Ho scaricato questo libro, edito da IperWriters, perché il racconto L'eresia catara mi aveva colpito moltissimo nei tempi remotissimi in cui ho letto le Novelle per un anno, ed è rimasta l'unica reminiscenza di Pirandello, di cui avrò pure letto altro ma sicuramente non me ne ricordo. Di Giustino Roncella nato Boggiòlo non avevo mai sentito parlare ma invece mi ha fatto fare molte e proficue riflessioni.
L'interessante prefazione di Claudia Salvatori ne spiega genesi e vicende editoriali, io mi limito a parlare delle mie impressioni. Prima di tutto mi ha colpito la lingua in cui è scritto il breve romanzo. Non voglio dare giudizi su un mostro sacro della nostra letteratura ma sicuramente la sua prosa non brilla, non eccelle, non seduce, anzi si stiracchia faticosa e piuttosto goffa in certi punti. L'autore non ha fatto in tempo a rivedere l'ultima stesura e questa sarà sicuramente la causa. Ma ciononostante l'argomento è invece interessantissimo e molto attuale.
Il protagonista, grottesco e ridicolo, è Giustino Boggiòlo, sposato con Silvia Roncella, ragazza di buon senso ma purtroppo portatrice di un grave difetto, cioè la passione per la scrittura. I problemi cominciano quando un'opera di Silvia ottiene un improvviso e clamoroso successo, e la successiva versione teatrale ancora di più. Il successo e la fama la proiettano in mezzo ai disagi e alle soddisfazioni, dall'essere riconosciuta da tutti all'ambiente della cultura e della mondanità che se ne appropria immediatamente. Giustino viene completamente travolto dalla situazione, sentendosi responsabile della moglie, schiva e interessata solo alla scrittura, mentre lui si fa carico della gestione sia organizzativa che economica della sua gloria. Insomma, diventa l'agente di Silvia Roncella, ma è talmente compreso dalla sua parte che diventa anche una figura ridicola, e gli viene appioppato il soprannome di "Giustino Roncella" per indicare la sua totale identificazione con la moglie. Naturalmente le figure più patetiche le fa nel bel mondo autorefenziale, snob, crudele e meschino degli intellettuali e della nobiltà. Lui non si rende conto di niente, mentre la moglie, che nel frattempo è rimasta incinta, ne è ben cosciente e se ne vergogna. La fatica di essere all'altezza delle aspettative nei suoi confronti rende Silvia insofferente, l'eccesso di iniziative e l'ottusità di lui li allontanano. La storia prende poi una svolta dura e dolorosa, i due protagonisti precipitano ognuno nella propria solitudine senza possibilità di salvezza.
Ma più della vicenda, pur piuttosto avvincente, mi ha interessato la rappresentazione del successo di Silvia, che fa pensare più a una pop star che a una scrittrice. Folle che la attendono fuori casa e si recano a salutarla alla stazione quando parte, assedi di giornalisti e inviti nelle case più esclusive che piovono a catinelle. Ricorda certe mitiche rappresentazioni del successo letterario di certi romanzi americani che mi hanno sempre fatto ridere, tipo in La verità sul caso Harry Quebert di Joel Dicker, ma è stato scritto più di cent'anni fa. Inoltre, descrive il successo di una scrittrice donna, e anche la sua stessa esistenza, come un monstrum che fa spalancare gli occhi al milieu intellettuale e mondano, che non riesce a capacitarsene. Il marito è ridicolo e imbarazzante, ma la moglie è una stranezza vivente, tanto che non le è possibile occuparsi del figlio, che appena svezzato viene abbandonato nelle braccia della madre di Giustino, in Val di Susa, ad abissale distanza da Roma dove vivono i genitori. Pare che Pirandello si fosse ispirato alla coppia composta da Grazia Deledda e il marito. Moltissimi sono i personaggi minori, tutti più o meno spregevoli, cinici, calcolatori e pronti a sfruttare la vulnerabilità di Giulia e la stolidità di Giustino. Probabilmente riconoscibili dai contemporanei legati all'ambiente intellettuale e mondano di Roma.
Per cui non mi vergogno di dire esattamente il contrario di quello che sostiene il post La scrittura è tutto. Questo libro mi ha preso e incuriosito moltissimo per l'originalità del contenuto, per i personaggi insoliti, insomma per quello che dice, non certo per come lo dice.
Quanto al breve racconto L'eresia catara, come ho già detto mi aveva colpito tantissimo alla prima lettura, e anche questa volta l'ho trovato magistrale. La lezione di Bernardino Lamis davanti agli impermeabili nell'aula vuota è un pugno in pieno petto, di quelli che non si dimenticano più.
4 commenti:
Di Pirandello ho un unico ricordo: un'interminabile, stranoiosa rappresentazione teatrale dell'Enrico IV vista all'Alfieri una ventina d'anni fa. L'esperienza mi ha finora tenuto lontano da lui, ma questo tuo scritto mi ha molto incuriosito e, dato l'esiguo prezzo dell'ebook, l'ho acquistato. Finisco lo splendido romanzo di W. Somerset Maugham (Il filo delrasoio) e poi mi dedicherò a questo Pirandello.
@fumettidicarta E' la terza volta che provo a risponderti, non so perché le mie risposte non compaiono. Spero che Pirandello non ti deluda, poi dimmi che cosa ne pensi, il tuo giudizio mi interessa. E grazie di leggermi!
Carissima, ho letto il libro di Pirandello (il mio primo!) e mi è piaciuto molto.
Non il linguaggio perché non essendo abituale lettore di romanzi italiani dei primi del '900, faccio un po' fatica con quei periodi lunghi(ssimi!), certe volte - per me - un po' involuti e con tutti quei termini desueti. Non è una critica, ci mancherebbe pure (è arrivato il "filologo", è arrivato... ^____^), ma semplicemente una mia non-abitudine che ha reso la lettura più complessa del previsto.
La storia mi è piaciuta moltissimo, e mi è piaciuta l'acidità con cui l'autore evidentemente tratta il mondo letterario del tempo. Tra l'altro ho anche fatto un po' fatica perché di Pirendello mi ha sempre infastidito la sua entusiastica (iniziale, almeno) adesione al regime e il suo essere tra i primi e più convinti firmatari dell,orrido manifesto gentiliano.
Comunque, tornando a libro, dei personaggi non se ne salva uno e gli unici "innocenti" o tacciono o muoiono.
Ho anche letto con estremo interesse l'introduzione di Caludia Salvatori - che come faccio sempre con le introduzioni, ho letto per ultima - che mi ha aiutato a capire meglio e a entrare maggiormente nello spirito dell'opera.
Come anche a te, mi è piaciuto moltissimo il breve L'eresia catara, col quale ho avuto decisamente meno problemi di linguaggio, mi è sembrato molto più moderno del Boggiòlo.
Grazie del consiglio, sono stato veramente contento di leggere questo libro!
@Fumetti di Carta sono felicissima che ti abbia interessato la triste, ma vitale, storia del povero Giustino Boggiòlo. E mi pare che sostanzialmente siamo d'accordo sia sulla faticosa e un po' goffa scrittura, sia sull'interesse della vicenda e dei personaggi. Si vede che è un mondo che l'autore conosce bene e di cui ha pochissima stima. Ogni tanto le letture casuali si rivelano felici. Però non credo che per il momento leggerò altro di Pirandello, che non mi ha mai interessato granché.
Adesso sto rileggendo un autore davvero straordinario, e un po' dimenticato direi, Boris Vian. Tu l'hai mai letto? Spero di finire la recensione domani. E' sempre bellissimo incontrarti su queste pagine. A presto, speriamo.
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