mercoledì 30 aprile 2008
In margine a un manifesto personale
E' in corso sul blog di ALIA una discussione sui propri manifesti personali. Molto interessante e che mi ha riempita di invidia. Perché vedo che quello che mi manca è proprio una consapevolezza di quello che voglio scrivere, e anche di che cosa mi interessa scrivere. Cioè, per intenderci: non so se voglio scrivere storie sentimentali o chick lit o hard boiled o romanzi modernisti (qualunque cosa siano) perché non so come si fa. Non so come si riesce a seguire delle regole, una struttura ben definita. E non so esattamente che cosa mi interessa, dipende dai momenti, e non è detto che quello che scrivo sia una cosa che mi interessa veramente. Per esempio, ho scritto una storia di parricidio (pubblicata, Il gioco della masca), una di matricidio (pubblicata, Regina), una di parri–matri–nonni–fratricidio (inedita su carta ma pubblicato on line da DuDag nella raccolta La ragazza in tailleur rosso fuoco, Primo amore) ma non posso affermare che lo sterminio familiare sia tra le mie priorità. Diciamo che sono affascinata dall'infinita varietà dei casi umani. E sarei una pessima scrittrice di genere per i motivi di cui sopra, non certo perché la letteratura di genere non mi interessi, anzi, ne sono lettrice soddisfatta e frequente. Io in genere so come vorrei scrivere quello che sto scrivendo. Non sempre ci riesco, ma quando credo di avercela fatta provo una soddisfazione infinita. Quanto a quello che scrivo... è sempre un terno al lotto. Se fossi credente, cosa che non sono nemmeno di striscio o nel peggiore dei miei incubi, pregherei per avere tutti i giorni un buon argomento, un'idea o meglio una sensazione abbastanza ricca da trasformarsi in storia. Amen.
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