Sì, voglio parlare d'amore, il mio per Panait Istrati, che magari per molti (e quanto mi spiace per loro!) è un perfetto sconosciuto. Personaggio affascinante dalla vita più che avventurosa (val la pena dare un'occhiata alla sua biografia), ma per me conta perché ha scritto Kyra Kyralina, libro che è stato una scoperta abbacinante quando l'ho letto per la prima volta. Letto e riletto (l'ultima volta la settimana scorsa, e ecco perché sono qui che scrivo: mi sono accorta che non ho mai scritto niente su questo autore) e sempre amato tanto che è, insieme a Alice nel Paese delle Meraviglie, il libro che vorrei avere scritto io.
I suoi libri forse non li trovate in libreria ma in rete sì, sia in formato cartaceo che digitale, e se leggete in francese ne trovate molti gratuiti, tra cui appunto Kyra Kyralina, perché malgrado le sue origini, e per via delle sue vicissitudini, Panait Istrati scriveva in francese, e solo in un secondo tempo ha tradotto i suoi libri in romeno.
Panait Istrati è nato a Braila, in Romania, da madre romena e padre greco, un contrabbandiere che morì quando Panait aveva sei mesi. Braila è un grande porto fluviale sul Danubio, non lontano dal delta e dal Mar Nero, e in Kyra Kyralina le navi che dal Danubio andavano a Istanbul hanno un ruolo importante. E sulle onde e intorno al Mar Nero, che noi consideriamo giusto una pozzanghera insignificante, ne succedevano di cose. Come si legge anche nei bellissimi Racconti del Caucaso di Maksim Gorkij che con Kyra Kyralina hanno molto in comune, anche se lì si tratta soprattutto del Mar Caspio. I due scrittori condividono l'amore per il vagabondaggio, l'avventura, la libertà, e una lancinante nostalgia. Paesi strani e fascinosi, periferie di imperi entrambi, perché la Braila di cui parla Istrati è parte dell'impero ottomano che si stende dai Carpazi all'Egitto, e come dice un personaggio del libro, Barba Yani, non c'è paese in cui si possa essere più liberi a patto di stare zitti e scomparire nella folla.
La storia è costruita a scatole cinesi e divisa in tre parti, Dragomir, Kyra Kyralina e Stavros, inserite in una cornice che è il primo capitolo del Ciclo di Adrien Zograffi, che contiene numerosi romanzi. Le storie scaturiscono una dall'altra con la forza e la naturalezza dell'oralità, mentre i cupi e tragici avvenimenti che si srotolano davanti al lettore sono temperati dalla tenerezza, dal rispetto e dall'empatia che lega i personaggi. Nella prima parte si narra dell'incontro tra il giovanissimo Adrien e un venditore di limonata di origine romena, Stavros, che racconta un episodio della sua vita: lo struggente matrimonio bianco con una bella giovane, di famiglia molto rigida, e le sue terribili conseguenze. Stavros è omosessuale, e nella seconda parte racconta la sua infanzia, quando ancora si chiamava Dragomir, con la bella madre e la bellissima sorella Kyra, due donne di cui era in totale adorazione. Nella casa della madre, separata dal padre violento e severo che compariva solo per picchiarla ogni tanto, tutto era piacere: la sera arrivavano i moussafir, i visitatori, con cui si trascorrevano le notti in allegria, facendo musica, danzando, bevendo e mangiando dolci. Nelle parole di Stavros il piacere era innocente, era amore per il bello e per la vita, mentre il padre e il fratello maggiore rappresentavano la negazione di ogni gioia.
La madre poteva permettersi tutto ciò perché era ricca e aveva due fratelli haiduc, potenti banditi e contrabbandieri che la proteggevano. Ma nulla la difende dalla tragedia che incombe, e la piccola compagnia viene separata per sempre. La madre sparisce, Dragomir e Kyra vengono rapiti da un trafficante di schiavi sessuali, che tiene per sé Dragomir e vende Kyra a un harem. La vita di Dragomir da quel momento è una continua caduta, anzi un incolpevole rotolare giù per la china della vita, con l'unico straziante scopo di ritrovare la sorella. Un ulteriore incontro tra Adrien e Stavros in una taverna del Cairo porta all'ultima parte del racconto. Quando pare che l'abiezione e l'infelicità non possano che concludersi con la morte, Dragomir incontra Barba Yani, un ex insegnante greco deportato per misteriosi crimini d'amore, ora venditore di salep. Barba Yani accoglie con compassionevole affetto il povero Dragomir che da quel momento diventa Stavros e inizia la vita di libertà e miseria che lo porta in ogni angolo dell'impero, perdendosi nella vasta Anatolia.
