Ho trascurato il mio blog in maniera vergognosa, ma con quello che succede, sembra impossibile, anche a stare chiusa in casa il tempo vola tra telefono, social, Netflix, scrivere e leggere... insomma la povera Anaconda sarà pure Anoressica ma ha bisogno di un po' di nutrimento. Non ho letto tantissimo, ma tre libri di cui vale la pena parlare ci sono.
Oggi comincio da Kader Abdolah, Un pappagallo volò sull'IJssel. Avevo appena letto La casa della moschea per cui mi sono addentrata volentieri in un altro romanzo dell'autore iraniano naturalizzato olandese. Che non mi ha delusa, anzi mi è molto piaciuto, anche se all'inizio ho creduto per un po' che si trattasse di un libro scritto in un periodo anteriore, un po' per la scrittura molto semplice e talvolta trasandata, un po' per la semplicità delle vicende (la ripetizione è voluta). Invece è uscito nel 2014 in Olanda e nel 2016 in Italia, sempre per Iperborea. Comunque, racconta le peripezie dei richiedenti asilo in Olanda negli anni precendenti all'11 settembre, alle guerre in Medio Oriente e all'assassinio di Theo van Gogh. Molti sono i personaggi, a cominciare da Memed, fuggito dall'Iran con un passaporto falso per poter far curare la piccola figlia gravemente ammalata, che all'inizio pare il protagonista ma poi si perde un po' nel corso del romanzo. Nella piccola città dove viene mandato incontra altri rifugiati provenienti da paesi islamici, e le loro storie intrecciate costituiscono la trama. L'Olanda è molto ospitale e attenta a fornire servizi perché l'Islam non è ancora stato individuato come il grande nemico.
Molto importanti sono le donne, Lina la traduttrice, intelligente e determinata, che riesce a vivere vicende amorose e politiche in contemporanea, Pari, che paga a duro prezzo la sua ricerca di indipendenza e felicità, la moglie del colonnello siriano divisa tra presente e passato, ma anche i dodici anziani che rappresentano la continuità con la cultura e le tradizioni del paese di provenienza, Khalid il pittore miniaturista e infine il pappagallo donato a Pari da una guaritrice olandese, che tutto vede e prevede dall'alto svolazzando lungo le rive dell'IJssel... Le vite dei rifugiati si intrecciano con quelle degli olandesi che li accolgono e non hanno paura di mescolarsi con loro.
Abdolah non rifugge dagli elementi di sapore fiabesco o magico, che aggiungono un aroma di spezie orientali alla narrazione. Tutta la prima parte, che tratta un periodo in cui i rifugiati erano relativamente pochi e soprattutto suscitavano interesse e non paura, ha un andamento lieve e sognante malgrado la forte presa sulla realtà e una certa accattivante ingenuità, ma il ritmo si accelera e l'atmosfera si incupisce nella parte finale, come già succedeva in La casa della moschea. Un romanzo che prende e fa girare una pagina dopo l'altra con gran piacere e curiosità, complice la struttura a capitoli brevi e l'abilità nel delineare i numerosi personaggi, ognuno dotato di personalità e caratteristiche ben distinte. Adattissimo alla lettura in questi giorni un po' svagati e un po' inquieti. Traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo.
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