lunedì 13 agosto 2012

... e uno brutto

Camilla Lackberg, Lo scalpellino
Partivo per le vacanze, Amazon mi fa continuamente delle offerte che non si possono rifiutare, quale momento migliore per leggere un giallo scandinavo con i miei propri occhi e rendermi conto dei motivi di tanto successo? Così ho acquistato Lo scalpellino, non ricordo a quanto ma spero a bassissimo prezzo, e poi ho cominciato a leggerlo sotto una tamerice di una spiaggia di Chios. E va be' che ogni tanto alzavo gli occhi e mi consolavo, ma che brutto libro!

Svezia, ai giorni nostri (ma per quel che riguarda un filo di apertura al mondo, potrebbe essere Papuasia o Paraguay). A Fjallbacka, paesino sul mare vicino a Goteborg, un pescatore di aragoste tira su le nasse e ci trova impigliato il cadavere di una bambina di sette anni. Patrick Hedstrom, il poliziotto incaricato del caso, la riconosce subito: è la figlia di un'amica di sua moglie. Di qui parte una vicenda che ha la sua remota origine e motivazione (naturalmente) in una serie di fatti del passato, mentre nel presente assistiamo all'agitarsi, non sempre comprensibile né spiegato, di numerosi personaggi. E qui posso cominciare a fare le mie lamentele: raramente, neppure nei libri per bambini, ho incontrato personaggi più rozzi, monocromi, caratterizzati da un'unica qualità, o difetto, di questi: nemmeno bozzetti ma tipi, figurine a una dimensione. C'è la madre buona e la madre depressa, il buono e la strega, il poliziotto sensibile e quello stronzo, la puttanella e il fanatico religioso, la donna maltrattata e il buon operaio tutto d'un pezzo... mah. Veramente scoraggiante.

La vicenda è una raccolta di tutti gli stereotipi che sembrano necessari per costruire oggi una qualsiasi narrazione, in particolare "gialla" (lo so che non di dice più, tutto è noir, o thriller, o al massimo poliziesco, ma per questo libro giallo basta e avanza). Le radici hanno origine in una trucida vicenda del passato, piattamente inserita tra un capitolo e l'altro, talmente inverosimile da rasentare il comico involontario, e del tutto superflua. Il poliziotto protagonista ha problemi personali: bambino in fasce, moglie depressa, sensi di colpa perché non dedica più tempo alla famiglia. A metà, assolutamente a pera, tanto per gradire e perché senza mancherebbe un ingrediente irrinunciabile, come l'aglio nelle ricette di Vissani, una botta di pedofilia. Verso la fine una scena talmente inqualificabile che mi vergogno a scriverne: domanda di matrimonio in ginocchio con estrazione della scatolina con l'anello, ecc ecc. Ma non si vergogna Camilla Lackberg? Evidentemente no, perché il suo orrido libro è stato tradotto in uno scatafascio di lingue, probabilmente ha venduto moltissimo.

E si capisce perché: è il grado zero della narrazione, semplice fino a diventare acqua fresca, zeppa di luoghi comuni, situazioni stranote, rassicurante come la telenovela delle due del pomeriggio. Anche le vittime si adeguano: muoiono i diversi, i difficili; gli antipatici sono colpevoli, di modo da non irritare nessun lettore. Un moralismo piccino piccino pervade sia la storia principale che quelle di contorno, tutto si svolge nell'ambito della famiglia, gli unici rapporti di cui si parla sono tra genitori e figli, rapporti tremendi, distruttivi e vischiosi. Non manca neppure il conflitto tra suocera e nuora. Le donne non parliamone, tutte vittime, serve dei maschi, o lamentose sul genere "tu non sai che cosa significa essere donna e madre". Ma le donne svedesi non erano molto più libere di noi mediterranee, e da molto prima? Comunque il quadro che ne viene fuori è desolante.

La scrittura poi è piattissima, banale, e la traduzione non l'aiuta: in una stessa pagina ho trovato insieme espressioni come "girarsi i pollici", "rispondere per le rime", "andare a rotoli", "prendersela calma", "avere una bella cera". A distanza di poche righe, troviamo due volte "togliere qualche peluzzo dal copriletto" per sottolineare che il personaggio è una fanatica della pulizia, e via così. Infine, perché questo titolo quando lo scalpellino è un personaggio minorissimo e presto fuori gioco? Come chiamare, si parva licet, Donna Prassede i Promessi sposi o Caronte la Divina Commedia.
Camilla Lackberg, nata nel1974, vive a Stoccolma e ha venduto sette milioni di copie con i suoi libri. Lo scalpellino, selezionato dall'Accademia svedese del poliziesco come miglior giallo dell'anno, è il terzo episodio della serie di Erica Falck e Patrik Hedstrom. Traduzione di Laura Cangemi.
Mi scuso se manca la dieresi su alcune vocali di nomi svedesi, ma nella versione ridotta di Pages per iPad non so dove stanno i caratteri esotici.
P.S. Con tutto ciò, io Lo scalpellino l'ho letto fino in fondo.

4 commenti:

Massimo Citi ha detto...

Bel coraggio, mia cara. Ho ancora ben presente il libro della Lackberg, uno dei tanti gialli scandinavi della stagione. Ricordo, comunque, che qualcuno tra gli affezionati del genere avevano mal giudicato - evidentemente a ragione - autrice e libro. Per la cronaca fu uno degli ultimi gialli - anzi noir-poliziesco-thriller ecc. - che riuscii a vendere durante la liquidazione del magazzino CS. La mattina del 31/3 me lo trovai ancora davanti, solo soletto, e riuscii a venderlo per il rotto della cuffia. Già, ma i gusti dei clienti della CS non erano troppo banali.

Massimo Citi ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
consolata ha detto...

Il vantaggio di tenere un blog che nessuno legge è che posso scrivere quello che penso! Ciao Max.

consolata ha detto...

Ciao Angela! Non ho visto il tuo commento, mi risulta "cancellato dall'autore". Comunque sono d'accordissimo con te, le mode passano, però finché durano un sacco di gente che magari legge un libro ogni tanto si trova davanti solo ciofeche come questa, e finisce per credere che tutti i libri siano così... :(
Ti abbraccio, Consolata