lunedì 17 novembre 2014
La torinesità è un delitto? Rosa Mogliasso, L'assassino qualcosa lascia
Va be', piove, fa buio presto, sono più indulgente e più pigra, forse anche un po' più buona, e continuo con gialli e gialletti che con un tempo meno inclemente probabilmente non aprirei neppure. Comunque: giallo torinese che più torinese non si può, nel senso che l'autrice fa parte della nutrita schiera delle nipotine (e nipotini) di Fruttero & Lucentini, è molto diligente e se la cava con onore per almeno tre quarti del libro. Questo è il suo primo romanzo, pubblicato nel 2009, in cui appare il commissario (la commissaria?) Barbara Gillo, destinata a riapparire nei successivi. La vicenda si snoda, prevedibilmente, attorno a una famiglia dell'alta borghesia torinese, ormai un luogo dell'immaginario altrettanto ben definito e frequentato della Terra di Mezzo o del Paese delle Meraviglie. Questa famiglia non delude perché ha tutte le ovvie caratteristiche dello stereotipo che ci aspettiamo: ipocrisia, vizi di ogni tipo, perbenismo, tic snobistici, soldi senza limiti, un po' di anticonformismo, sicurezza, ironia, insomma torinesità a palate. Si spazia, come in una Dowton Abbey alla bagna cauda, da padroni a servitori mescolati sopra e sotto le lenzuola, c'è un delitto trucido ma tutto sommato non tanto importante, palestrati misteriosi, marchettari rumeni, studenti detective, droga e alcol q.b., locali trendy e tutto quello che ci vuole perché il lettore si trovi a suo agio, gratificato e con la voglia di andare avanti. Il côté rosa è affidato alla protagonista Barbara Gillo, bionda algida ma con i piedi ben piantati sulla terra, e al collega Massimo Zuccalà, mentre non mancano i battibecchi comici con l'aiutante Peruzzi e una sorella squinternata che si preoccupa per la vita sentimentale della commissaria. La lezione di Fruttero & Lucentini si intravede dappertutto, anche nei titoli dei capitoli, e tutto sommato, malgrado l'evanescenza della trama, non ci sarebbe proprio da lamentarsi di niente se non fosse che alla fine la vicenda si ingarbuglia repentinamente e lo scioglimento è davvero troppo insoddisfacente. Ma l'insieme è rassicurante proprio per la sua mancanza di originalità e viene voglia di ripetere l'esperienza con gli altri romanzi della serie. Mi resta solo un dubbio: che cosa vuole dire la pelle del collo [...] cadeva stentorea simile a quella di un molossoide? (capitolo 2)
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