Da molto non me la godevo così tanto come leggendo questi smilzi volumetti Sellerio ripescati nello scaffale dei libri comprati e mai letti. Avevo un tesoro sotto mano e rischiavo di non scoprirlo mai. Comincio da Akrivia Frangopulo di Joseph-Arthur de Gobineau. Nella mia immensa ignoranza, qesto nome non mi suonava nuovo, ma non lo associavo a niente, vuoto assoluto. E invece Joseph-Arthur de Gobineau, pace all'anima sua, è indelebilemente legato alle più repellenti teorie razziste del XX secolo per via del Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane, 1853-1855, non so quanto a ragione perché non l'ho letto. Inoltre, il poverino è morto a Torino nel 1882, stroncato da un infarto, ed è sepolto al Cimitero Monumentale.
Ma per quel che riguarda Akrivia Frangopulo, posso dire che è un incanto puro e semplice. Non tanto per la storia, quasi inesistente, ma per l'ambientazione curiosa e affascinante nelle Cicladi di metà Ottocento, o meglio dopo il 1866, data di una delle numerose eruzioni del vulcano di Santorini. Allora: la corvetta inglese da guerra Aurora, proveniente da Corfù e comandata dal giovane Henry Norton, è costretta da una lieve avaria a fermarsi qualche giorno nel porto di Nasso. Qui il comandante viene accolto da due notabili del luogo, i signori de Moncade e Frangopulo, che con squisita ospitalità lo invitano nelle loro case dove conosce le famiglie, in cui spicca la bellissima giovinetta Akrivia. Norton, già innamorato di lei, propone una visita a Santorini per vedere il vulcano in eruzione. Dopo una sosta a Antiparos presso il corfiota Spiridione Mella e aver contemplato le spettacolari esplosioni e le colate di fuoco in mare, l'Aurora ritorna a Nasso, ma l'amore ha fatto il suo corso e il destino di Norton cambierà per sempre.
Questa l'esile trama, ma quello che è impagabile, dicevo, è la descrizione dei luoghi e dei personaggi delle isole. Io ricordo sempre una frase di cui purtroppo ho scordato l'autore, ma era un intellettuale noto, che all'inizio degli anni '70 ha detto qualcosa che suonava "il turismo ha distrutto in dieci anni una civiltà che aveva impiegato millenni per formarsi", appunto la civiltà delle isole greche, delle Cicladi in particolare ma non solo. Ed è stato proprio così. Io non posso pretendere di averle frequentate nel loro incanto originale, ma sicuramente ho avuto la fortuna di vedere le più stravolte (Mikonos o Santorini per esempio) quando ancora traspariva il loro modo di essere originario. Nel '67 erano ancora remote, gentili, bellissime e semplicissime. Non che non ci fossero turisti, ma erano lì per vedere quello che c'era, non alla ricerca delle stesse cose che avevano a casa loro. Ricordo di avere coltivato il sogno di passare un inverno a Mikonos, in solitudine e contemplazione. Già agli inizi degli anni '70 il turismo di massa ha preso piede con le sue pretese e la potenza distruttiva che conosciamo tutti. Non sono così scema da non capire che il turismo ha portato ricchezza e attività in luoghi spopolati dall'emigrazione e dalla difficoltà della vita, ma bisogna prendere atto che ha spazzato via tutto quello che non era funzionale allo sfruttamento turistico. Infatti non sono più tornata né a Mikonos né a Santorini, e per parecchi anni non sono tornata proprio in Grecia. Poi ho ripreso a andarci perché è bella, piena di storia, economica e malgrado la sua piccolezza le isole e gli altri posti da vedere e rivedere sono moltissimi. Ma ho potuto assistere alle trasformazioni, per esempio, di Karpathos, che mi hanno straziato il cuore. Anche a Karpathos non tornerò più.
Nelle pagine di Gobineau ho trovato, incredibilmente, proprio le cose che mi hanno incantato tanti
anni fa, al loro massimo e narrate con efficacia e grande rispetto. L'incredibile cortesia e ospitalità di tutti gli abitanti. La frugalità della vita e la semplicità delle case, anche quelle nobiliari. L'isolamento, la lontananza dal mondo, la capacità di bastare a se stessi. La bellezza dei luoghi, i colori, il vento e il sole. E commuove riconoscere i punti di riferimento ancora oggi esistenti - le rovine sull'solotto all'entrata del porto di Nasso, l'arco che conduce nella città vecchia, le case in stile italiano ognuna con il suo scudo nobiliare sul portone, i palazzetti fortificati nella campagna. Poi c'è l'incredibile descrizione del vulcano in attività, con gli scoppi e le colate di lava in mare, le rocce che affiorano e sprofondano nelle acque ribollenti, un assaggio di inferno in paradiso.
Santorini, a differenza di Nasso, era ricca perché produceva vino, e i frequenti rapporti con Costantinopoli e Odessa (dove veniva smerciato il suo vino) la rendevano cosmolita. A questo proposito è affascinante la figura del conte Mella: corfiota di origine ma vissuto a Mosca, a Costantinopoli, a Alessandria, in India e nel Peloponneso, giunto agli ottant'anni questo avventuriero si prese una moglie giovane e sbarcò a Antiparos dove si fece agricoltore, nella speranza di introdurre la vite e emulare le fortune di Santorini. Accoglie i visitatori sconosciuti con grande gentilezza e li accompagna a visitare la famosa grotta di Antiparos, ma evidentemente all'autore questa esperienza non era piaciuta molto. Anche altri personaggi sono davvero affascinanti - più che i due protagonisti, Norton e Akrivia, ho apprezzato de Moncade e Frangopulo, due gentiluomini vestiti alla moda di cinquant'anni prima ma pieni di dignità, coscienti del loro ruolo, decisi a fare tutto quanto è in loro potere per accogliere al meglio l'ospite inatteso.
Sulle donne ci sarebbe da dire molto o niente, a seconda di come uno prende la maniera in cui sono descritte. Belle - per Gobineau le isolane delle Cicladi sono tutte bellissime, così come i bambini -, semplici, vicine a uno stato di natura, e Akrivia costituisce il punto più perfetto di questa tipologia. Talmente incantevole che di lei si innamorano tutti, anche il medico sessantenne, assolutamente priva di artifici, cultura, esperienza, conoscenza del mondo, opinioni, curiosità, in tutto simile alle donne di tremila anni fa. Questione di gusti, naturalmente. La sua natura passiva la rendeva impermeabile all'ammirazione che suscitava. Era, dice l'autore, "proprio la donna dei tempi omerici, che non viveva, che non aveva altra ragion d'essere se non nell'ambiente e per l'ambiente in cui si moveva; figlia e sorella esclusivamente, in attesa di diventare, in modo non meno assoluto, sposa e madre". Per Norton è l'incontro del destino: tutto cambierà da quel momento in poi.
Per me non posso dire che l'incontro con Akrivia Frangopulo sia stato altrettanto fatale, ma certo il racconto mi è piaciuto molto e penso che chiunque abbia visitato le Cicladi dovrebbe leggerlo. Dico sul serio, se amate la Grecia cercate questa novella lunga e ne trarrete sicuramente piacere e giovamento. Vi spiegherà l'origine della passione cui tanti soccombono, io per prima, che ne ho fatto la prima delle mie seconde patrie e non mi stanco di ritornarci anno dopo anno. Anche se a Mikonos e Santorini no, non ci metterò più piede.
Sellerio Edizioni 1994, traduzione di Michele Lessona, con una nota introduttiva di Salvatore Mazzarella.
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