Ina McEwan è un autore molto bravo che non mi convince sempre ma generalmente dà un notevole piacere alla lettura. Nessuno dei suoi ultimi libri mi ha sorpresa né incantata come i primi, Lettera a Berlino, Il giardino di cemento, Bambini nel tempo, però li ho letti quasi tutti (ma Solar me lo sono dimenticato al punto che ho dovuto verificare sulla mia lista di letture – e poi ho scoperto che l'avevo pure recensito!) senza condividere, ad esempio, l'entusiasmo della critica per Espiazione o Chesil Beach. Ma continuo a leggerlo, e non cambierò certo idea dopo Miele. Romanzo acchiappante, di quelli che gli anglofoni chiamano page-turner e che fanno pregustare il momento in cui ci si metterà a leggere. Siamo all'inizio degli anni settanta, in piena crisi energetica, l'Inghilterra è percorsa da scioperi e rivendicazioni dei minatori, oscilla tra Heath e Wilson, il mondo è diviso tra i due blocchi, Usa e Urss, che combattono la Guerra Fredda con armi non convenzionali (per fortuna). L'io narrante è la giovane Serena Frome, figlia di un vescovo presbiteriano, ragazza bellissima, di destra e parecchio scemona malgrado la sua conclamata intelligenza, di carattere poco chiaro, conservatore ma anche avventato, che viene arruolata tramite un insegnante universitario nel MI5, cioè nei Servizi Segreti. Qui si barcamena tra segreti e inganni, piantando casino nel modo più tradizionale e scontato che una ragazza possa utilizzare: cioè innamorandosi a destra e a manca. Questo personaggio di Serena secondo me è un punto debole del romanzo, è banale, convenzionale e insieme un po' fuori centro: a parte la sua dabbenaggine in amore, sembra vecchia, non ha niente della ragazza giovane degli anni '70. E anche se per sottolineare la sua diversità l'autore si affanna a ripetere continuamente che gli anni '60 sono finiti, introduce un personaggio tra l'hippy e il new wave (la sorella Lucy) sottolineando ogni volta quanto è fuori tempo, dimostrando in ogni modo antipatia per tutto ciò che ha caratterizzato quegli anni, alla fine è Serena a risultare anacronistica. Non basta che porti la minigonna, ha vent'anni ma ne dimostra trentacinque, e alla fine si capisce anche perché non convince. Comunque prima si passa per molti intrighi (e non ne dico niente perché sono quelli che rendono il libro molto appassionante), molta metaletteratura, molta erudizione, molta sociologia, molta minuziosità nelle spiegazioni (che talvolta sfiora la lungaggine), alcuni racconti autonomi rispetto alla trama ma piuttosto godibili, e un ribaltamento finale che, confesso, mi ha un po' infastidita. Mi ha ricordato quello che concludeva anche Espiazione che avevo trovato superfluo. E' come se ormai non bastasse più una bella storia e la capacità di raccontarla, ci volesse anche qualche furbizia metaletteraria o strutturale che faccia restare il lettore a bocca aperta. E' del poeta il fin la meraviglia, si diceva già un bel po' di secoli fa. Ma anche allora non era un buon segno, indicava che non c'era molto da dire. Comunque quel poco o tanto che ha da dire Ian McEwan lo dice bene, e Miele è un romanzo senz'altro raccomandabile malgrado le mie riserve.
Traduzione di Maurizia Balmelli.
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