A
un anno da quando Dario Lanzardo ci ha lasciati, questo delizioso libretto di
ricordi d’infanzia ci riporta con forza la sua voce. Durante gli anni della
guerra, dal 1940 al 1945, la famiglia Lanzardo, padre madre e tre figli, fu
sfollata a Fosdinovo in Lunigiana, il paese della madre. Ci sfilano davanti i numerosi
parenti, nonni zie e zii, doverosamente ricordati con le loro bizzarrie, gli
abitanti più caratteristici, il parroco, gli amici della banda, la chiesa piena
di fascino e i furti dei cristalli del lampadario, il prete povero. Tra le mole
figure descritte spiccano quelle dei genitori di Dario, la madre poetessa e il
padre fotografo. C’è l’oscuro episodio che sarà ripreso nel romanzo Il principio di Archimede, un uomo e una
donna che lottano nel buio, la donna che cade dal parapetto della piazza o
forse è spinta, l’uomo che si allontana senza darle aiuto e la cui identità non
sarà mai scoperta. Dario è il più piccolo della banda di ragazzi dediti a
imprese rischiose, ma non si tira mai indietro. C’è la guerra, e non si può
dimenticarlo mai: ma i ragazzi che scorrazzano liberi dalla mattina alla sera,
della guerra conoscono soprattutto la libertà, la mancanza di controllo, e la
possibilità di guadagnare vendendo i residui lasciati dai combattimenti. Questa
è la parte forse più affascinante del libro, queste imprese al limite dell’incoscienza,
dalla raccolta di schegge di rame per
rivenderle alla passeggiata sul campo di mine. C’è il bellissimo
episodio dell’esplorazione del castello dei Malaspina dopo che i tedeschi
l’hanno abbandonato, la ricerca dei relitti, la magia della scoperta delle
antiche armi, le tracce dei nemici fuggiti che contano solo in quanto
commerciabili. Dopo la guerra c’è la scoperta del mare e l’innamoramento definitivo
per l’acqua, non più solo quella da bere golosamente ma soprattutto quella
salata in cui nuotare e navigare.
La
narrazione al presente accentua l’impressione di un tempo immobile in cui Dario
colloca la ricostruzione minuziosa di un mondo e di un momento di vita, più
statica che narrativa, fitta di episodi e aneddoti che sono vere e proprie
fotografie in movimento. Alla fine sono immagini piene di grazia quelle che
restano in mente, di giochi, di capanne nei boschi, della piccola Laura uccisa
da una scheggia di granata, di passi leggeri di bambini che sfiorano le mine
senza farle scoppiare, dello spettacolo malgrado tutto affascinante dei
bombardieri che spuntano dall’orizzonte con il loro carico di bombe che esplodono sulla pianura con lampi e boati
secchi secondo un disegno geometrico di grande perfezione come la tessitura di
un tappeto. C’è molto altro nelle pagine di questo libro che appare così
smilzo. C’è la vita e c’è la morte viste con gli occhi di un bambino curioso di
tutto e dotato di una memoria eccezionale, capace di arricchire qualsiasi scena
con particolari visivi che la rendono indimenticabile: già allora, occhi di
fotografo.
Completano
il volume la sensibile postfazione di Liliana Lanzardo e una serie preziosa di
fotografie relative al periodo descritto, di Dario e dei suoi familiari.
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