Uscito in Giappone nel 1981, tradotto in inglese soltanto nel 2014 e in
italiano nel 2017, Gli omicidi dello zodiaco di Sōji Shimada è un perfetto mistero della camera chiusa. Un curioso esercizio di bravura per un giallo rétro, si sviluppa su due piani temporali, il 1936 in cui si è svolto il delitto e il 1979 quando una coppia piuttosto insolita di detective, l'astrologo Mitarai Kiyoshi e il suo assistente Ishioka Kazumi (protagonisti di molti altri libri di Sōji Shimada), decidono di cercare di risolvere il tragico fattaccio. Non entro nei particolari della vicenda, in cui ci sono ben otto morti, aspetti esoterici, astrologia, testamenti deliranti di assassini e personaggi straordinari, continui riferimenti alla cultura occidentale e un sapiente uso dell'orrore che deriva dalla scelta del corpo umano come strumento da violare e trasformare.
Tutto comincia con il folle testamento di Humezawa Heikichi, prima vittima dell'assassino sconosciuto, cui si aggiungono sette ragazze, tutte figlie o figliastre di Humezawa, e prosegue seguendo i passi dei due detective che cercano di dipanare il delitto di quarant'anni prima.
Ciò che conta è che si tratta di una perfetta struttura che ha lo scopo di far spaccare la testa al lettore: gli vengono forniti tutti gli elementi perché possa risolvere il mistero che ha fatto impazzire generazioni di giapponesi, su cui si sono scritti fiumi d'inchiostro e si sono arrovellati in molti.
Alla fine ogni tassello va al suo posto, arriva la soluzione e il lettore è soddisfatto.
In realtà ho trovato l'avvio un po' faticoso, la descrizione della scena del delitto molto minuziosa e il memoriale con cui si apre la vicenda, un po' troppo arzigogolato e incredibile, non hanno catturato subito la mia attenzione. Ma man mano che la vicenda prosegue e i due detective si sbattono in giro per Tokyo e poi per Kyoto, l'intreccio prende quota e il quadro di vita giapponese che ne emerge, ricco di particolari della vita quotidiana, luoghi e locali pubblici, aggiunge interesse e colore alla storia. La scrittura scorrevole è ottimamente resa dalla traduzione di Giovanni Borriello, il passo narrativo molto calmo ci permette di seguire i personaggi per le vie di Tokyo e Kyoto indicate con topografica precisione.
Molto consigliato (esclusivamente) a chi ama questo tipo di rompicapo perché a differenza della stucchevole abitudine che ormai è invalsa in tutti i thriller nostrani, nordici o nordamericani, l'interesse verte proprio sulla vicenda e i suoi misteri e non sulla vita privata, le abitudini alimentari, le frustrazioni amorose e i tic degli investigatori. Moltissimi i cenni alla cultura europea, e sicuramente non casuale la somiglianza con la coppia Holmes e Watson, esplicitamente chiamati in causa. Una lettura molto godibile e non banale, ma fortunatamente senza la pretesa di veicolare chissà che attraverso la descrizione di delitti (abbastanza efferati e davvero molto originali in questo caso).
3 commenti:
Recensione particolarmente interessante. Potrò rubartela per LN, prima o poi?
Prego! Sai che non aspetto altro!
OK, rubato *_-
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