giovedì 14 giugno 2018

Un viaggio della mente, del cuore e degli occhi: Lawrence Durrell, The greek islands

Sono un po' sparita di ultimo ma non è che abbia battuto la fiacca, ho letto libri un po' così e poi mi sono imbattuta in The greek islands di Lawrence Durrell.
Excusatio non petita: di nuovo un libro in inglese, di cui non sono riuscita a trovare traccia di traduzione in rete. L'ho trovato in una cartolibreria di Corfù e non sono riuscita a resistere malgrado sia scritto in corpo microscopico stile messaggio tra spie, con l'idea di dargli un'occhiata qua e là. Ho avuto una passioncella per Lawrence Durrell e il suo Quartetto di Alessandria e altro, anni fa sono anche andata a vedere la sua casa di Corfù, insomma un acquisto tra il doveroso e l'incuriosito. Ho cominciato a sfogliarlo cercando le isole che conosco meglio, ho letto qualche pagina e poi ho ricominciato dal principio e non sono più riuscita a staccarmente.

Uscito nel 1978, The greek islands sembra un reperto della cività cicladida, una di quelle kukles che ho sempre sognato di trovare su una spiaggia deserta tra cocci e conchiglie. Il fatto è che si tratta di un repertorio pressoché completo delle isole abitate della Grecia, a esclusione di Cipro, in cui non si nomina né un ristorante né una spa né un albergo né un pub né un resort. Sembra impossibile, sembra incredibile ma è così. Durrell parla della civiltà delle isole prima della megali catastrofì del turismo di massa. Non mi vergogno di sembrare una snob, ma ho avuto l'immensa fortuna di poter intravedere (e immaginare) quel che ne restava, poi per molti anni me ne sono tenuta lontana per riprendere in seguito a frequentarle sapendo che erano diventate un'altra cosa. Gradevolissima, bellissima, ma niente a che vedere con quello che erano state per secoli. E su certe isole non ho messo e non metterò più piede, voglio ricordarle com'erano, come si dice. Ora, sarò snob ma non sono scema, so che il turismo ha riportato vita, benessere e gente in luoghi paradisiaci ma spopolati, dove la vita era dura, la povertà spingeva all'emigrazione, ogni pugno di grano era frutto di fatica. Ma ha anche spazzato un'intera, mirabile civiltà, non c'è altro da dire.

Lawrence Durrell ha conosciuto benissimo la Grecia, vi è vissuto a lungo, e in particolare ha viaggiato in barca a vela tra le isole, come si intuisce dal fatto che riporta sempre le condizioni dei porti d'arrivo, e spesso su queste si basa per giudicare la piacevolezza o meno dell'isola stessa. Il suo interesse precipuo, però, è legato alle tracce del mondo classico che vi si possono trovare, ai legami mitologici o storici con la Grecia antica. In seconda istanza viene la bellezza della natura ( le sue preferite sono Corfù, Rodi e Creta, in ragione della vegetazione lussureggiante) e pari merito, la
simpatia e l'empatia per i greci contemporanei intesi più come individui che come popolo.
Su molti dei suoi giudizi non sono affatto d'accordo (come si fa a dire che i villaggi della mastichochoria di Chios non sono interessanti? evidentemente non li ha visti!), altri mi sembrano assurdi (non sbarca neppure a Samotracia, una delle mie passioni, indispettito dalla mancanza di un porto e inquietato dalla presenza del santuario dei Cabiri, affermando che è cupa, è barbarica [...] sentii i cannibali che scaldavano i pentoloni). Va be', ognuno ha le sue fisime; e quelle di Lawrence Durrell ci stanno come quelle di chiunque altro.

Ma lui ha avuto il merito di scrivere un libro parziale, informatissimo sulle cose che interessano a lui, appassionante come un romanzo, bellissimo, felicemente fuori tempo, fortemente personale, pieno di fascino e denso di aneddoti, personaggi e descrizioni vivacissime. Con una utilissima appendice su flora e fauna. Verrebbe voglia di trovarsi con Lawrence Durrell davanti a un bicchiere di retsina e un piattino di olive (lui preferirebbe uzo e polipo, lo so) a discutere delle rispettive opinioni su questa o quell'isola, in gara di informazioni e conoscenza dei luoghi, in una taverna riparata dal vento ma abbastanza vicina al mare da farcene sentire il respiro.

P.S. E siccome anche stando fermi si possono fare viaggi, ecco che mettendo a posto il volume di cui sopra nello scaffale dei libri in inglese, che cosa scopro? Che l'ultimo della fila al quale lo stavo appoggiando era esattamente lo stesso, con il biglietto del traghetto Lesbo - Chios del 24/8/2003 come segnalibro tra le pagine. Se non è un viaggio nella memoria (bucata come un setaccio) questo...

            

2 commenti:

Orlando Furioso ha detto...

Fantastico!
Io un certo libro sulla mitologia norrena sono riuscito a comprarlo TRE volte! :DDD
A mia difesa v'è da dire che quei furbacchioni della Montatori l'hanno fatto uscire a distanza di qualche anno con tre copertine diverse, quindi almeno in parte sono giustificato :)
Mi piace moltissimo quando parli della Grecia perché ne parli da persona che la conosce bene e ti si starebbe ad ascoltare o a leggere per delle ore...
Io che amo la Grecia da lontano pur non essendoci mai stato, mi beo e mi delizio coi tuoi racconti che mitigano anche un po' il dispiacere di non averla mai vista.
Grazie!

consolata ha detto...

Vedo solo adesso il tuo commento, evidentemente blogger si è dimenticato di avvertirmi. Grazie per la fiducia e la stima, sono in Grecia adesso, a Samotracia, proprio nei giorni della tragedia degli incendi a Rafina, e l’amore per questo paese è particolarmente struggente. E vienici, veniteci, un po’ in questo bellissimo paese! Baci e a prestissimo.