire fantasie,
letture e nomi evocativi, tutto quanto mi permetta di fare scoperte e
fantasticare su lontananze sconosciute. E domenica, profittando della giornata
bellissima e calda, senza bisogno di un gran dispendio di denaro né di tempo ho
fatto un viaggio in un posto ricco di esotismi e sorprese: i boschi attorno a
Stupinigi. Nell’area protetta del Parco Naturale di Stupinigi, infatti,
succedono cose che voi umani ecc. Prima di tutto, sotto le querce antiche che
fiancheggiano la strada per Orbassano, vi si celebra un rito antico e non più
praticato dalle popolazioni autoctone, la cui tradizione è stata raccolta dalle
comunità immigrate, in particolare quelle di provenienza dall’Europa dell’Est,
ma non disdegnato neppure dai maghrebini: il picnic domenicale nella variante
barbecue, completo di bambini, nonni, decine di sacchetti strapieni,
bottiglioni, radioline e coperte da stendere in terra per il pisolo
postprandiale. E pallone per tirare due calci. Pochi i cani, qualche scoiattolo
grigio grossissimo, fumi e profumi commestibili. Da entrambi i lati della
strada i gruppi sono numerosi, tutti muniti di sedie e tavolini, colorati,
indaffarati a preparare, le donne attorno al tavolo e gli uomini alla griglia. Non
sto facendo l’ironica né la superiore, è proprio questa l’impressione che si ha
vedendo questi prati pullulanti di persone che al primo giorno tiepido, con la
terra ancora fradicia e paltosa, si precipitano in un posto pieno di altri
gruppi uguali al loro ma rispettosi di una distanza vitale, per mangiare
pietanze suppongo non particolarmente elaborate. C’è sicuramente il piacere di
stare all’aperto ma sono convinta che fondamentale è anche il fatto di essere
lì insieme a altri, a compiere gli stessi gesti nello stesso luogo. Un rito,
una condivisione, uno specchiarsi che dà conforto. E quei fumi sotto le querce…
E infatti, ecco la conferma che il posto è propizio ai riti. Dietro ai tavoli e
alle griglie si vede una quercia piuttosto morta, circondata da uno steccato, decorata
di fiori finti, cartelli, fiocchi, ex-voto, piccole offerte. E una grande
statua bianca con le braccia allargate. Perché qui, di fianco al parcheggio,
sul limite di un folto dove è facile trovare materassi seminascosti nel
sottobosco sui quali le prostitute si faticano il pane, dal 1994 appare la
Madonna. La storia della prima apparizione (un operaio che rientrando in macchina
alle 4,30 del mattino vede una sfera di luce sotto una quercia, scende, sente
una voce che lo chiama ecc) la trovate sul sito dell’Associazione che si è
costituita attorno al veggente e alla quercia. Io veramente ricordavo di avere
letto su un cartello scritto a mano, quando ancora non c’era tutto l’attuale
apparato devozionale, che a avere l’apparizione alle 4,30 del mattino era stata
una donna, circostanza che avevo trovato molto suggestiva. Ma si sa che i
prodigi producono narrazioni senza fine. Comunque, anche se non ha mai ottenuto
il riconoscimento della Chiesa il culto prospera e i segni si vedono. La
posizione della statua richiama l’iconografia della Madonna della Misericordia,
anche se mancano i devoti accolti sotto il manto.
E a proposito di narrazioni,
in un pezzo di parcheggio privatizzato, c’è una specie di centro
d’informazioni, oltre a una teca che contiene una statua dell’Immacolata di
fattura moderna. Bene, su uno dei cento cartelli appesi in giro, tra fotografie
e preghiere, si legge che la statua è stata trovata sotto un cespuglio dove una
famiglia l’aveva nascosta (?) per un voto. Ora, questa della statua trovata è
una delle narrazioni mariane più diffuse. Una grandissima parte delle icone più
o meno miracolose venerate in giro per il mondo condivide questa origine. Una
delle tipologie delle icone ortodosse, la Mirtiotissa, allude proprio al
ritrovamento in mezzo a un cespuglio di mirto. Insomma, nei boschi di
Stupinigi, a pochi metri di distanza troviamo l’apparizione mariana, le grazie
ai devoti, il ritrovamento di un’immagine sacra. Non è straordinario? E non
finiscono qui le attrazioni locali. Tra poche settimane si potrà assistere
anche a un altro rito, quello dell’accoppiamento dei rospi. In un piccolo stagno
poco distante dalla strada si radunano migliaia di rospi per dedicarsi alle
loro statiche copule. Io l’ho visto una volta, e non piccola parte del fascino
dello spettacolo erano i commenti dei bambini capitati lì durante la
passeggiata domenicale: guarda papà che carini! Ci vuole davvero tutta la
benevolenza dell’infanzia per trovare carini due rospi che si ingroppano. Se ci
sarà abbastanza acqua nel paciasso, uno spettacolo da non perdere. Proseguendo
poi in direzione di Candiolo, tra bellissimi boschi solitari che in primavera risuonano
di picchi e cuculi, file esatte di pioppi da taglio, stradine che si intersecano
a angolo retto regalando prospettive erbose dove si possono vedere gruppi di
cavalieri che sembrano uscire da un romanzo di Calandra o di Rovetta (e se non
i cavalieri, di sicuro troverete le tracce dei cavalli), si incontra sulla destra un piccolo edificio cilindrico.
Ora è ben visibile in mezzo ai campi, ma qualche anno fa quando l’ho visitato
si trovava in un pioppeto e suscitava qualche inquietudine perché all’interno
si vedevano disegnati sui muri dei simboli satanici, e una botola nel pavimento
non invogliava a esplorarla. Più avanti si giunge alla Cascina Parpaglia,
un’antica cascina fortificata in abbandono, molto suggestiva, che segna il
confine del Parco Naturale. Una passeggiata in pianura, adattissima anche per
bici, cani e bambini, che può durare un paio d’ore e pochissimo frequentata
appena ci si allontana dalla zona picnic, e soprattutto un vero voyage autour de mon village.
E se poi siete dei tipi più tradizionali, naturalmente potete approfittare della gita per visitare la Palazzina di caccia di Stupinigi che ha appena riaperto al pubblico.
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