domenica 3 maggio 2020

Letture in quarantena 5 - Vivere e basta: ma basta per vivere? Yusuf Atılgan, Lo sfaccendato

Dello scrittore turco Yusuf Atılgan ho amato senza riserve il bellissimo Hotel Madrepatria
pubblicato in patria nel 1973, di cui questo Lo sfaccendato del 1959 è un po', per certi versi, la prima stesura, nel senso che se la vicenda è molo diversa e i luoghi dell'azione anche, il protagonista C. ha molti punti di contatto con Zebercet, nella rinuncia a incidere sul mondo circostante e la scelta di osservarlo come dal di fuori.

Siamo a Istanbul, percorsa seguendone minuziosamente la topografia, con ogni mezzo a disposizione: taxi, tram, funicolare, e ovviamente a piedi. Sui passi del protagonista (che non ha nome, nei discorsi degli altri si chiama C.) entriamo negli studi dei pittori, nei ristorantini e nelle pasticcerie, nel suo appartamento, nei cinema dai palchi profondi dove si svolgono attività misteriose, nelle pensioni sulle spiagge del Bosforo, in mare, a letto. L'intero romanzo è uno svagato girovagare, una ricerca senza necessità di trovare, un perdersi per non ritrovarsi. C. è sfaccendato in quanto è ricco, non ha bisogno di lavorare, condizione di cui si vergogna ma che prende alla lettera. Gira per la città osservando con minuziosa attenzione le persone, il loro abbigliamento, le espressioni sul volto, l'interno dei ristoranti e i camerieri, si sposta, ma nessuna delle sue azioni ha un fine pratico. Perché in realtà C. è alla ricerca della donna, dell'amore. Seguiamo un paio di questi incontri, con Ayşe, che in realtà è un ritorno, e con Güler, che non è all'altezza delle aspettative di C., mentre sempre sfiorata e sempre perduta è B., forse l'unica che avrebbe potuto amare. Güler racconta la sua storia con C. nelle lettere all'amica B., Ayşe scrive un diario in cui registra pensieri e avvenimenti, e così veniamo a conoscenza dei loro sentimenti, delle paure, illusioni e delusioni. Di C. sappiamo tutto perché siamo dentro di lui dalla prima all'ultima pagina, ma in realtà non sappiamo niente fino alla fine, quando decide di raccontarsi con sincerità sorprendendo sia noi che la sua interlocutrice, e in fondo deludendo entrambi.

Un romanzo tutto narrato al passato prossimo, scandito secondo le stagioni, dove non succede molto al di là di questo ossessivo girovagare, ma profondamente ipnotico e avvolgente. Yusuf Atılgan ha una scrittura concreta fatta di piccoli particolari che si accumulano, talvolta carichi di un significato che scopriamo solo più tardi, altre volte testimoni solo di se stessi. Certo risente dell'atmosfera letteraria degli anni '50, forse c'è un po' di Freud, ma non è assolutamente "datato", anzi, la narrazione è senza tempo e affascina inchiodando alla lettura. C. è un personaggio che non chiede empatia al lettore, ma gli presta i suoi occhi per (ri)vedere una città meravigliosa e vitale come Istanbul, in un'epoca ormai lontana ma sorprendentemente contemporanea.

Le donne sono importanti per Lo sfaccendato, e oltre a comparire nei suoi occhi e nei suoi pensieri, parlano in prima persona. L'epoca in cui è stato scritto era ancora laica, il rinascimento islamico di Erdogan ben al di là da venire; e queste ragazze, che pur vivono in casa con i genitori e quindi sottostanno al loro controllo, sono notevolmente indipendenti, come sempre, pur essendo sorvegliate  e legate alla loro condizione, riescono in fondo a fare quello che vogliono finché non lo fanno troppo pubblicamente. Una è pittrice e l'altra è studentessa universitaria, entrambe sono parecchio libere nei movimenti, non si fanno problemi a sperimentare il sesso con C. e non sembrano avere grandi scrupoli morali o religiosi. Invece, subiscono il controllo sociale e ne pagano le conseguenze. L'abbigliamento era quello tradizionale, ora riadottato dalle nuove ortodosse, e tutte portavano il pardessus, come con termine francese viene indicato in Turchia il soprabito leggero (qui tradotto come impermeabile) indossato sulla gonna lunga o sui pantaloni. Di veli, naturalmente, non c'è neanche l'ombra.

Se conoscete Istanbul, se avete preso il Tünel, se sapete distinguere Tophane da Eminönü, sarà un piacere aggiunto aggirarvi di pagina in pagina nei luoghi percorsi da quell'anima in pena del protagonista. Se non ci siete mai stati, fatevi ispirare e quando sarà di nuovo possibile, andate a vedere di persona una delle città più belle del mondo. Se di Istanbul non vi importa niente, leggete Lo sfaccendato perché è un romanzo straordinario, assolutamente diverso dai romanzi turchi di maniera che tanto successo hanno da noi, fingete che il protagonista sia finlandese e funzionerà altrettanto bene. Lasciatevi prendere dalle spirali del suo contorto pensiero, e ne sarete ricompensati dalla bellezza della scrittura e dall'originalità del tema. 
Bella traduzione di Rosita D'Amora e Semsa Gezgin.   

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