lunedì 21 novembre 2011
Andrea Camilleri, La setta degli angeli
Di massima soddisfazione la lettura dell'ultimo libro di Camilleri, come sempre, una vicenda veloce e teatrale ambientata nel 1901 nel paesino di Palizzolo, dove l'avvocato idealista Matteo Teresi porta allo scoperto una turpe storia che coinvolge pessimi parrini e bravissime picciotte. Intorno un coro grottesco di nobili e borghesi che si ritrovano al circolo "Onore & Famiglia", carabinieri, vescovo e magistrati, sullo sfondo la mafia. Ma quello che colpisce stavolta, o almeno ha colpito me, è la cupezza della vicenda e soprattutto della sua conclusione desolata. Non che Camilleri sia uno scrittore consolatorio, che rifugge dalle crudezze o blandisce il lettore (rileggete quel magnifico e tremendo romanzo che è La presa di Macallè e capirete che cosa voglio dire), ma al di là del divertimento che come sempre le sue pagine frizzanti provocano, si intravede una specie di scoramento, di sfiducia nella possibilità di vincere nella lotta tra bene e male, onestà e ipocrisia, potere e verità, potenti e popolo. Conoscendo la sua viva partecipazione alle vicende politiche del nostro paese, viene da pensare che questo pessimismo, questo senso di sconfitta sia legato ai bruttissimi tempi che abbiamo vissuto. E perciò gli rivolgo un augurio, esattamente come lo rivolgo a me stessa, dandogli affettuosamente e rispettosamente una pacca sulla spalla: magari adesso andrà meglio, caro Andrea. Certo non è quello che avresti voluto tu né quello che vorrei io ma contentiamoci, tiriamo il fiato, aspettiamo di vedere quello che succede. Rallegriamoci che almeno ci siamo liberati di quella nuvola plumbea che ci è stata sulla testa per troppo tempo. E spero che il prossimo libro sarà bello come questo ma molto, molto più allegro.
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