IL MEGAFONO SPENTO, minimum fax 2009, ed. orig. 2007, trad. di Cristiana Mennella
Sottotitolo: cronache da un mondo troppo rumoroso. E
si capisce subito che George Saunders, giornalista e scrittore statunitense
nato nel 1958, non ama l’eccesso di rumore, né soprattutto chi parla a voce
troppo alta, gli scoppi di mine e missili, gli spari di fucile. Fa parte
dell’associazione CUA, Quelli Contrari a Uccidere per un’Astrazione. È insomma
un pacifista molto critico con la politica di esportazione della democrazia
praticata dagli Stati Uniti negli ultimi
decenni. Sono testi precendenti all’elezione di Barak Obama, scritti durante la
presidenza di G.W.Bush. La sua è una voce pacata, molto ironica, a volte
comica, sempre coinvolgente. Racconta quel che vede e quel che pensa, e lo
comunica al lettore senza filtri né artifici. Questa raccolta di interventi e
articoli si legge con lo stesso piacere che dà una chiacchierata con un amico,
entrando subito in empatia con lo scrittore. Gli argomenti sono vari, spaziano
tra una fantastica visita a Dubai, paradiso del lusso che conquista con la sua
bellezza artificiale molto più bella di quello che possa offrire la natura,
brani di critica letteraria su Vonnegut, Barthelme, Mark Twain, consigli di
scrittura e confessioni di scrittore, magnifici réportage sul confine tra Stati Uniti e Messico (compresa una notte
in compagnia dei Minutemen, sorta di ronde spontanee di stampo razzista
antimessicano), e sul piccolo Buddha nepalese che medita sotto un pipal senza
assumere cibo da mesi. Di Saunders, narratore oltre che giornalista, ho
apprezzato moltissimo Pastoralia
(Einaudi 2001) e Il declino delle guerre
civili americane (Einaudi 2005), esilaranti raccolte di racconti incentrate
sui parchi a tema che mi hanno divertato sorprendendomi e facendomi pensare.
Questo libro lo consiglio a tutti, anche a chi non legge saggi normalmente, per
la sua forte vena narrativa. Però ha un grosso difetto, non imputabile di certo
all’autore: manca del tutto un paratesto che ci informi 1) dove sono comparsi
questi testi, e quando; 2) chi sono i personaggi della cronaca citati qua e là
come esempi e paragoni, evidentemente famosissimi nel Stati Uniti ma
sconosciuti da noi, come se si traducesse in inglese un testo in cui si accenna
a Noemi Letizia, a Garlasco, a dei calzini turchesi senza fornire luci che
possano guidare lo sventurato lettore.
PASTORALIA, Einaudi Stile Libero, 2001, ed. orig. 2000
Una raccolta di sei racconti di un giovane scrittore statunitense, che in patria ha avuto un grande successo di pubblico. Secondo me, del tutto giustificato. Sono storie di un'America stralunata, marginale ma normalissima nella sua follia, di personaggi che si arrabattano docilmente, schiavi di una società priva di senno e di speranza, ma vitali e miti nella loro miseria. Uomini afflitti da un eccesso di immaginazione e dall'incapacità liberarsi dalle pastoie della vita, sovente rappresentate da madri, sorelle, cugine, zie e compagne di lavoro, insopportabili zavorre di ricatti affettivi.
Il primo racconto, il più lungo e il più bello, dà il titolo alla raccolta e ci sbatte in una cornice tanto assurda che pare subito assolutamente quotidiana. Il narratore senza nome e la sua collega Janet lavorano in un Parco a Tema dove interpretano la parte di primitivi. Trascorrono le giornate in una caverna, mugolando e fingendo di acchiappare scarafaggi, in attesa di visitatori che non arrivano quasi mai. Una volta al giorno gli viene inviata una capra che devono scuoiare e mangiare arrostita. Comunicano con l'esterno attraverso un fax, da cui arrivano messaggi demenziali di Nordstrom, il loro capo. Entrambi hanno dei bei problemi: il narratore un figlio di tre anni malato di una malattia misteriosa, Janet un figlio di ventiquattro drogato e delinquente. Ogni sera devono compilare un modulo sul comportamento del collega. Janet è del tutto inaffidabile, parla con i visitatori - cosa proibitissima -, beve sul lavoro, fa le parole crociate invece di cacciare scarafaggi, ma il narratore, comprensivo, la copre. Però il Parco perde colpi, si rende necessaria una riduzione dei dipendenti, i fax del capo si fanno sempre più folli e blateranti, i visitatori sono sempre più scarsi, la necessità stringe i due lavoratori isolati nella loro puzzolente caverna… Una miscela geniale, insieme esilarante e angosciosa, personaggi precisi come disegni, problemi che coinvolgono tutti e un tocco di follia. Un racconto assolutamente perfetto.
