Questa doppia recensione è già uscita (a suo tempo anche su LN-LibriNuovi), ma la ripubblico perché tratta un argomento che mi affascina, le vergini giurate, perché è in uscita un film italiano tratto proprio dal modesto romanzo di Elvira Dones con Alba Rohrwacher nel ruolo della protagonista e perché riguarda l'Albania, paese interessante e sconosciuto ai più di cui mi fa sempre piacere occuparmi.
Leggendo
gli interessantissimi saggi antropologici ed etnografici raccolti nel volume Altri
generi, a cura di Flora Bisogno e Francesco Ronzoni, Il dito e la luna 2007, mi si sono spalancate davanti realtà che non conoscevo neanche per
sentito dire, e mi hanno fatto venire voglia di saperne di più su un argomento,
l’identità di genere, che mi sembra fondamentale perché alla base della
percezione di sé della stragrande maggioranza dell’umanità. Ma maggioranza non
è totalità, quindi può solo fare del bene a tutti scoprire che in India
prospera un’intera casta di eunuchi sacri (Hijra), nelle tribù degli indiani
d’America esistevano uomini che sceglievano un’identità femminile (i berdache),
che a Samoa il travestitismo maschile è in forte aumento per motivi sociali,
che nelle Filippine sono seguitissimi i concorsi di bellezza maschili en
travesti, e ancora l’intreccio inestricabile delle identità di genere a
Salvador, Brasile, e infine quello che mi ha incuriosito più di tutto, il
fenomeno delle vergini giurate, donne che assumevano un’identità maschile nelle
montagne dell’Albania settentrionale. I vari saggi, di studiosi diversi e di
taglio più o meno accademico ma comunque estremamente documentati e autorevoli,
ruotano intorno al concetto di “terzo genere”, per superare l’ipotesi di un
unico sistema dualistico. Però per un lettore profano hanno il fascino
indiscutibile di racconti di vite sconosciute e piene di interesse.
Ecco
perché mi aspettavo molto dal romanzo Vergine giurata, Feltrinelli 2007, di Elvira Dones, scrittrice albanese che
vive tra la Svizzera e gli Stati Uniti, sceneggiatrice e autrice di
documentari, che ha pubblicato quattro libri scritti in italiano, che sostanzialmente mi ha parecchio delusa. E se la parte
in cui la trentaseienne protagonista Hana rivive in flashback la sua gioventù e
le motivazioni che l’hanno spinta a farsi vergine giurata è abbastanza
suggestiva e convincente, il suo presente (ai giorni nostri) di immigrata negli
Stati Uniti è piattamente sottoposto alla necessità di spiegare il suo
adattamento alla nuova situazione, utilizzando nodi narrativi che a volte
sfiorano il grottesco (vedi la deflorazione ginecologica), o che comunque
risultano noiosi, o inverosimili come il finale melenso e scontato. Comunque, è
un romanzo agile che può essere utile per avvicinarsi a un aspetto di
una cultura che ci è vicina geograficamente ma di cui, confessiamolo senza
timore, non sappiamo e forse non vogliamo sapere niente.
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