Ancora una volta Emilia Bersabea Cirillo mette al centro del suo bellissimo romanzo due figure di donne.
Basta leggerne due pagine per trovarsi avvolti nella sua prosa concreta e poetica, nell'atmosfera calda delle cucine, nei profumi di vivande, nel grumo affettuoso degli interni dove si incontrano tre generazioni di donne, nella precisione dei gesti di cura e di sapienza femminile delle ricette, prima fra tutte la regale parmigiana di melanzane al cioccolato.
Dorina è bella, bionda e con gli occhi azzurri, ha un marito, Walter, una figlia piccola, Barbara, e un lavoro che non le dispiace: è cuoca al carcere femminile, prepara il cibo per le donne che scontano pene per avere infranto la legge ma non le conosce, non le vede mai. Ci mette cura nel suo lavoro, cerca di dare cibo buono e variato con quello che la direzione le mette a disposizione. Anche l'ambiente è nell'insieme gradevole, le colleghe la stimano, con alcune ha rapporti di amicizia o solidarietà femminile. I problemi sono piuttosto a casa, dove il rapporto con Walter si è incrinato. Ciò che porta lo scompiglio in questo equilibrio precario è la scoperta che la detenuta speciale, in isolamento, cui prepara pranzi a parte, è davvero speciale: un fantasma del passato che risorge dalle nebbie di un'infanzia non infelice ma mutilata, immiserita dalla condizione di orfana in un istituto di suore, anche se proprio in suor Vittoria ha trovato chi si è preso cura di lei e le dà amore e protezione. Lì ha incontrato Angela, orfana come lei ma brutta e cattiva per infelicità. Tra le due bambine si instaura un rapporto sbilanciato e malato in cui Angela comanda e punisce, abbraccia e spaventa, mentre Dorina, docile e dolce, soccombe alla prepotenza sorridendo, un po' spaventata un po' affascinata. Ora Dorina cucina per Angela, ci mette una cura particolare, e quando la reclusa chiede di vederla non si sottrae.
Dorina è protagonista ma Angela ci parla in prima persona a capitoli alterni, così che possiamo entrare nella mente di entrambe e ricostruire il loro fortissimo e doloroso rapporto. Dorina ha paura di Angela ma non riesce a sottrarsi allae sue richiesta, mentre Angela è ossessivamente protesa verso Dorina e vorrebbe riprende il controllo sull'antica amica. Ma ora Dorina è assai più forte, e la sua vita è complessa, ricca di rapporti, doveri e piaceri.
Non smetto di aver freddo a me è parso soprattutto un libro di madri e figlie. Ci sono molte figlie - Dorina, Angela, Barbara - ma anche le madri, reali e sostitutive, sono importanti: Dorina stessa, Antonia, suor Vittoria, Bianca Giulia, e il loro peso è fondamentale nella vicenda sia come presenza che come assenza. I rapporti tra madre e figlia sono difficili, dolorosi ma indispensabili; dalla madre non si può prescindere, ci dice Emilia Bersabea Cirillo. Anche l'amicizia riesce a essere generosa, superare l'assenza e le cattiverie, e porgere una mano pietosa che giunge fin là dove finalmente c'è silenzio e - forse - pace. Ci sono anche gli uomini naturalmente, ma per una volta stanno sullo sfondo, sono comprimari: non perché non siano importanti, solo che non è il loro turno.
Intorno a questo nodo principale, profondo e angosciante, c'è tutta la vita che preme: la cucina (il riso da scolare, le verdure da affettare, il pollo da cuocere e la realizzazione della mitica ricetta di suor Ermelinda, Mulegnane c'a ciucculata, che richiede perizia e pazienza speciali), i rapporti di Dorina con il marito e altri incontri, una suocera solidale con cui scambiare confidenze comprensione e sostegno, le colleghe e le loro storie, e poi la crisi, i tagli che minacciano il posto di lavoro, le fabbriche che chiudono e costringono gli uomini a cercare lavoro altrove, e le speranze - un progetto, la felicità di essere padrona di se stessa, la solidarietà tra donne e la capacità di collaborare. Questo non è un libro cupo, è un libro morbidamente femminile nelle parole, nei gesti, nella capacità di descrivere i particolari materiali, concreti, la realtà cui è tenacemente legata, e insieme duro dove ce n'è bisogno, forte e pieno di coraggio.
Poi c'è la scrittura di Emilia Bersabea Cirillo, delicata e avvolgente, capace di ricreare le atmosfere calde e profumate che descrive, agile e sicura. Le parole di una scrittrice che ci regala con Non smetto di aver freddo un ulteriore bellissimo libro dopo Fragole (Filema 1996), Il pane e l'argilla. Viaggio in Irpinia (Filema 1999), Fuori misura (Diabasis 2001), L'ordine dell'addio (Diabasis 2005), Una terra spaccata (Edizioni San Paolo 2010), Gli incendi del tempo (et al. edizioni 2013), con i quali ha vinto numerosi premi. E' architetta e vive e lavora a Avellino.
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