domenica 15 marzo 2009

Laura Trossarelli, Eglantine, Alibrè 2008

Di Laura Trossarelli ho recensito Condannate Luigia Sola!, LN-LibriNuovi 44, inverno 2007, perché mi era piaciuta moltissimo la cupa vicenda della nonna dell'autrice, condannata a morte (ma non giustiziata) verso la fine dell'Ottocento per avere fatto uccidere il proprio amante. Libro nerissimo, agghiacciante per gli squarci sulla condizione della donna in ambiente borghese e benestante che proponeva. Non so se è facile da trovare ma lo consiglio ancora vivamente.
Di questo secondo romanzo ero un po' diffidente, temendo che si trattasse di una storia sdolcinata o troppo buonista tirata fuori sull'onda del primo libro. L'ho tenuto lì per un po', poi mi sono decisa e è stata una bella sorpresa. La vicenda di Eglantine (il nome così raffinato e insolito è dovuto a una prima moglie francese del padre) è quella di una donna appartenente alla comunità valdese della Val d'Angrogna, in Piemonte sopra Pinerolo, un po' contadina un po' cameriera di pensione o inserviente di ospizio, povera ma non miserabile, con una vita difficile, due amori, tre figli, molte morti intorno, una grande tenacia e ostinazione a vivere, tra la seconda guerra mondiale e la fine degli anni sessanta. Una vicenda piccola ma non minimalista perché i venti della storia sfiorano anche quella valle piuttosto remota, il mondo cambia anche lì. E uno dei motivi di attrazione è proprio che il mondo descritto, pur così vicino, è ormai scomparso. Le montagne sono spopolate, le frazioni di cui si parla, in cui c'erano scuole, parroci o pastori valdesi, comunità solidali, scambi continui, balli estivi, sono ora (credo, ma non penso di sbagliarmi) paesi fantasma, magari rivitalizzati in estate dai proprietari di seconde case. L'altro è che manca del tutto la nostalgia, il vagheggiamento dei bei tempi che furono, descritti in tutta la loro crudezza e realtà, e insieme senza indugi sugli aspetti più duri. Sono, nelle parole di Laura Trossarelli, la normalità. Io non so nulla dell'autrice, ma si vede che anche se non ha vissuto direttamente quelle durezze, le conosce però dall'interno. I personaggi sono molti e quasi tutti tratteggiati con affetto, colpisce come i loro rapporti interni siano improntati a solidarietà, amicizia, capacità di condividere, attenzione verso i bambini e quelli che si trovano in difficoltà. Molto importante è la connotazione barbetta, cioè valdese, a confronto con i cattolici considerati un po' idolatri, un po' barbari, ma la chiusura tra le due comunità non è rigida.
Anche questo romanzo lo consiglio vivamente, soprattutto a chi ama i romanzi di impianto tradizionale ma senza nessuna concessione ai sentimentalismi e al lieto fine obbligato. Eglantine è un personaggio che convince, portatrice di valori spariti come la civiltà di montagna, stoicismo, controllo delle emozioni, pudore dei sentimenti, dignità, riservatezza. E' un libro molto onesto, avvincente e alla fine rasserenante. La vita, tutto sommato, è sempre più forte delle sventure.

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