Il tempo non ha pietà, dice Franco Foschi in questo bel poliziesco ambientato a Bologna qualche anno dopo il 1977, quando il ricordo dei carri armati in città era ancora vivo e scottante. Io non sono un'esperta di gialli, ma di questo ho apprezzato molti aspetti. Non si tratta di un whodunnit ma di una storia d'azione, veloce e dinamica come promette il titolo, in cui contano più i personaggi e l'ambietazione che l'indagine. L'autore immagina che appunto nel '77 ci fosse una forte componente di immigrati nel movimento, in cui sia facile imbattersi nei vari ambienti della città.
Il protagonista è Modesto Serra detto Momo, investigatore privato ex poliziotto e attualmente collaboratore della polizia, uomo bellissimo e elegante, nero, ben introdotto in tutti gli ambienti, e dotato di coraggio, audacia e mancanza di scrupoli che lo rendono un temibile avversario per la malavita. A Momo si rivolge Sem Fall detto l'Albero, noto criminale senegalese, perché ritrovi una sua figlia ragazzina caduta nelle mani della mafia locale. Contemporaneamente il suo ex superiore gli chiede aiuto perché scopra le ragioni e la portata di una sanguinosa faida scoppiata nel quartiere della Bolognina, da cui Momo appunto proviene. Lo svolgimento della vicenda è velocissimo, pieno di colpi di scena e rovesciamenti, scazzottature e appostamenti, con personaggi ben delineati con pochi tratti e arriva a una conclusione di quelle che ti prendono alla gola lasciandoti senza parole.
Ma secondo me un elemento basilare del libro, che lo rende gradevolissimo anche a chi come me non impazzisce per commissari e segugi, è la scrittura. Muscolare, disinibita, sapientemente letteraria, si destreggia nella narrazione veloce senza mai perdere l'elemento caratteristico della scrittura di Franco Foschi, l'ironia capace di far sorridere ma anche di aprire sottofondi di signficato del tutto inaspettati. Insomma una lettura consigliatissima: un giallo d'azione che non rinuncia alla forma.
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