Amo le parole, leggo i giornali, sono stizzosa,
mi incazzo tutti i momenti: una sequenza inevitabile, direte voi. Ma stamattina
ciò che mi ha fatto soffrire non è stato un “a me stupisce” né “fare sesso”. Stamattina,
mentre leggevo un articolo sulla tremenda e tristissima storia dell’uomo che ha
ucciso la sua ex poi si è suicidato nel Duomo di Cesena, mi sono imbattuta nella
seguente frase: […] l’assassino di una
donna di Cesena, chiuso da mezzogiorno nel Duomo, diventato violento perché lei
non lo voleva più e lo aveva denunciato per minacce. (la Repubblica,
venerdì 1 giugno 2012, pg. 23, “Uccide la ex, poi si barrica nel Duomo e si
spara” di Lorenza Pleuteri). Ora, spero che questo sia un lapsus, che Lorenza
Pleuteri fosse talmente coinvolta da quello che stava scrivendo che non se ne è
neanche resa conto. Oppure, davvero secondo lei è andata così? L’assassino è
diventato violento perché lei non lo voleva
più e l’aveva denunciato? Non è che per caso sarà proprio il contrario,
cioè lei lo ha lasciato e l’ha denunciato perché
era violento? Come a dire, se lei se lo fosse tenuto e si fosse presa le
minacce, o le botte, non sarebbe successo niente, lui sarebbe stato un
agnellino e lei sarebbe ancora viva? La denuncia è stata un atto azzardato, che
ha trasformato un uomo normale in assassino? L’ha denunciato perché era di
cattivo umore? Magari per colpa della sindrome premestruale? Cioè, in poche
parole, la vittima se l’è voluto?
Se
queste parole le avesse scritte un uomo, avrei la strada spianata a dire luoghi
comuni ahimè sovente corrispondenti al vero. Ma le ha scritte una donna, e questo
significa che quell’idea maledetta (se l’è
voluto) è incistata a fondo nel cervello di tutti, uomini e donne. Spero molto
che Lorenza Pleuteri si rilegga e si
renda conto di avere scritto una cazzata megagalattica. Ma non ce l’ho con lei.
In fondo lo sappiamo tutti: se stessimo tutte quante buone al nostro posto,
nessuno ci farebbe del male. Ovvio.
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