E così è successo di nuovo, quello in cui non speravo quasi più, la benedetta situazione in cui ci si sdraia un attimo sul letto (o ci si cala sul sofà, o dove si vuole...) dicendo "leggo una mezz'ora poi mi metto a fare quello che devo", e non è mai una roba da poco tipo lavare i piatti, ma impegni e scadenze di quelli che generano rimorsi e strizzatine di pancia al pensiero... e poi "ancora un capitolo", "ancora fino al prossimo salto di riga", "ancora dieci minuti" e il pomeriggio passa e i doveri si proiettano al giono seguente - in cui tutto si ripete. Mi è successo per una settimana intera, con The death chamber, l'ultimo romanzo di Lesley Thomson, scrittrice inglese di gialli da me molto amata e molto recensita, ma inspiegabilmente ancora non tradotta in Italia. Siete avvisati, è un libro in inglese, scaricabile da Amazon.
Sesta puntata delle avventure di Stella Darnell, The detective's daughter, che dirige con piglio deciso un'impresa di pulizie, del suo inquieto collega e sodale Jack Harmon, e in questo caso anche della sua amica e collaboratrice Jackie, solido punto d'appoggio dell'impresa Clean Slate. In realtà Stella, la figlia del detective, è anche lei un'investigatrice specializzata nella soluzione di cold case, e anche questo caso viene coinvolta da un vecchio collega del padre nella ricerca di un assassino, o forse due, cui si attribuisce la sparizione di due ragazze, a vent'anni l'una dall'altra. Una delle grandi attrattive dei romanzi di Lesley Thomson è l'ambientazione, che fino a quest'ultimo era sempre londinese e non si scostava mai molto dal Tamigi e in particolare da Hammersmith. Ma questa volta ci porta addirittura nei Cotswolds, zona collinare a nord ovest di Londra, che è un'epitome di inglesitudine, villaggi di pietra color miele, giardini fioriti di delphinium, digitale, buddleja e achillee, pub, castelli, siti preistorici, leggende, signore col cappellino, boschi, sale da tè e case abbandonate nel bel mezzo della campagna. Per interderci una specie di Midsomer, ma invece dell'ispettore Barnaby seguiamo Stella e i suoi amici, tutti alla fine coinvolti nella complessa vicenda densa di soprprese e colpi di scena. Ecco, se posso fare un'osservazione (ma niente toglie al piacere della lettura), la storia è forse un po' troppo attorcigliata, ci sono molte giravolte risolte attraverso lunghi dialoghi a più voci che forse non sono proprio quello che mi piace di più in un thriller. Ma tant'è. Lesley Thomson è una grande narratrice, scrive con ritmo, chiarezza e semplicità, i suoi personaggi creano dipendenza, e io me la sono goduta fino all'ultimo a scapito di tutto il resto. Dovere e piacere 0 a 1, ottimo.
E poi due parole sul Salone del Libro 2018, finito da pochi giorni e già dimenticato. Naturalmente sui giornali si leggono solo numeri, trionfali, e in effetti c'era una folla strabocchevole, difficilissima da fendere, onnipervasiva, sdraiata in terra e ammassata nei gabinetti, in code chilometriche e angoscianti, sicuramente ansiosa di vedere (e magari anche sentire) gli stessi personaggi visti la sera prima in televisione e pronti a ricomparire sui nostri schermi la sera stessa. Buon per loro, ognuno ha i suoi gusti e menomale quando può coltivarli a soli 10 € come in questo caso. Ma faccio una modesta proposta, paradossale quanto quella di Swift anche se meno cruenta: perché non togliere di mezzo libri e editori, che intralciano solo le code? Magari tenendo Mondadori e Newton Compton che fa anche comodo comprarli lì invece che al supermarket, tanto per non dover cambiare il nome alla manifestazione, e fargli un apposito spazietto, una fierina del libro, un mercatino dell'editoria silenzioso e frusciante di pagine girate? Quest'anno, girando per il Lingotto, ho avuto la netta sensazione che i libri fossero del tutto superflui. Pleonastici. Trasparenti. Poi per carità, è sempre un posto divertente. Si fanno un sacco di incontri, si ciancia, si vedono vecchi amici che altrimenti si perderebbero di vista. Si vede gente, si fanno cose. E come diceva Nanni Moretti, ma l'affitto, chi lo paga?
2 commenti:
Un milione di applausi per la parte sul salone del libro e le sue trite "star televisive".
Abbracci tanti ma tanti!
Be', forse ho esagerato un po'... ma certo che gli unici posti dove si poteva circolare senza fare a spintoni erano gli stand degli editori. Basta mettersi d'accordo e dirselo, ai visitatori del Salone dei libri gliene frega pochissimo. Smack e rismack.
Posta un commento