Il libro è smilzo ma le vicende sono molto più articolate, però non voglio sciupare il grande piacere di leggerlo. Panait Istrati ha una capacità di raccontare stupefacente. Non spreca una parola, non si compiace, ci mette davanti la nuda realtà del dolore e della sopraffazione, del conforto dell'affetto, dello struggente desiderio, del buio della vita che continua anche quando i motivi sono venuti meno, e lo fa attraverso i fatti e le parole dei personaggi, senza artifici. Tutto è stupefacente in questo libro, i luoghi, le abitudini di vita, le regole morali che distano anni luce dalla nostre, i sentimenti assoluti e privi di sfumature. E quel senso di nostalgia, di privazione e rimpianto di una condizione perduta di felicità, non possono lasciare indifferenti. E le cose che contano sono ridotte all'essenziale, vivere non richiede molti accessori, un contenitore per i limoni o per il salep, due bicchieri per servire i clienti, e scarpe buone per percorrere il vasto mondo. Avessi saputo scrivere anche solo dieci pagine così, avrei impiegato bene il tempo passato alla tastiera.
Un altro libro di Panait Istrati che mi è piaciuto molto è Les chardons du Bagaran, che non so se si trova in italiano. Parla del Bagaran, steppa dove crescono solo cardi e in cui d'autunno soffia un vento travolgente che proviene dalla Russia. Il vento strappa i cardi che rotolano a velocità incredibile, e i ragazzi li inseguono trattenendoli con un bastone uncinato per farsi trascinare. Il protagonista, figlio di miserrimi pescatori d'acqua dolce, fugge con i cardi verso la libertà... ma prima sperimenta ogni sorta di privazione e pericolo, che culminano con l'inizio delle terribili sollevazioni di contadini che nel 1907 furono soffocate nel sangue, con l'uso di cannoni che rasero al suolo parecchi villaggi e provocarono un numero di vittime che non è mai stato stabilito, ma si può contare in migliaia. Anche questo romanzo affascina, ma quello che colpisce di più è la descrizione della miseria dei contadini, che si nutrivano solo di polenta, pochissima, e il pane era talmente raro e prezioso che i ragazzini avevano l'abitudine (piuttosto disgustosa, l'ammetto) di conservarne un boccone masticato e farne una pallina che riponevano nel berretto per mangiarla in seguito, facendo così durare di più il piacere. Infine consiglio anche Il bruto , in cui si parla di un amore che oggi sarebbe incomprensibile e soprattutto inaccettabile, e Présentation des Haidouc, dove è narrata la vita dei leggendari briganti di questo nome.
Panait Istrati racconta storie che vorrei avere raccontato io, con le parole che vorrei avere usato io, e che in parte vorrei anche avere vissuto. E' un grande scrittore che ha avuto una certa notorietà tra le due guerre e poi è stato dimenticato, come tanti. La sua vita romanzesca da sola giustificherebbe l'interesse per lui; ma i suoi libri meritano di essere letti anche oggi. Per fortuna sono numerosi, e io ne ho letti alcuni, ma ne rimangono ancora molti per darmi piacere e alimentare l'amore per il loro autore.
4 commenti:
...verrebbe da imparare bene francese ed inglese solo per il gusto di pagare meno della metà gli ebook, diamine! :(
Probabilmente questo autore è quanto di più lontano dalle mie abitudini di lettura, ma il tuo articolo mi ha talmente incuriosito che ci faccio più di un pensiero...
(e Tiziano, qui accanto a me, ricordandosi di quanto dicesti durante un pranzetto insieme mi ha detto di comprarmelo in inglese :)) ....)
Ciao, a presto!
Verissimo. Oltre tutto ci sono un sacco di biblioteche americane digitalizzate che offrono ebook gratuiti di autori normalmente introvabili... Però, se decidi di leggere Kyra Kyralina, secondo me ti conviene leggerla in italiano perché è stato scritto in francese, per cui in inglese il filtro della traduzione è doppio.
Non so se ti piacerebbe, ma è struggente e parla di un mondo di vagabondi libertà e viaggi che mi fa sempre sognare. Poi mi rivoltolo in mezzo agli oggetti e mi lego a tutto, ma è a questo che serve la letteratura, no? A vivere le vite che non riesci a vivere nella realtà. Smack.
Hai ragionissimo! Io non mi sposto quasi mai, eppure coi libri viaggio tantissimo! Sarà amche una frase fatta ma accidenti se è vera!
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