Ho incontrato questo libro ai Portici di carta fortuitamente, attirata dal titolo (ho un debole per le masche!) e ho conosciuto l'autore. Incontro molto fortunato perché "La bambina delle masche - Cinquecento anni nella grande valle" si è rivelata una lettura gradevolissima e molto intrigante. Ambientato nel villaggio montano di Vaures, all'entrata di una grande valle circondata da alte cime, alterna una descrizione precisa e suggestiva dei luoghi a spunti storici che si dipanano lungo cinquecento anni, seguendo da vicino le vicende della famiglia Richelmy, dal capostipite Genesio, fino ai giorni nostri con Vittoria, che rappresenta il punto d'arrivo dei destini della famiglia. Il tutto attraverso le vicissitudini militari, e politiche che malgrado l'isolamento della valle, strategicamente disposta tra Liguria, Piemonte e Francia, (la minaccia costituita prima dai Saraceni poi dagli altri invasori, ultimi dei quali i tedeschi) sconvolgono la vita dei contadini e dei pastori.
Ora, detto così sembra una trama scontata e serissima, ma quello che proprio mi ha incantata è la geniale maestria con cui l'autore intreccia vicende storiche, umane e magiche, rendendo molto pressante il piacere di continuare la lettura. Sì, perché nella parte alta della valle vive una numerosa comunità di masche (in piemontese, streghe o figure fatate) che non disdegnano di intervenire nelle vicende umane, anzi, nei casi particolarmente gravi, come la bambina nata da un rapporto incestuoso tra fratelli, se ne fanno spesso carico, di modo che l'interazione tra le due comunità è vivace e fruttuosa. E quando ai giorni nostri i paesini della valle, come in tutte le montagne intorno, si spopolano, la vecchia casa dei Richelmy continua a costituire un polo di attrazione che permette il ricongiungimento e la fusione tra le due comunità, quella umana e quella magica.
Ora questa non è una vera recensione ma solo un consiglio di lettura molto convinto, e non riassumo le vicende individuali dei vari personaggi, peraltro molto ben delineati, lasciando al lettore il piacere di scoprirle. Non è difficile farsi sedurre dal "realismo magico" di Antonio Graziosi, mai eccessivo ma profondo e oltremodo attraente, e dalla sua prosa chiara e elegante. Il fascino delle valli, poi, da solo giustifica l'abbandono al mistero e alla magia.
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