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Thor Heyerdahl |
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Grazie alla memoria onnisciente di Google, ho scoperto stamattina che oggi ricorre il centenario dalla nascita di
Thor Heyerdahl, antropologo, scrittore, navigatore e parecchie altre cose, il cui libro
Kon-Tiki (1950) ha avuto un'importanza fondamentale nelle mie letture. In un tristissimo inverno passato a casa di mia nonna perché ero troppo piccola per viaggiare tutti i giorni da Venaria, dove abitavo, a Torino dove frequentavo la prima media (avevo dieci anni, ero avanti a scuola ma poi mi sono liberata di questo handicap facendomi bocciare a ripetizione), l'ho trovato nella sua biblioteca. Mi ha conquistata e incantata, l'ho letto e abitato e consigliato e imprestato e ha rallegrato con il soffio dell'oceano le buie stanze dell'alloggio di corso Matteotti. Come tutti saprete racconta l'epica impresa dell'autore, che per dimostrare la sua teoria che le popolazioni oceaniche hanno un'origine amerinda, si costruì una zattera di legno di balsa, senza chiodi né altre tecnologie moderne e sfruttando solo la corrente di Humboldt, con quella attraversò il Pacifico dal Perù alle Tuamotu. Certo un'impresa notevole che ebbe successo completo, ma a me interessava soprattutto la parte della traversata in mare aperto, incontrando i pesci degli abissi, combattendo con le onde e il vento, sei uomini che condividono la solitudine perfetta inseguendo un'ossessione. Thor Heyerdahl certo aveva le sue idee ma anche un piglio molto energico, e sapeva trasformarle in azione. Dopo
Kon-Tiki lessi
Aku-Aku (1958) in cui racconta la sua spedizione all'Isola di Pasqua, le sue teorie rispetto ai
moai, le famose teste di pietra di cui riuscì a dimostrare che hanno un corpo scavandone le basi, al loro significato, a chi le ha scolpite e altre fascinosissime questioni che mi tennero occupata la mente a lungo facendomi sognare quell'isola remota. Libro fantastico. Infine, qualche anno più tardi lessi
Fatu Hiva (1938), il resoconto di un tentativo di tornare alla natura fallito per stoltezza giovanile, per dirla con I King. Giovanissimo, con una fresca moglie altrettanto giovane, Heyerdahl lasciò la natia Norvegia per andare nelle Marchesi, appunto a Fatu Hiva, un paradiso che si rivelò ben presto infernale. Qui i due fresconi trovarono una realtà che aveva poco a vedere con l'idea che se ne erano fatti sognando sui fiordi. La popolazione locale non era così amichevole, i missionari scesero sul sentiero di guerra per paura che volessero fargli concorrenza, e poi gli animali (insetti che pungevano le giambe causando piaghe che non guarivano perché per coerenza non si erano portati medicine...), le malattie alla fine li fecero tornare alla civiltà scornati e divorziati. Anche questo mi appassionò, mi sorprese e mi fece pensare. In realtà non sono mai stata nel Pacifico, forse non vedrò mai i
moai dal vivo, i miei trip di viaggio sono stati altri. Ma questi libri, anche se li ho letti moltissimo tempo fa (almeno i primi due), mi hanno lasciato un'impressione fortissima e li consiglio vivamente a chiunque abbia curiosità, voglia di sognare, gusto per il viaggio e occhi spalancati per osservare mondo.
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