In Winky un impiegato, troppo debole per liberarsi della sorella pazza, cerca sostegno in un seminario di autoaffermazione dove si impara, secondo l'elegante metafora del conduttore, a 'liberarsi da chi ti caca sui cornflaches'. In Quercia del Mar una sfigatissima non-morta torna dai suoi sfigatissimi nipoti alla ricerca delle soddisfazioni che le sono mancate in vita, ma non è detto che morire serva a qualcosa. La fine di un Firpo nel mondo racconta la corsa in bicicletta di un bambino con troppa fantasia e nessun amico, Il parrucchiere infelice è, forse, una storia d'amore a lieto fine, Le cascate ci mostra come si possa diventare eroi senza desiderarlo minimamente.
Un racconto di Saunders è
presente nella raccolta Burned children
of America (v. Libri Nuovi n. 22, estate 2002), ma secondo me non è
all'altezza di questi. In Pastoralia
l'autore segue i suoi personaggi senza cattiveria né derisione, e il lettore
simpatizza, si diverte, non può che affezionarsi a questi ometti umanissimi e
assurdi, disperatamente alla ricerca di una via d'uscita in un mondo che non ha
tempo né voglia di accorgersi di loro. Inoltre, cosa che ho apprezzato in modo
particolare, la modernità non è interpretata banalmente come mode e tecnologia,
ma l'occhio sbieco dell'autore ne individua le tendenze più insensate e
malsane, prima fra tutti la spietata emarginazione di chi non è adeguato ai
modelli vincenti di bellezza, ricchezza e successo. Il ritmo è teso, veloce,
efficacissimo, e molto ben reso dalla traduzione di Cristiana Mennella (con
qualche fastidioso eccesso, forse, nell'eliminazione dei congiuntivi). Per chi
ama i racconti, una lettura di puro piacere.
IL DECLINO DELLE GUERRE CIVILI AMERICANE Einaudi Stile Libero 2005, ed. orig. 1996, trad. di Cristina Mennella
Di
George Saunders la quarta di copertina dice solo che ha pubblicato con Einaudi
nel 2001 Pastoralia e un racconto nella raccolta di minimumfax Burned children of America dello stesso
anno (entrambi in LN – LibriNuovi 23), che è amatissimo da Thomas Pynchon e fa
parte della generazione di Dave Eggers ecc. Si parva licet, posso aggiungere
che è amatissimo anche da me. Tra gli scrittori statunitensi contemporanei che
ho letto forse solo David Sedaris, pur diversissimo, è riuscito a procurarmi
altrettanto divertimento stralunato e non gratuito, anzi, sempre legato a
un’idea di umanità piena di desideri, bisogni, disgrazie in cui riconoscersi è
facile. Questa raccolta di sette racconti si distingue per l’ambientazione in
contesti deliranti, che sono poi semplicemente la proiezione alle estreme
conseguenze delle follie dei nostri tempi. Nel Parco a Tema Terra della Guerra
Civile, l’addetto alla Valutazione di Verosimiglianza, persona volonterosa
costretta dal bisogno a svolgere un lavoro ingrato come tutti gli altri protagonisti,
si barcamena tra capi spietati, gang giovanili, fantasmi polemici,
rivendicazioni sindacali e un vigilante paranoico killer di ragazzini. Jeffrey,
l’obeso e tenero impiegato di un’impresa per lo smaltimento dei procioni, vessato
dai colleghi e dal perfido Amministratore Delegato, si illude per un attimo che
un riscatto sia possibile, per poi incappare in un destino tanto obbrobrioso
che solo Dio lo potrebbe aiutare. Nel museo che spazia dal Castello Fatato di
Ileana nei Secoli dei Secoli ai Bebè sotto Spirito, la novantaduenne Mary cerca
la vendetta contro i sadici capi sabotando la Mucca Trasparente, ma non riesce
neppure a mettere fine alla sua vita disastrosa suicidandosi. Bengodi, l’ultimo, più corposo e trascinante
racconto, inizia nella Terra della Generosità, mondo parallelo a metà tra il
lager e il parco dei divertimenti, e si dipana poi nella picaresca avventura on
the road di Cole, trentunenne vergine alla ricerca della sorella perduta, in un
futuro apocalittico in cui la popolazione degli Stati Uniti è divisa tra
Normali e Difettosi, gente di seconda scelta che in certi stati può essere
venduta come schiava, e sa offrire una speranza di riscatto che somiglia
stranamente a un lieto fine. I protagonisti sono tutti sfigati che cercano di
sfangarsela in un mondo insensato, senza mai perdere la loro capacità di partecipazione
e umana pietà. Infatti una delle
componenti più originali di questi racconti è la vena patetica che si intreccia
all’assurdo. Si può ridere anche essendo infelici, e senza farsi beffe
dell’infelicità altrui.
Il
piacere più intenso, per me, proviene dalla scrittura precisa, veloce, oggettiva,
intrisa di formule burocratiche, vacui gerghi e personalissimi tic linguistici,
che trasformano la follia e la tragedia in comicità assurda. Saunders sa
veramente colpire al cuore ogni insensatezza dell’oggi ingrandendola e
rendendola ovvia, normale. Efficacissima e spiritosa la traduzione (ma il
“coltello di burro” usato dal liceale per minacciare il gestore del Grande
Magazzino e rubare una manciata di caramelle, non sarà un “coltello da burro”,
cioè smussato in punta e senza filo?).
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